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A Filetta, Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura
Danse Mémoire, Danse
Tuk Music – 2018
Paolo Fresu & Daniele di Bonaventura
Altissima Luce
con Marco Bardoscia, Michele Rabbia, l’Orchestra Sinfonica di Perugia e il Coro “Armoniosoincanto” diretto da Franco Radicchia
Tuk Music – 2019
Si rinnova a sette anni di distanza il sodalizio fra la coppia Fresu-Di Bonaventura e il coro “A Filetta”, famosa formazione corsa dedita al canto a cappella. Questa volta, rispetto al precedente “Mistico Mediterraneo”, uscito per la ECM, i testi sono improntati ad un messaggio civile e sociale, attraverso il ricordo di due personalità forti della cultura e della politica dell’isola francese. Si tratta, cioè, di un concept album ispirato alle figure di Aimè Cèsaire e di Jean Nicoli, due personaggi di spicco nella storia della Corsica, capaci di impegnare le migliori energie intellettuali, nel primo caso, o di sacrificare addirittura la vita, nel secondo, a difesa della loro terra, per il sogno di un mondo più giusto. I testi sono di autori attuali, autoctoni, mentre la musica è opera dei due jazzisti, perlomeno in maggioranza. Le voci di “A Filetta” sono penetranti, drammatiche, appassionate e vanno a costruire intermezzi di notevole peso specifico. Il bandoneon spesso sostiene il canto con un accompagnamento dai toni simili ad un organo da chiesa. Fresu sottolinea o commenta quello che mettono in circolo i partners vocali e si ritaglia spazi preziosi per interagire con Di Bonaventura, facendo un uso appropriato dell’elettronica. Rispetto al cd precedente, però, l’aspetto tematico è prevalente. Sembra che, dopo aver sondato il terreno per far germogliare l’incontro fra il jazz e il suono del Mediterraneo, dopo il primo album e vari concerti insieme, si sia stabilito di puntare ad un livello più mirato dal punto di vista progettuale. “Danse memoire danse” è, così, un disco molto caratterizzato, provvisto di melodie lineari, giocato su tempi lenti, dotato di un fascino severo e di un timbro complessivo omogeneo, pur nella polifonia creata dalla coabitazione fra il coro e due protagonisti della musica di oggi, a cui l’etichetta di jazzisti va sicuramente stretta. Si possono solo annoverare come piccoli inciampi nell’incedere coerente delle quattordici tracce, la citazione di Silence di Charlie Haden e un accenno a Stelutis alpinis, canto alpino di origine friulana, schegge ibridanti un discorso per il resto condotto con assoluto rigore.
Ritroviamo Fresu e Di Bonaventura nel secondo lavoro a capo di un quartetto che comprende anche il bassista Marco Bardoscia e il percussionista Michele Rabbia. Completano l’ampio organico l’Orchestra Sinfonica di Perugia ed il gruppo vocale “Armoniosoincanto”. Il repertorio affrontato proviene dal “Laudario di Cortona”, prima testimonianza in lingua volgare tradotta in musica. “Altissima luce”, prima di venire pubblicato, è stato eseguito in numerosi teatri, inizialmente in versione solo strumentale e successivamente con la presenza del coro diretto da Franco Radicchia. La proposta vede l’alternanza delle voci, dell’orchestra e del gruppo jazz che procedono per segmenti separati, in determinate sequenze, oppure dialogano, si mescolano, si intersecano in un percorso contrassegnato da una distinguibile leggerezza di tratto e da una consistente solidità di fondo. Sgombriamo il campo da possibili equivoci. L’album si ascolta volentieri, senza sforzo ed è in grado di rivolgersi ad un pubblico trasversale composto anche da non specialisti. Fresu e Di Bonaventura suonano ispirati, distendendo motivi pieni di lirismo, ornati da un accompagnamento morbidamente jazzato, in virtù del contributo di Bardoscia e Rabbia, due maestri-cesellatori del ritmo. Il coro fa il suo al meglio, facendo salire il tasso di classicità e di grazia dei brani, quando entra in scena. L’orchestra, da parte sua, riesce a interloquire con le altre forze in campo, non limitandosi a irrobustire lo sfondo, ma ponendosi in parecchie circostanze, in primo piano.
Per mezzo di questi due dischi, procede l’avventura di Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura ai confini, o oltre le frontiere del jazz. La coppia prosegue, cioè, sempre verso nuove sfide, invadendo generi lontani dalla loro storia artistica, con l’intento di attualizzarne l’abito, pur rispettandone, in modo convinto, la peculiarità stilistica e l’humus da cui hanno avuto origine.
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