Brockowitz Duo in concerto per Paganini Rockstar

Foto: dal sito del Brockowitz Duo (www.brockowitz.com)









Brockowitz Duo in concerto per Paganini Rockstar

Genova, Palazzo Ducale – 4.12.2018

Phil Markowitz: pianoforte

Zach Broch: violino
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Nell’ambito delle iniziative collaterali legate alla mostra “Paganini Rockstar”, si esibisce a Palazzo Ducale di Genova il duo Brockowitz, composto da Phil Markowitz e da Zach Broch. Il pianista californiano, sessantaseienne, è conosciuto per la sua presenza nel gruppo di Dave Liebman, ma ha suonato, nella sua carriera artistica, anche con Chet Baker e con altri grossi nomi. Zach Broch ha, invece, quartantaquatto anni, viene ritenuto uno dei violinisti più valenti della sua generazione e deve la sua notorietà principalmente alla collaborazione con gli Snarky Puppy. I due protagonisti della serata hanno inciso un disco nel 2014, Perpetuity, in quartetto. La dimensione del duo, però, modifica il tipo di proposta rispetto a quella contenuta nel cd. Nel concerto genovese si ascolta, infatti, una musica di impronta cameristica attraversata da un senso dello swing più implicito che esplicito. Nell’album, invece, è tutto più marcato, reso estrinseco, nelle dovute proporzioni, chiaramente. L’aspetto compositivo predomina, poi, su quello improvvisativo, pure se entrambi i “Brokowitz” si prendono le loro libertà all’interno di un discorso frastagliato e pieno di anfratti.


Markowitz elabora un tappeto sonoro dalle maglie molto fitte, in cui si alternano parti percussive a passaggi condotti con un tocco carezzevole sui tasti, Alla bisogna il tastierista fa vibrare con le dita la cordiera del suo strumento o crea dei veri e propri loop senza l’ausilio dell’elettronica. Broch, da parte sua, lavora quasi sempre di archetto producendo note lunghe, pensose e trattenute, prima di partire per sequenze velocissime portate a termine in brevi intermezzi. Il violino va, in certi brani, a snidare suoni acutissimi che rimbalzano sulle pareti della sala. Ogni tanto si assiste ad introduzioni eseguite con un pizzicato nervoso, come contraltare del fraseggio pacato e cogitabondo realizzato con l’utilizzo dell’archetto. Si intuisce indubbiamente la discendenza dai grandi autori classici, romantici o tardoromantici, come Brahms, Debussy o Ravel in questa musica.


È un jazz per palati fini, insomma, adatto ad un pubblico che sappia apprezzare le risultanze di un progetto sviluppato secondo i canoni dell’eleganza e della ricerca espressiva. Gli spettatori in sala dimostrano, ad ogni buon conto, di gradire il concerto tributando alla fine applausi convinti.



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