New Thing, il nuovo progetto del chitarrista Martino Vercesi

Foto: la copertina del disco










New Thing, il nuovo progetto del chitarrista Martino Vercesi

Martino Vercesi, giovane e interessante chitarrista al suo quinto lavoro discografico, ha da poco pubblicato il suo ultimo progetto intitolato New Thing. Il disco, in quartetto, è raffinato ed ha un suono accattivante. Si specchia nel mainstream, con le dovute distanze, preferendo però un approccio colto e discreto che pone il suono al centro.



Jazz Convention: Martino Vercesi, prima di argomentare sul tuo ultimo disco raccontaci di te e di come sei diventato musicista…


Martino Vercesi: Ho cominciato ad ascoltare un sacco di bella musica a cinque anni frugando fra le cassette di mio papà: Beatles, Battisti, De Andrè, Hendrix, Clapton e così via… Lui strimpellava la chitarra e ad un certo punto il virus si è impossessato di me e mio padre, quando avevo dieci anni, ha dovuto portarmi dal maestro di chitarra! Poi dopo qualche anno di chitarra moderna mi sono appassionato a quella classica diplomandomi al conservatorio di Milano. Successivamente sono approdato al jazz



JC: Quali sono stati i tuoi maestri chitarristi, quelli da cui sei partito?


MV: Bruno Giuffredi e Andrea Dieci per la chitarra classica, Gigi Cifarelli per quella jazz.



JC: Oggi, che tipo di musica ascolti e, ritornando alla tua specialità, quali chitarristi della scena attuale nazionale e internazionale.


MV: Oggi ascolto tanta musica in particolare molto jazz mainstream, molta musica barocca (Bach, più che altro), tanta musica del novecento (Stravinsky, Ravel e Villa Lobos su tutti) e tanto ancora Beatles e dintorni. Amo anche il Soul e molta black music. I chitarristi che amo di più sono (fra gli altri) Pasquale Grasso e Adam Rogers con i quali tralaltro ho avuto la fortuna di studiare.



JC: Come e quando hai messo in piedi il tuo nuovo quartetto?


MV: Questo quartetto l’ho messo in piedi quando ho finito di girare col quartetto del disco precedente (Virgo Supercluster), scegliendo alcuni musicisti della scena che stimavo sia umanamente che musicalmente. Rudi Manzoli al sax, Danilo Gallo al contrabbasso e Matteo Rebulla alla batteria.



JC: E perché hai scelto questi musicisti?


MV: Perchè sono musicisti molto diversi fra di loro stilisticamente, ma anche molto intelligenti e duttili. Il che mi ha grandemente ripagato visto che volevo un disco con un suono unico e un interplay meditativo, diciamo così.



JC: In questo progetto dialoghi con un sassofonista. Ci sono altri strumenti con i quali preferisci intrecciare il suono della chitarra?


MV: Si amo molto il contrabbasso col quale ad esempio dialogo nella sesta traccia Old America. Amo anche il vibrafono .. , chissà che prima o poi succeda!



JC: New Things è il tuo nuovo disco. Come si posiziona nella tua produzione?


MV: Secondo me segue un processo di maturazione che va verso una direzione più melodica e rilassata (per quanto riguarda l’improvvisazione e l’interplay della band), e più equilibrata e raffinata nella composizione.



JC: Il disco contiene sei brani originali scritti da te. Li hai composti pensando di eseguirli con questo gruppo o hanno una genesi tutta loro?


MV: Cinque di loro si, tranne Old America che avevo scritto anni fa come un piccolo preludio per chitarra classica per una collana di piccoli brani didattici (peraltro mai edita).



JC: Ci descrivi sinteticamente i pezzi?


MV: First Coffee Break è un brano al quale sono molto affezionato: l’ho limato per mesi prima della sua stesura definitiva. Il titolo parla di un mio piccolo vizio: il caffè!. He Won’t Get Far è un mio personale omaggio al be bop di Bud Powell nella non così ricorrente forma di 36 misure (All the things you are, East of the sun, Almost like being in love e via dicendo). Fanciful Dream è dedicata a mio figlio Marcello che ha un anno e tre mesi. L’ho scritta quando era appena nato. Vuole essere una ninna nanna in jazz, diciamo così. Go Further è una ballad con un piede nel mainstream e uno nel free, con una melodia che mi ha ossessionato per settimane. Hold on please è un curioso brano decisamente originale nella forma e nello sviluppo complice un geniale lavoro della ritmica Gallo/Rebulla. E poi c’è Old America,vera e propria chicca del disco. L’ispirazione è popolare americana con tracce di folk e di country ma la realizzazione e il mood sono decisamente jazz”.



JC: Come suona New Things dal vivo?


MV: Il suono del disco è molto semplice, no effetti, no editing, no trucchi quindi il live è molto fedele. La band in realtà sta maturando molto suonandolo live. In meglio, direi!




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