Mnogaja Leta. I Magnifici Quattro dello spiritual

Foto: .










Mnogaja Leta. I Magnifici Quattro dello spiritual

Andrea Pedrinelli. “Mnogaja Leta. 57 anni (molto) felici” (Rugginenti/Volontè, 2019)

In occasione dell’uscita di “57 anni (molto) felici”, libro dedicato da Andrea Pedrinelli alla vicenda del quartetto vocale Mnogaja Leta, abbiamo incontrato Alberto Vigevani, uno dei componenti della storica formazione milanese da sempre impegnata nella musica spiritual e gospel.



Jazz Convention: Ricordiamo agli ascoltatori i nomi dei componenti di Mnogaja Leta e, per sommi capi, la storia del quartetto…


Alberto Vigevani: Nel 1961, ci siamo trovati al Liceo Carducci il mio compagno di banco Luciano Gattinoni, Nino Giagnoni e Maurizio Mauri ed io e abbiamo iniziato a cantare tra di noi canti popolari lombardi e canti popolari di montagna e poi abbiamo allargato il repertorio alla musica popolare del mondo, cantando in lingua originale (o almeno così credevamo noi).



JC: Poi c’è stato il colpo di fulmine con lo spiritual…


AV: Si. Siamo andati ad ascoltare The Stars Of Faith che portavano in scena un musical intitolato Black Nativity e tutto incentrato sugli spiritual degli afroamericani: ci siamo immediatamente innamorati della loro musica e abbiamo iniziato a cantare alcuni di quei brani, sempre noi quattro, senza strumenti, a cappella. In questo modo, abbiamo iniziato ad imitare un famosissimo gruppo americano che erano i Golden Gate Quartet… loro sono stati il nostro modello ispiratore.



JC: Andrea Pedrinelli ha riportato tutte queste vicende nel libro che vi ha dedicato, “57 anni (molto) felici”…


AV: Pedrinelli è un giornalista che si occupa spesso della musica che viene prodotta e suonata a Milano ed ha tracciato la nostra storia in un libro pubblicato per Rugginenti – l’editore per cui abbiamo pubblicato tutti i nostri dischi. Il libro contiene anche due cd – questo fa lievitare il prezzo del volume intorno ai 30 euro. Il libro è nato “a causa” di un trasloco: mi sono ritrovato cinque metri lineari di contenitori con dentro materiali, locandine, foto e quant’altro legati alla nostra storia. Come accade spesso nei traslochi, a un certo punto non c’era più spazio. Ho svolto di scannerizzare le cose più belle ed importanti e le ho passate ad Andrea Pedrinelli. Con un po’ di tempo, Pedrinelli ha messo insieme i vari passi della nostra storia.



JC: Nel vostro percorso, tra dischi e concerti, avete incontrato molti jazzisti…


AV: Certo. Bruno De Filippi ha suonato l’armonica in un nostro disco, ad esempio. Renato Sellani ci ha accompagnato in un bellissimo concerto al Conservatorio di Milano, all’inizio della nostra carriera. E ancora con Gianni Coscia con cui abbiamo suonato ad Alessandria. Naturalmente, nel corso degli anni abbiamo incontrato e conosciuto molti dei protagonisti della scena jazz italiana come Gil Cuppini o Giorgio Azzolini… nel libro sono presenti molti aneddoti che riguardano il jazz, molti mi sono tornati in mente dopo che il libro era astato chiuso: li racconteremo alle presentazioni, nel caso, o durante i concerti…



JC: Avete avuto modo di suonare spesso al Conservatorio di Milano?


AV: Si, varie volte. La prima volta è stata proprio quella con Sellani: abbiamo suonato in un concerto organizzato dalla fondazione del Cardinal Ferrari e abbiamo coinvolto Renato Sellani che avevamo conosciuto allo Studio 7 del grande amico Vito Fontana.



JC: Nella vostra carriera quanti dischi avete realizzato?


AV: Dunque… siamo partiti dai 45 giri: ne facemmo alcuni con delle bellissime canzoni per bambini. Oramai questi dischi non si trovano più, noi li abbiamo riportati nei CD che abbiamo allegato al libro. Nei CD che invece abbiamo pubblicato nel corso degli anni, abbiamo dapprima “convertito” in CD i dischi che avevamo pubblicato in 33 giri, i nostri primi 3 LP. Abbiamo fatto due CD di negro spiritual, abbiamo fatto due CD di canti liturgici di Don Stefano Varnavà. C’è un episodio divertente legato a questi dischi. Don Stefano Varnavà voleva fare una delle canzone in stile “messa beat”: invece, noi abbiamo arrangiato il brano, per quattro voci maschili, in stile barocco. Quando lui ha sentito il brano, oramai inciso, lui ha trasecolato però poi gli è piaciuta la nostra versione.



JC: Quali sono i brani maggiormente richiesti dal pubblico durante i vostri concerti?


AV: Fondamentalmente, i brani più richiesti o, se preferisci, quelli che il pubblico gradisce di più, sono i più classici: Nobody knows, Down by the riverside, Old time religion… sono quelli più famosi e sono quelli che il pubblico vuol sentire. Ogni tanto, ne facciamo qualcuno molto meno noto e diciamo agli spettatori «Questo è uno di quei brani che piacciono a noi…»



JC: I brani che proponete sono riarrangiati da voi, li adattate alle vostre esigenze…


AV: Come dicevo, all’inizio ci rifacevamo allo stile del Golden Gate Quartet. Con il tempo, abbiamo maturato un nostro stile e, per questo motivo, da molti anni cerchiamo di arrangiare i pezzi che vogliamo proporre. Il nostro set è concentrato sulle nostre voci ma abbiamo anche un “supporto strumentale”, formato dal nostro Luciano Gattinoni al pianoforte, Giovanni Vergani alla chitarra, Riccardo Vigoré al contrabbasso e Vanni Stefanini alla batteria. La nostra difficoltà scaturisce dal fatto che Luciano lavora e insegna in Germania, a Gottinga per la precisione, e questo rende complicato organizzare le nostre prove e i concerti dal vivo.



JC: Una particolarità delle vostre interpretazioni è il fatto che si aprono con la traduzione ed il “racconto” in italiano del testo dei brani…


AV: Maurizio Mauri recita il testo e questo aiuta l’ascoltatore a capire cosa andremo a cantare. Era una preoccupazione nostra: insomma, oltre ad essere dei brani molto belli dal punto di vista musicale, presentano dei testi dal significato profondo, testi che lasciano il segno in chi ascolta e li spinge a riflettere.



JC: Nel corso degli anni, come sono cambiati il rapporto con il pubblico e la risposta degli ascoltatori alla vostra musica?


AV: Beh, guarda posso dirti che in uno dei nostri primi concerti, forse il primo fatto a nome Mnogaja Leta, abbiamo avuto al pianoforte Vittorio Castelli, che tutti conoscono come sassofonista: all’epoca, mi riferisco agli anni sessanta, era faticoso per il pubblico seguire un concerto per quattro voci. Negli anni le cose sono sicuramente cambiate, tanto che oggi sono diversi i gruppi che si esibiscono a cappella: noi ci siamo fatti “vecchietti” nel frattempo ma ci sono formazioni che mi piace segnalare ai lettori come gli Alti & Bassi o i Quattro Ottave, gruppi di musicisti giovani che aggiungono anche sonorità jazz e swing allo spiritual e al gospel.



JC: Torniamo al libro, per chiudere… Immagino che lo presenterete al pubblico durante il concerto di dicembre al Circolo Bentivoglio. Prima dicevi che ci sono due dischi allegati: quali brani ci possono trovare gli ascoltatori?


AV: C’è un po’ di tutto, in realtà. Il primo disco è dedicato interamente ai Negro Spiritual, dai brani più famosi passando per i nostri cavalli di battaglia e le canzoni che amiamo ascoltare e cantare. Il secondo, invece, raccoglie incisioni che abbiamo fatto durante questi tanti anni: ci sono alcune canzoni milanesi, i brani per i bambini di cui parlavo prima. Il concerto del Circolo Bentivoglio si terrà domenica 15 dicembre alle 15.30, con ingresso libero, e porteremo sul palco i nostri brani e, attraverso il libro, anche la storia di Mnogaja Leta. Tutte le informazioni sulla nostra musica, naturalmente, si possono trovare sul nostro sito, mnogajaleta.it



Segui Jazz Convention su Twitter: @jazzconvention