Pino Jodice Jazz Trio – Infinite Space

Pino Jodice Jazz Trio - Infinite Space

Cose Sonore – 2018




Pino Jodice: pianoforte

Luca Pirozzi: contrabbasso

Pietro Iodice: batteria

Andrea Centrella: live electronics






Dedicato a Stephen Hawking e Margherita Hack, Infinite Space si muove e raffigura lo spazio alla stregua di un immaginifico Stanis?aw Lem che con il suo Solaris ha lanciato la fantasia oltre le colonne d’Ercole della nostra immaginazione. Si chiama Polaris, e farebbe il paio in letteratura con Solaris di Lem, il brano di apertura di un disco fluttuante, sospeso tra lo spazio e la terra, dove alla praticità fisica e propulsiva della batteria e del contrabbasso c’è un pianoforte che ascende le onde gravitazionali per navigare attraverso dimensioni senza confini. In questo viaggio musicale intrapreso da un trio consolidato nel corso degli anni e telepatico nell’interplay, udiamo anche vibrazioni e scorie elettriche provenienti dalle macchinazioni di Andrea Centrella. Pino Jodice è l’autore e arrangiatore dei nove brani del disco. Sulla sua dimensione di jazzista internazionale non si discute così come sulla professionalità e perizia tecnica di Luca Pirozzi e Pietro Iodice. Sono loro tre alla guida di questa sorta di Enterprise e dopo essersi messi alle spalle la prima tappa, ne affrontano una nuova, dai sapori liturgici e animisti come Galaxies. Un’odissea spaziale che li porta verso i marosi di Gravitational Waves, affrontati con mano di esperti navigatori che sanno tenere la navicella dritta attraverso la loro costante ricerca di equilibrio tra valori armonici e timbrici. Quest’ultimi poi sono il marchio di fabbrica del trio, l’impronta di riconoscimento, iride multiforme dai colori cangianti e luminosi. Vi si aggiunge anche la melodia, quella profonda, dai richiami nostalgici, scaturita dalla visione di una luce lontana che ricorda il nostro pianeta e fa di Melodia Infinita il brano più bello e intenso di questo disco. Infinite Space è un progetto dal profilo variegato che mantiene una coerenza interna: ogni brano è diverso dall’altro ma indissolubile dall’insieme. La stessa title track ha una cadenza filmica, da narrazione cinematografica, incalzante e panoramica con dei colori che tendono al blues. Ci sono inserzioni pop, colte, evidenziabili in Stratosphere, brano dagli accenti contemporanei, ricco di assoli potenti e precisi che ricadono nella velocissima esecuzione iniziale di pianoforte di Saturn’s Rings. Un pezzo di forte dinamismo con Jodice che si esprime in solitudine e con assoluta libertà creativa sovrapponendo note su note come fossero piattaforme di suoni. L’elettronica entra di prepotenza introducendo l’oscurità misteriosa di The Black Hole. Anche qui siamo in presenza di espressività modale e creatività improvvisata e free. Siamo nello spazio e la gravità ha un valore soprattutto quando non c’è: Weightlessness è il brano che chiude un disco di peso ma leggero nella sua diversità ricercata e preziosa. Consigliato!



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