Talos Festival 2018. Il Diario del Festival

Foto: Fabio Ciminiera










Talos Festival 2018. Il Diario del Festival

Ruvo di Puglia

Domenica 9 settembre 2018


La Banda: un Patrimonio da Salvare [focus sul tema]

Presentazione del libro “Puglia, le età del jazz” di Ugo Sbisà

Concerto Finale, master class a cura di Michel Godard e Nicola Pisani

Arcipelago [coreografia di Giulio De Leo a cura di Compagnia Menhir]

Fratelli Mancuso con Michel Godard

BandAdriatica “Ciclopica”

L’appuntamento con il dibattito sulla Banda apre l’ultimo giorno di festival: prosegue la battaglia condotta con forza e determinazione da Pino Minafra per dare riconoscimento e dimensione legislativa ad un fenomeno notevole per proporzioni numeriche e per il valore storico e culturale. Il dibattito di quest’anno sembra fa intravedere sviluppi più concreti e più a portata di mano: le conferme le vedremo nel futuro. Di sicuro, il percorso intrapreso dopo lo stop del 2016 sembra poggiare su fondamenta più solide: lo stesso Pino Minafra al termine della serata finale, al momento dei saluti, rivela una maggiore tranquillità sul cammino della “creatura” Talos. E al corposo e dettagliato dibattito mattutino sembra fare da contraltare la presentazione pomeridiana di “Puglia, le età del jazz”, libro con cui Ugo Sbisà ripercorre la storia del jazz nella regione, dagli artefici della prima ora all’impatto forte di personalità come lo stesso Minafra e Roberto Ottaviano, passando per le vicende del dopoguerra – quando i soldati statunitensi hanno “coltivato” una scena che si è ritrovata anni avanti rispetto al resto del paese – e arrivando, come è ovvio, alle esperienze dei nostri giorni.


Prima della festa finale condotta da Bandadriatica e dei saluti a bordo palco, la fortissima esperienza emotiva del canto dei Fratelli Mancuso. Voci a cappella oppure accompagnate da chitarre e strumenti antichi come ghironde, sipsi, harmonium e percussioni: la forza di una tradizione vissuta, ancor prima che interpretata, con una fortissima dedizione e con la convincente personalità di Enzo e Lorenzo Mancuso. Temi e sonorità ancestrali diventano il mezzo per continuare ad esprimere un senso profondo, eternamente umano e sempre rinnovato. Nei prossimi giorni, pubblicheremo l’intervista realizzata subito dopo il soundcheck con i Fratelli Mancuso: i due musicisti riportano le tappe di un cammino artistico dove la matrice originale della tradizione si è posta sin da subito come potente veicolo espressivo. E i brani eseguiti sul palco lo rivelano in modo diretto ed essenziale. Quando Michel Godard sale sul palco per i due brani conclusivi del concerto, tutto questo si pone come punto di partenza e stimolo per il dialogo, per la ricerca di quei valori comuni a tutti gli essere umani.


Lo dicevamo nei giorni precedenti: il rapporto tra la tradizione e le tante possibili evoluzioni che scaturiscono da quel patrimonio è stato il vero filo conduttore dell’edizione 2018 del Talos Festival, un’edizione capace di andare in modo convinto oltre i confini tra i generi e di unire linguaggi espressivi.



Sabato 8 settembre 2018

In the middle [coreografie di Sanna Millylahti con Giorgio Vendola]

Giardini famigliari [coreografia di Giulio De Leo a cura di Compagnia Menhir]

Vince Abbracciante Sincretico

La Notte della Banda

La Notte della Banda è il modo per sottolineare il percorso ormai presente, presentissimo, nel mondo musicale e nella visione culturale di Pino e Livio Minafra e del Talos Festival, in generale. È il modo per portarlo sul palco e porgerlo agli spettatori del festival, per metterlo in evidenza e dare una dimostrazione pratica delle potenzialità della banda. Il “format” costruito da un paio di edizioni per la serata del sabato connette il passato e la storia della banda con visioni alternative proposte da musicisti con carriere artistiche diverse. In pratica, si comincia con il repertorio tradizionale – le arie d’opera e le pagine maggiormente frequentate durante le feste di paese e le ricorrenze civili e religiose – e si arriva agli arrangiamenti, alle composizioni e agli interventi dei musicisti ospiti del Talos: la duttilità dell’organico viene messo così alla prova di situazioni estremamente variegate. Il tripudio vorticoso dei brani portati da Cesare Dell’Anna e la rilettura intima di Our spanish love song, il brano di Charlie Haden, proposta da Michel Godard; il Decameron di Boccaccio letto in dialetto nocese da Vittorino Curci su un brano di Pino Minafra e l’approdo nel canto popolare siciliano condotto dai Fratelli Mancuso e riarrangiato da Livio Minafra. E ancora l’apporto importante di Donato Semeraro, Nicola Pisani, Francesco Caligiuri, la direzione di Michele Di Puppo e, come è ovvio, il lavoro prezioso di tutti i musicisti presenti sul palco per formare il corpo unico della Banda. Seguendo il ragionamento di Pino Minafra, la Banda può cambiare pelle e trovare nuove strade per affrontare il futuro: cosa che, peraltro, rivelano anche i brani non operistici eseguiti durante la prima parte – come ad esempio “A Tubo” di Ernesto Abbate – e si offrono come esempi, in questa visione a posteriori, delle forme di contaminazione ante litteram sperimentate dai compositori nelle loro pagine, per arricchire e dare varietà al repertorio.


Nel pomeriggio, la presentazione di Sincretico, un progetto interessante e ben costruito da Vince Abbracciante. Anche qui, si riflette il filo conduttore del Talos: il mondo della fisarmonica con le sue tradizioni e i suoi punti fermi – «Era forse possibile non inserire un brano in stile Valse Musette nel disco di un fisarmonicista?» chiede retoricamente al pubblico Abbracciante nel presentare uno dei brani del concerto – e l’intenzione di aprirne i confini con la scrittura, con l’incontro con un quartetto d’archi e con la collaborazione di due musicisti – come Nando Di Modugno e Giorgio Vendola – sempre capaci di dare un corpo acustico ed emotivo alle idee musicali che vengono loro sottoposte.


Giorgio Vendola era stato subito prima protagonista sonoro di In the middle, lavoro della coreografa finlandese Sanna Millylahti, e ancora prima nel Giardino Pubblico di Piazza Dante, era proseguito il racconto proposto da Giulio De Leo e la Compagnia Menhir con un altro momento intenso e ricco di significati: questa volta, sono stati protagonisti i nuclei familiari, variamente composti, in uno spazio ampio, ridisegnato e suddiviso in una moltitudine di settori più piccoli, affidati ai vari gruppi di due o tre persone. Un percorso stimolante nel suo complesso, in grado di mettere a disposizione del festival una quantità notevole di spunti e risorse. Tanto che nei prossimi giorni, avremo su Jazz Convention anche una intervista realizzata in questi giorni con il coreografo per approfondire meglio il lavoro fatto in questa direzione.



Venerdì 7 settembre 2018

Sakis Papadimitriou & Georgia Sylleou

Passionale [coreografia di Giulio De Leo a cura di Compagnia Menhir]

Trilok Gurtu

The Bulgarian Voices Angelite

Si potrebbe dire che il rapporto tra tradizione e innovazione sia da sempre una questione cruciale nel jazz e, in generale, nella musica. La seconda giornata della sezione internazionale del Talos Festival 2018 ha proposto tre maniere del tutto diverse di affrontare questo rapporto e diverse sfaccettature emotive, virtuosistiche, intime, sperimentali e razionali per mettere a confronto i vari capi della questione.


Poesia e improvvisazione libera si fissano in una sola anima nel duo formato Sakis Papadimitriou & Georgia Sylleou. Ancestrale e profondo, il canto si misura con il senso rigoroso e melodico del racconto pianistico, ricco di spigoli e screziato dagli oggetti utilizzati per “preparare” il suono. Versi di poeti antichi e moderni e pensieri dei filosofi si uniscono così ad una musica che cerca nuove strade e mantiene forte il legame con la storia. Un momento davvero prezioso, una rilettura artistica che attraversa secoli e affianca tra loro esperienze lontane.


Alla performance musicale, si è unita la coreografia predisposta da Giulio De Leo realizzata con danzatori diversamente abili. Se il maltempo – e la conseguente scelta di spostarsi al chiuso – ha penalizzato i movimenti scenici, non ne ha affatto limitato l’emozione e il senso sociale: la possibilità di integrazione attraverso la musica e la dimensione performativa è un vettore fortissimo e, allo stesso tempo, pone in maniera esplicita la necessità di ridefinire il concetto di normalità, giorno per giorno, caso per caso. E, soprattutto, in un momento storico come il presente in cui è più facile erigere un muro di divisione che dare vita ad un processo di inclusione del “diverso”. Siamo tutti diversi. È un fatto che andrebbe considerato come una ricchezza e non con la diffidenza di chi segna una (presunta) normalità sulle proprie coordinate sociali e culturali, quando non su semplici e trite abitudini.


Tradizioni, incontro tra linguaggi antichi e nuovi, innesto di forme “estranee” sulle radici originarie. Il solo di Trilok Gurtu è una macchina rodata, dove i vari elementi si sommano e si combinano. Il linguaggio moderno della batteria, il raga, le percussioni della tradizione indiana, l’elettronica, lo studio sulle sonorità degli oggetti e dell’acqua: il musicista evoca spiritualità e senso misterico grazie al virtuosismo e alla conoscenza precisa dei risultati. Uno sguardo esoterico e, al tempo stesso, del tutto cosciente, consapevole e inserito nel contesto contemporaneo unisce la modernità ad un materiale tramandato in maniera orale.


The Bulgarian Voices Angelite si muovono in connessione stretta con la storia dei canti contadini e popolari bulgari. Nell’incontro tenuto in mattinata, la direttrice e le cantanti hanno spiegato come al materiale originario si vengano ad affiancarsi pagine firmate da compositori moderni, rispettose e fedeli al linguaggio e alla grammatica musicale del patrimonio secolare. E cosi, i melismi, le tematiche, gli impasti vocali, l’approccio armonico e, naturalmente, i costumi e i momenti sul palcoscenico rimandano ad una vicenda antica: con l’intenzione, però, di inserire una quantità, sia pur minima, di accenti e possibilità che diano il senso dell’attualità. Si percepisce nell’invito a salire sul palco rivolto a Michel Godard e Cesre Dell’Anna e nella scelta di utilizzare il materiale proprio del coro come sostegno ritmico per improvvisazioni che guardano al jazz. Si percepisce nella rilettura naturale e sentita finale di Bella Ciao, secondo i canoni e le dinamiche proposti nel corso del concerto. E il pubblico reagisce con trasporto al senso profondo dell’interpretazione dell’intero concerto e, infine, si alza in maniera spontanea ad applaudire l’esibizione del coro.



Giovedì 6 settembre 2018

Livio Minafra/Roland Neffe/Michel Godard. Campo armonico

Notturni [coreografia di Giulio De Leo a cura di Compagnia Menhir]

Enzo Avitabile e i Bottari di Portico

La prima giornata della sezione internazionale del Talos Festival 2018 si è suddivisa in due momenti molto diversi con la presentazione di Campo Armonico e il concerto di Enzo Avitabile e i Bottari di Portico.


Il filo di melodie e incastri timbrici proposto da Livio Minafra, Roland Neffe e Michel Godard nasce da una combinazione sobria ed essenziale: un lavoro realizzato con misura e attenzione, una miscela di improvvisazione e canto nata da un interplay delicato e fitto allo stesso tempo. La melodia è il centro focale del discorso fatto dai tre musicisti. In maniera diretta e sobria, il flusso sonoro diventa un mezzo di comunicazione immediatamente accessibile per l’ascoltatore, anche grazie alla disposizione della “macchina sonora” formata da pianoforte, vibrafono e marimba e della scelta di mettere i musicisti al centro della sala per creare un ulteriore senso di vicinanza e condivisione con il pubblico.


La performance del trio si è poi intrecciata con Notturni, coreografia di Giulio De Leo, che ha animato le finestre del Chiostro della Pinacotacea: la musica ha accordato il suo racconto emotivo e narrativo con le figurazioni delle donne vestite di bianco. Un momento onirico e intenso, capace di sorprendere gli spettatori e catturare l’attenzione, capace di interagire e armonizzarsi in maniera del tutto efficace con il senso della musica. Ed è anche una maniera possibile per coinvolgere le persone del territorio nei laboratori che precedono l’esibizione e fare sentire loro come “cosa propria”, durante tutto il periodo della preparazione, il festival che si avvicina – ma torneremo su questo punto probabilmente anche nei prossimi giorni, in occasione delle altre coreografie presenti nel programma.


L’incontro tra Enzo Avitabile e i Bottari di Portico racconta tante delle vicende storiche e musicali del nostro Mezzogiorno. Il ritmo ipnotico delle percussioni diventa il motore propulsivo di un groove modale, di una “funzione” musicale di cui il solista diventa officiante. E su questo tappeto sonoro si intrecciano suoni ancestrali e jazz, rivendicazioni e storie di emigrazioni, connessioni e riferimenti musicali di vario genere. Avitabile cerca un dialogo costante con il pubblico: il botta e risposta con gli spettatori è una parte fondamentale di questo dialogo, così come la scelta di scendere a suonare in platea, dopo solo pochi minuti dall’inizio del concerto, serve a “riscaldare” la risposta – già presente e vitale, peraltro – e dare ancora più forza alla connessione tra i musicisti e il pubblico. Un progetto ormai consolidato dal successo e dalla convinzione con cui viene proposto, un progetto soprattutto che permette ad Avitabile di muoversi tra le tante anime del mondo musicale partenopeo e, in generale, dei Sud del mondo. Inoltre, va sottolineato lo sforzo fisico dei musicisti nel percuotere le botti: assistendo allo spettacolo da molto vicino, ci si rende conto di come i protagonisti sul palco diano vita ad una performance atletica, oltre che artistica, di notevole intensità per le oltre due ore del concerto.



Segui Fabio Ciminiera su Twitter: @fabiociminiera