Verve Records – 2019
Mirko Maria Matera: pianoforte, electronics, synth
Fabio Pignataro: chitarra acustica e elettrica
Viz Maurogiovanni: basso
Pierluigi Villani: batteria, percussioni
Stanic è un luogo del cuore, sia pure nelle sue forti contraddizioni, ma lo è. Il nome è quello del quartiere proletario di Bari nato e cresciuto attorno ad una vecchia raffineria. Naturalmente intorno a questo quartiere periferico è sorta una narrativa che va oltre l’attualità e fa di questo luogo “il luogo mondo” dove tutte le periferie si somigliano nel loro dna e nel loro stridenti contrasti. Stanic boulevard mette assieme i luccichii di una Parigi immaginata e una periferia vissuta. Da questi due contrasti, prima che musicali epistemologici ed urbanistici, si sviluppa anche il progetto discografico. Quattro musicisti di diversa estrazione e cultura che si incontrano, dialogano, incrociano i loro suoni da protagonisti senza prevaricazione ma valorizzando e proseguendo le intuizioni e improvvisazioni degli altri. Cosi ché il brano d’apertura More or Less si pone come sponda metropolitana, tra cambi di passo, ritmi funky jazz e blues, alle aspirazioni di un cosmo più piccolo che affida la sua grandeur all’immaginazione. L’inverno e altre storie, traccia successiva, si apre con un intro di pianoforte di Matera. La chitarra elettrica di Pignataro subentra in seconda battuta per raccontare l’andare sinuoso di una donna, tra atmosfere jazz, assoli vellutati di contrabbasso e tocchi delicati di batteria. L’elettrico Impromptu introduce lo sfrenato jazz rock di Escape for the soul. Il brano alterna momenti di stasi a veloci corse a perdifiato tra suoni elettrici di tastiera e chitarra e reminiscenze rock. È una sorta di liberazione catartica che riporta a un futuro prossimo seducente e sornione, costruito su un tappeto di basso e batteria e narrato da chitarra e tastiera. Qui non ci sono spinte in avanti ma solo passi cadenzati e atteggiamenti misurati. Stanic boulevard è un progetto coraggioso, di sintesi tra diverse anime musicali che sono riuscite a trattare filologicamente un mondo sospeso tra realtà e reportage giornalistici. Matera, Pignataro, Maurogiovanni e Villani, hanno costruito, mettendoci tanta musica, dieci brani originali attraverso una mistura di suoni acustici, ritmi, colori, timbri, elettronica, stili diversi e generi fusi tra di loro. Il loro non è solo un viaggio e un resoconto di esperienze e panorami (Svandea); o di palingenesi umana e spirituale (Khamsin); è soprattutto un tentativo riuscito di riprogrammare il rapporto tra musica e realtà, utopia e progettualità. Consigliato!
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