Hubro Music – 2018
Hans Hulbækmo: batteria
Øystein Aarnes Vik: batteria
Heida Mobeck: tuba
Anja Lauvdal: pianoforte, synth
Adrian Løseth Waade: violino
Ina Sagstuen: voce
Ida Løvli Hidle: fisarmonica
Torstein Lavik Larsen: tromba
Henrik Munkeby Nørstebø: trombone
Fredrik Luhr Dietrichson: contrabbasso
Lars Ove Fossheim: chitarra
Marius Klovning: steel guitar
“Discomfort-zone” dell’ascolto è la definizione abbastanza calzante che si potrà conferire a quanto animato, con arte e cipiglio, da autentici “fuoriusciti” dalla (ormai famigerata) accademia musicale di Trondheim, che peraltro non appaiono teneri con essi stessi già dalla scelta del nome collettivo Skadedyr (letteralmente: “parassiti” – e sarà il caso di premunirsi!).
L’ascoltatore d’esperienza che ritenesse d’inquadrare i materiali presenti, riterrà di essersi imbattuto in una qualche zona franca in cui l’eccesso e un aspro gusto della sorpresa siano la regola (per così dire): certamente opera dell’ingegno (quantunque malevolo e fuorviante) in quest’ultimo Musikk! i transiti musicali del giovane collettivo norvegese sembrano tesi a chiarire di non aver preso in carico passivamente le consegne delle più stagionate formazioni orchestrali jazz di libera forma, disvelando la non minima quota di malizia (ed amministrata perversione) conducente ad un affresco sonoro inquieto, instabile e provocatorio, certamente in linea e non soltanto in spirito, con i più agitanti collettivi nordici.
Le esplorazioni della voce-strumento, gli sberleffi dei più ponderosi ottoni e del violino, la ritmica martellante e composita sostenuta da una doppio set di batteria ed in parte dalle tastiere, sono alcuni degli ingredienti di un combo di libero incrocio tra esponenti già operanti in formazioni di pari tenore eversivo (tra cui la Trondheim Jazz Orchestra e l’insolito trio Moskus), che non disconosce una poco ovvia matrice “spirituale” (per cui vengono incomodati riferimenti non affini, da Sun Ra ad Alice Coltrane) così come il làscito dei grandi casinisti del mondo pop-rock (Frank Zappa in testa), oltre alla meno criptica espressione parodistica nei rispetti dei grandi mentori del jazz orchestrale, investendosi dunque nel mantenere alta la posta dell’azzardo e spiccatamente distinta la partecipazione del singolo entro un affresco sonoro volitivamente anti-formale.
Link correlato:
www.skadedyrband.no
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