Ray Martino. Il cantante che ha fermato il tempo

Foto: la copertina del libro










Ray Martino. Il cantante che ha fermato il tempo

“Il Jazz a Milano dal Dopoguerra agli Anni Sessanta” è il titolo del pomeriggio musicale organizzato sabato 9 febbraio dall’Associazione Culturale Secondo Maggio nell’ambito della venticinquesima stagione dell’Atelier Musicale. Sul palco, il trio guidato dal batterista Nicola Angelucci, con Paolo Recchia e Andrea Dulbecco. Sarà presente, nell’occasione anche il nostro Giuseppe Ferdico, con il suo libro “Jazz a Milano – concerti, dischi, radio e interviste” (Edizioni Pegasus) da cui andiamo ad estrarre l’intervista realizzata con il cantante Ray Martino. (Il libro si trova anche in vendita in tutte le librerie online)



Nel 2016, a ottantotto anni, Ray Martino canta ancora. Guardandolo sembra che per lui il tempo si sia fermato. Possiede ancora una grande vitalità e sono tentato di chiedergli come fa. È questo il mio pensiero in attesa che Ray mi risponda al telefono.



Giuseppe Ferdico: Innanzitutto ti ringrazio per aver accettato questa intervista. Quando hai scoperto Europa Radio Milano?


Ray Martino: Ho scoperto Europa Radio già nel suo primo anno di programmazione (1976). Casualmente, accendendo la radio, ho sentito del buon jazz. Presi nota dell’indirizzo dell’emittente radiofonica e mi recai alla loro sede, dove conobbi Elda Botta e Sergio Leotta ai quali dissi: «sono qui e se volete posso cantare in diretta radiofonica».



GF: Quindi hai iniziato subito?


RM: Si, a volte mi sono esibito anche due volte al mese e col tempo ho creato un pubblico di ascoltatori fedeli.



GF: Hai ancora un vasto repertorio di standards tratti dalle commedie musicali di Broadway.


RM: È vero, conosco duecento canzoni. Se dovessi cantarle tutte la mia esibizione durerebbe a lungo!



GF: Tutti sanno che il tuo cantante preferito è sempre stato Frank Sinatra. Ti sei ispirato solamente a lui o hai avuto altri modelli?


RM: Solo lui. Per me era il migliore e lo è tuttora. Non mi è ancora capitato di sentire un giovane cantante in grado di competere con Sinatra.



GF: Per esempio, Michael Bublé ti dice qualcosa?


RM: Un buon cantante ma, ti ripeto, all’orizzonte non vedo nessuno come The Voice!



GF: Hai inciso molti dischi. Uno degli ultimi che ricordi con maggior affetto e consiglieresti al tuo pubblico?


RM: Il long playing nel quale ho raccolto le canzoni registrate dal vivo alla Bussola di Viareggio. Nelle note di copertina si parla anche della mia carriera.



GF: Durante gli anni di Europa Radio hai cantato anche per gli Amici del Jazz (A.D.J.), il circolo diretto da Carlo Peroni, titolare dell’omonimo birrificio, e Zino Cadini (prima che gli subentrasse la giornalista Fulvia Serra), direttore del mensile Ritmo. Quali ricordi hai?


RM: Ho cantato per i soci degli Amici del Jazz accompagnato dal pianista Sante Palumbo. Il locale del circolo, situato in via Cornaggia a Milano, era piccolo e accogliente, un ambiente di sostenitori e veri intenditori di jazz.



GF: Quante cose hai fatto nella tua vita Ray? Sei stato un cantante di successo in Italia e all’estero, un attore (hai partecipato a otto film), consulente grafico per l’etichetta CGD (oggi proprietà della Warner Music Italia) e qualche altra attività che mi sfugge. Sei stato anche amico di Louis Armstrong e hai cantato con lui. Puoi raccontarmi qualcosa a tal proposito?


RM: Si è vero, ho fatto tutto questo e anche altro. A proposito del vecchio Louis ricordo che nel 1952 mi trovavo qui a Milano e cantavo con Renato Carosone e il suo primo complesso. Ci stavamo esibendo al Night Caprice, a due passi dal Teatro Nuovo di San Babila. Quando seppi che Armstrong era tornato in città e avrebbe cantato al Teatro Nuovo andai ad ascoltarlo. I posti a sedere erano esauriti da qualche giorno. Satchmo apparve sulla scena e il pubblico impazzì di gioia. Comunque quella sera, dopo l’esibizione di Louis con gli All Stars, lo avvicinai invitando lui, la moglie Lucille e alcuni orchestrali a cena al Caprice. Il trombettista si ricordò di me perché ci eravamo già conosciuti qualche anno prima, proprio qui a Milano. Dopo aver cenato Armstrong salì sul palco e cantò insieme a me qualche canzone del suo repertorio, mentre Carosone ci accompagnava al piano. Diventammo amici. Ero uno dei pochi presenti quella sera a parlare inglese. In seguito mi invitò a casa sua, nel quartiere di Corona, a New York. Qualche anno dopo, se non ricordo male doveva essere il 1963, Luis si stava esibendo in un teatro di New York. Dopo il concerto ci scattarono qualche foto insieme. Oggi, nella casa museo di Louis Armstrong, si può vedere questa foto esposta con alcuni miei dischi da me regalati al trombettista.



GF: Si dice che Pops, come veniva chiamato Armstrong, avesse un carattere ilare, sempre pronto allo scherzo, è vero?


RM: Si, hai detto bene, Armstrong era molto simpatico e mi voleva bene: mi chiamava Little Ray. Oltre a lui ho conosciuto altri cantanti famosi come la favolosa Ella Fitzgerald. Anche lei una persona molto socievole.



GF: Ritorniamo in Italia: nei primi anni Sessanta qui a Milano, quando Enrico Intra inaugurarò il Derby Club, il locale in via Monte Rosa (zona San Siro), sei stato uno dei primi a calcare quel palco.


RM: Esatto. Anche se oggi nessuno si ricorda più sono stato io il primo a cantare in quel locale. Intra, dopo qualche anno, lasciò per aprirne un altro in centro città, sotto la galleria di C.so Vittorio Emanuele: proprio all’ingresso, dove oggi si trova un bar pasticceria c’era l’Intra’s Club. Il locale glielo diede Piero Sugar. Comprendeva due sale: una grande, dove si esibivano i cantanti pop, e l’altra, più piccola, in cui suonavano i musicisti jazz impegnati in jam session indiavolate. Ricordo in quegli anni la giovane Caterina Caselli, ai suoi esordi, cantare e suonare il basso elettrico. Casco D’Oro, come veniva chiamata Caterina, stava muovendo i primi passi sulla scena musicale: la sentii cantare per la prima volta Nessuno mi può giudicare.



GF: Se ricordo bene all’Intra’s Club passò anche il pianista Lennie Tristano, portato a Milano dal giornalista Franco Fayenz.


RM: Si, naturalmente molti altri musicisti jazz si sono esibiti nel locale, oltre a me e allo stesso Intra. Bei tempi!



GF: Tu hai lavorato anche per la casa discografica CGD. Oltre a incidere dischi di cosa ti occupavi?


RM: Sono stato consulente grafico.



GF: Puoi raccontarmi degli anni passati alla CGD?


RM: La CGD venne fondata negli anni cinquanta da Lelio Luttazzi e Teddy Reno. Io fui uno dei primi cantanti a essere scritturato. Però, mentre i dischi di Teddy Reno si pubblicavano e si vendevano in Italia e all’estero, io facevo fatica a emergere. Ero trascurato. Spesso fui costretto a sollecitare la CGD perché pubblicasse qualche mio disco. Dopo di me venne scritturato anche Johnny Dorelli, che negli anni Sessanta, rientrato dagli USA, iniziò a cantare qui da noi. Anche lui all’inizio ebbe molte difficoltà a farsi conoscere. Poi arrivò il successo. Era un ragazzo magro, con un naso pronunciato e una erre evidente nella pronuncia. Cantava con molto swing.



GF: Negli anni Sessanta hai cantato spesso alla Bussola di Viareggio, il locale fondato da Sergio Bernardini. Eri di casa.


RM: Ho cantato per diverse estati alla Bussola, avevo un pubblico affezionato. Ricordo che il barista del locale si chiamava Paolo: finito il lavoro all’Intra’s Club venne ingaggiato per fare la stagione estiva alla Bussola e andò avanti così per diversi anni.



GF: Tu hai girato parecchi film in Italia e all’estero e hai fatto, come si diceva una volta, anche teatro leggero, cioè la rivista.


RM: Finita la guerra, nel 1948, con il centro di Milano ancora devastato dai bombardamenti mi recai al Teatro Mediolanum a cantare per lo spettacolo Allegro 48. Nella compagnia c’era un giovane Walter Chiari, Paolo Stoppa e Marisa Maresca. Dopo tanta sofferenza e tristezza la gente affollava felice la sala.



GF: Hai avuto una vita movimentata e avventurosa, sei soddisfatto?


RM: Si, mi ritengo soddisfatto e se tornassi indietro rifarei le stesse cose!



GF: Ora come passi il tuo tempo?


RM: Da pensionato, e ogni tanto mi lascio tentare dal canto jazz. Per esempio, l’anno scorso mi sono divertito a cantare alcuni standard accompagnato dal maestro Intra per lo spettacolo Europa Radio Days, da te organizzato presso la sala Barozzi del U.I.C. di Milano. C’era anche Sergio Leotta, titolare di Europa Radio che da qualche anno trasmette ancora in streaming. Insieme, musicisti e cantanti, abbiamo ricordato Elda Botta, fondatrice e voce della radio, scomparsa nel 2001.



GF: Abiti ancora a Milano?


RM: No, dopo aver abitato a lungo in Corso Venezia, vicino alla casa discografica Dire, di proprietà di Tito Fontana, mi sono ritirato in un paesino alle porte di Milano. Sono stato sposato e ho divorziato due volte (ho diversi figli), attualmente vivo solo e sto bene così.


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