Foto: la copertina del disco
VEIN. Symphonic Bop
Michael Arbenz, pianoforte, Thomas Lähns, contrabbasso, e Florian Arbenz, batteria, sono le tre anime del trio VEIN da circa dieci anni. Il loro percorso musicale ha sempre puntato alla visione orchestrale e completa del formato del piano trio e nei dischi pubblicati in questi anni spesso si sono confrontati con elementi provenienti dal mondo classico, come testimoniano dischi quali “The Chamber Music Effect” o “VEIN Plays Porgy e Bess” o “Vein Plays Ravel”. In questa primavera, è uscito un nuovo lavoro di VEIN, intitolato “Symphonic Bop”, realizzato con la Norrbotten Big Band, in cui i vari fili tracciati dal trio si intrecciano in maniera stretta e funzionale. Abbiamo approfondito con il trio alcune degli aseptti di questo nuovo lavoro.
Jazz Convention: Il vostro è un trio stabile da molto tempo ormai. E in VEIN, suppongo, ci siano molte connessioni interne, trucchi, abitudini e così via. Come cambia la vostra concezione musicale suonando con un grande ensemble?
VEIN: Il piano trio è un formato molto flessibile, la spontaneità e l’interplay sono molto importanti nel linguaggio musicale di VEIN. Abbiamo dovuto sistemare diverse cose nel costruire il repertorio da suonare con la Big Band, ma il nostro concetto principale era quello di mantenere in “Symphonic Bop” il carattere della musica di VEIN.
JC: Parliamo della musica che avete scritto per questo disco. Nelle tracce di “Symphonic Bop”, appare chiaro come vi siate “divertiti” ad esplorare i diversi suoni e le dinamiche della Big Band.
VEIN: Sì, la Norrbotten Big Band consente molte possibilità a livello sonoro, dal momento che tutti i suonatori di ance stanno suonano almeno due o tre strumenti diversi (inclusi clarinetti, flauti, flauti contralto o clarinetto contrabbasso) e tutti ad un livello molto alto. Inoltre, consideriamo VEIN come una piccola orchestra. Da questo punto di vista, la strumentazione della Big Band era, per così dire, un’estensione dei colori che già usiamo nel trio. È stato meraviglioso esplorare le diverse combinazioni di colori e di piccoli ensemble che sono inclusi in una band come quella!
JC: Quali sono gli obiettivi che avete cercato di raggiungere nel dialogo con la Big Band? Quali sono i punti in cui vi siete concentrati in questo dialogo?
VEIN: L’idea era che la musica non sembrasse musica composta dall’inizio alla fine. Lo spirito di VEIN, l’approccio giocoso alla musica e le trasformazioni e le svolte spontanee dovevano essere mantenuti negli arrangiamenti. Quindi, abbiamo usato molte combinazioni diverse tra il trio (o i musicisti del trio) e diverse parti della big band. Inoltre, abbiamo usato concetti diversi el modo di congiungere e intrecciare parti scritte e improvvisate.
JC: Allo stesso tempo, avete sfidato il trio in varie maniere. In che modo il suono del trio è diverso in questo contesto?
VEIN: Il più ovvio è che il trio deve supportare questo grande gruppo. Soprattutto il basso e la batteria devono suonare con un approccio diverso, la musica è più ristretta rispetto al trio, perché molte più cose dovevano essere “fissate”. Ma dall’altra parte, i grandi solisti della band hanno anche dato modo al suono del trio di espandersi.
JC: E dall’altra parte, immagino che ci siano anche risultati inaspettati nelle sei tracce presenti in “Symphonic Bop”. Come è cambiata la musica dal momento in cui l’avete concepita alla registrazione finale?
VEIN: È stato un processo lungo quello che ha portato al CD. Abbiamo suonato la musica con diverse big band in contesti differenti e abbiamo perfezionato e cambiato la musica ogni volta. Ci sono voluti diversi passaggi per arrivare al risultato finale che si ascolta in “Symphonic Bop”. Siamo felici: abbiamo fatto due tour con la Norrbotten Big Band prima di registrare, quindi abbiamo potuto adattare la musica agli interpreti e ai loro specifici caratteri.
JC: Avrete la possibilità di esibirti dal vivo questo repertorio? Quanto è difficile proporre nei festival un progetto come questo?
VEIN: Attualmente siamo in tour con la Norrbotten Big Band per l’uscita del disco. Ma ovviamente è difficile fare un tour insieme, sia dal punto di vista economico che logistico.
JC: Il titolo che avete scelto per il disco si collega immediatamente al vostro recente lavoro dedicato a Ravel ma anche a opere come “The Chamber Music Effect” o “VEIN Plays Porgy e Bess”. In che modo la musica classica ispira il vostro modo di suonare?
VEIN: Dal momento che tutti i musicisti di VEIN hanno studiato musica classica, abbiamo un forte legame con esso. Per questo progetto, abbiamo preso molte influenze della musica classica per gli arrangiamenti e la strumentazione della big band. La big band, d’altronde, è considerata come una variazione di un’orchestra sinfonica. Ecco perché abbiamo scelto “Symphonic Bop” come titolo per il disco.
JC: E, naturalmente, quali sono le ispirazioni e i punti di riferimento che cercate nelle musiche diverse dal jazz?
VEIN: La musica classica sta influenzando fortemente la nostra musica. Ma, penso, ci sono molti altri tipi di musica che ci influenzano. In questi tempi globalizzati, c’è tanta musica da ogni parte del mondo che arriva a ciascuno di noi, ogni giorno. Essere influenzati da tutto questo è una specie di processo naturale. Ma a parte tutto questo, siamo tutti e tre dei veri e propri appassionati di jazz!
JC: In questi ultimi anni c’è una sorta di rinascita per il piano trio nella musica jazz, sia negli Stati Uniti che in Europa. Qual è il vostro punto di vista su questo formato e quali sono le vostre opinioni sui diversi trii che stanno emergendo in questi ultimi anni? Quali sono le esperienze che seguite con più interesse?
VEIN: A tutti piace il trio, perché è il più piccolo formato “completo”: si potrebbe anche definire l’orchestra più piccola, un’orchestra che si adatta molto bene al nostro approccio. Penso che questo approccio “orchestrale” definisca molto bene la nostra idea di trio, perché include una certa profondità di strutture diverse, la possibilità di combinare gli strumenti e i diversi ruoli che possono prendere. Cerchiamo di portarte approcci e concetti diversi nella nostra musica, cerchiamo di mantenere “aperta” la nostra concezione espressiva. Osservo che molti trio delle generazioni più giovani hanno concetti molto limitati. Se ciò conferisce alla musica un’identità forte, dall’altra parte, toglie anche molte possibilità e riduce le dimensioni. Ovviamente, seguiamo tutti questi nuovi sviluppi con grande interesse!
JC: Nei vostri dischi avete ospitato grandi sassofonisti come Dave Liebman o Greg Osby, in questo nuovo lavoro c’è una big band. Si potrebbe quasi pensare che il formato del trio stia diventando un po’ troppo “stretto” per voi?
VEIN: No, il trio è ancora il nostro obiettivo principale. Ma è bello combinare il trio con impostazioni diverse. Se suoni con un ospite di spicco, aggiungi una voce forte che agisce in prima linea. L’idea di collaborare con una big band estende il trio al grande formato ed è una maniera diversa di utilizzare le potenzialità del trio. Ma l’identità del trio rimane la stessa, a prescindere dal contesto in cui andiamo a portarlo.
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