RareNoise – 2019
Marilyn Mazur: percussioni, kalimba, composizioni
Lotte Anker: sassofoni
Josefine Cronholm: voce, percussioni
Sissel Vera Pettersen: sassofoni, voce
Hildegunn Øiseth: tromba, goat horn
Lis Wessberg: trombone
Makiko Hirabayashi: tastiere
Ellen Andrea Wang: basso
Anna Lund: batteria
Lisbeth Diers: percussioni
Tine Erica Aspaas: danza, coreografie
Un consistente numero di competenti donne-musiciste, ben dieci, compone Shamania, ultima intuizione progettuale di Marylin Mazur, percussionista danese nota per le sue collaborazioni con Miles Davis e Wayne Shorter, per non citare i giganti del jazz scandinavo, quali Jan Garbarek, Jon Balke, Arild Andersen e molti altri.
Il disco si compone di sedici tracce e punta con una certa insistenza su una corposa base percussiva, con echi africani, nuances latine e suoni isolati, quasi distillati, nei silenzi nordici. Le protagoniste dell’incisione sono tutte di prima fascia. Fa un figurone Lotte Anker che sfodera un sax acuminato, intriso nella contemporaneità, su fondali tinti con colori antichi, primitivi, o addirittura senza un’epoca di riferimento. Spiccano il volo le voci dotate di un ampio spettro tonale ed espressivo di Sissel Vera Pettersen, semplicemente stupefacente per le note acute o sovracute che riesce a prendere, e di Josephine Cronholm, contraltare melodico, sentimentale, alle asprezze avanguardiste della prima. Gli ottoni si fanno trovare pronti, quando vengono chiamati in causa, con una nota di merito in specie per il trombone timbricamente pastoso di Lis Wessberg. Il treno ritmico, allo stesso modo, marcia in modo rettilineo o in diagonale, con grande sfoggio di dinamiche, di sospensioni e di riprese, guidato dalla mano sapiente della Mazur che, con la kalimba, racconta storie o commenta narrazioni portate avanti da altre interpreti.
L’ensemble si apre e chiude a fisarmonica nelle varie sequenze. Ci sono, infatti, intermezzi per sole percussioni e sassofono, o voci, ed altri in cui suonano tutte, magari dopo lunghe intro riservate a pochi strumenti. In ogni anfratto del cd si respira l’aria di una world music autentica, una musica modellata su un etno-folk universale, cioè, eseguita da una formazione che ha molta confidenza con il jazz, quello non ripiegato su sé stesso, ma che guarda dritto in avanti.
Fra i sedici episodi si fa raccomandare in particolare New secret, dove si mette in mostra Makiko Hirabayashi con gli arpeggi iterati del pianoforte, su cui interviene il sax soprano di Lotte Anker a sparigliare le carte con un fraseggio nervoso e spinto. Successivamente entrano di prepotenza il resto dell’orchestra e le cantanti a suggerire un clima solenne, quasi mistico, che va piano piano a spegnersi sul finale.
Shamania, in conclusione, è un gruppo che incuriosisce, certamente, per la sua composizione tutta al femminile, ma che si fa apprezzare, prima di tutto, per una proposta rutilante di spunti, di ispirazioni, evoluti convenientemente, secondo i dettami di una band-leader dalle intenzioni ben definite.
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