Abeat Records – ABJZ198 – 2019
Michele Perruggini: composizioni arrangiamenti
Leo Gadaleta: violino, arrangiamenti degli archi
Gabriele Mirabassi: clarinetto in Fuga dai mostri
Mirko Signorile: pianoforte
Serena Soccoia: violino
Luciano Tarantino: violoncello
Teresa Laera: violino
Giorgio Vendola: contrabbasso
Michele Perruggini a tre anni di distanza da “Attraverso la nebbia”, pubblica un nuovo disco in una formazione cameristica a tutti gli effetti. Al pianoforte di Mirko Signorile si affiancano, infatti, i violini di Leo Gadaleta e Serena Soccoia, la viola di Teresa Laera, il violoncello di Luciano Tarantino e il contrabbasso di Giorgio Vendola. Il leader, alla batteria nella precedente incisione, stavolta si limita al ruolo di compositore e di arrangiatore, coadiuvato in questo compito da Gadaleta.
La musica dell’album si caratterizza per una forte impronta melodica ed è sostenuta dagli arpeggi scorrevoli e narrativi del pianoforte che vanno sul velluto sull’armonizzazione pregnante degli archi. Il contrabbasso, invece, accompagna il gruppo con colpi sistemati al punto giusto, con un fraseggio prettamente jazzistico, quasi a voler riportare “sulla retta via” gli iper-classici partners.
Di ogni pezzo il libretto allegato al cd, corredato da disegni indicativi, illustra la genesi e le motivazioni, lasciando filtrare un intento descrittivo nella musica creata sotto l’influsso di determinate impressioni, oppure di elaborate riflessioni.
La traccia migliore fra le tredici è Fuga dai mostri, dove è ospite Gabriele Mirabassi. In questo episodio, ritmicamente mosso, il clarinetto si inserisce nell’ordito ricamato dagli archi, aggiungendo fragranze sincopate e coloriture poetiche all’insieme.
“In volo” è un’opera delicata, lirica, eseguita con un approccio conveniente da parte di una formazione attenta a rimarcare le pieghe nascoste di composizioni adatte ad essere tornite in misura acconcia. Non ci sono grossi cambiamenti fra un brano e l’altro, però, e il disco denuncia una certa uniformità nelle atmosfere, alla lunga un tantino ripetitive, eccessivamente omogenee. È il limite di un’operazione condotta per il resto con passione e cura scrupolosa per i dettagli da parte di un settetto coinvolto in pieno in questa proposta non lontana dal jazz, sì, in verità ipotizzabile come colonna sonora immaginaria di un film basato sulle idee e sui pensieri di Michele Perruggini.
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