ECM Records – ECM 2609 – 2019
Michele Rabbia: percussioni
Gianluca Petrella: trombone
Eivind Aarset: chitarre, elettroniche, laptop
C’è da attendersi un esito quanto meno compiuto da una formazione a tre al primo cimento, ma segnata dalla partecipazione di personalità già nette; avevamo peraltro già registrato con favore una recente operazione investente almeno il talentuoso performer torinese della percussione ed il creativo chitarrista norvegese (In Memoriam, 2014), da cui emergeva peculiare tensione civile oltre all’impegno formale, stimando inoltre con pregiudiziale attenzione le naturali curiosità del trombonista pugliese.
In una nuova produzione dell’ala free-style della label bavarese, i tre intessono con naturalezza un intercambio sonoro ed immaginativo, elaborato entro una libera piattaforma di segni e mutevoli assist; intro d’impronta misterica nelle nebulose energie di Nimbus, affine a certi passaggi alla Nils Petter Molvaer ed in parte al mondodi un Jon Hassell (non soltanto per le timbriche di Aarset o le modulazioni trombettistiche di Petrella), persistendo entro una sospesa dimensione elettroacustica nell’interrogativo Flood e nel destrutturato Night sea journey; l’esposizione guadagna corpo e quota drammatica nella rappresentazione dell’infernale fiume Styx, raffigurato dalle lacerazioni chitarristiche di Aarset, totemica e remota la rada teatralità dell’eponima Lost River; metallescenti miniature in vibrazione nell’acquea What the Water brings, dichiarando sottili affinità con segni e suggestioni Nu-jazz nel concentrato epilogo Wadi, completando le dieci stazioni di un lavoro le cui strutturazioni appaiono segnate da intimo e spontaneo senso della scoperta.
A connotare le morfologie della sequenza le ispirate e filanti linee del trombone di Petrella, disponibile a conferire polimorfismo al proprio strumento, oltre al tappeto intessuto dalle elettroniche di Aarset, di cui riescono particolarmente apprezzabili le sensibili quanto inusuali sortite alle corde acustiche, ed a configurare una mutevole cornice le tessiture di Rabbia, le cui eoliche e sospese carpenterie mostrano quanto la percussione abbia trasceso il convenzionale senso architettonico.
Intessuto da una profonda quanto determinante dimensione onirica, transitando (ma senza infamia alcuna) entro alcune orbite Ambient, conformandosi quale immaginativa soundtrack per l’esplorazione ed il viaggio al limite tra coscienza e stratificazioni del subconscio, non difettando in sensibilità drammatica e mantenendo viva la dimensione della libertà espressiva, Lost River dona all’ascolto la rappresentazione di un cangiante, ondivago quanto efficace landscape interiore, articolato entro un sound affrancato da limitazioni formali e connotato da suggestiva atemporalità.
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