Foto: la copertina del disco
Udito, il nuovo progetto di Aldo Mella
Udito è l’ultimo e splendido disco di Aldo Mella, un contrabbassista spiazzante, punto di riferimento nel jazz, ma anche eclettico musicista e compositore di larghe vedute. Questo suo lavoro, ricco e variegato, suonato da tante voci e vissuto da altrettanti musicisti, è uno spaccato esplicativo della sua personalità musicale. È un disco dove non c’è spazio per la noia ma offre un’esclusiva e piacevole versione di come deve essere la Musica di qualità, semplice e colta.
Jazz Convention: Aldo Mella, tu sei un contrabbassista eclettico che si diverte anche a comporre e fare dischi. A che punto siamo con la tua produzione discografica?
Aldo Mella: Ho registrato nel mio percorso musicale una quarantina di dischi, di cui dieci come leader o co-leader. Pensandoci, l’ultimo mio lavoro come leader e compositore risale al 1994 con l’Archetiporchestra. Il resto in genere, erano progetti assoggettati al nome di un gruppo, potenzialità in cui ho sempre creduto molto, ma che purtroppo comporta molte difficoltà di gestione – soprattutto oggi giorno in cui i musicisti sono costantemente impegnati su vari fronti per avere una continuità lavorativa. Il gruppo richiede senza dubbio, una dedizione e partecipazione maggiore. Direi che gli ultimi anni sono stati in generale i più prolifici per le pubblicazioni discografiche. Il 2018-19 hanno visto ben sei nuovi album in uscita: Intervals I e Intervals II, con Franco D’Andrea Octet; Youlook Capitolo II; Italian Jazz Book con Maurizio Brunod e Gabriele Boggio Ferraris; Tumulto con Antonio Marangolo e Massimo Serra; e ovviamente Udito.
JC: Nel corso della tua carriera, hai preso parte e creato numerosi progetti che non riguardano solo il jazz, ma spaziano anche tra il folk e la world music. Ce ne parli di qualcuno a cui tieni molto e ci citi anche qualche disco prodotto con loro?
AM: Ho sempre nutrito un interesse particolare, sia per la composizione che per le musiche con diverse radici. Tutto sommato potrei dire che i miei progetti originali non hanno mai avuto un’impronta unicamente jazzistica, semmai il contrario. Questo lo si può trovare già nei primi lavori come Mella & Allione Quartetto (DDD), del 1992, dove le sonorità spaziavano in molti generi diversi, o perlomeno ne esprimevano alcune peculiarità. Animalunga è a tutt’oggi un trio attivo, con cui ho registrato due album, Il mio posto nel mondo (DDE) e Market Polka (CosediMusica). La formazione vedeva nel primo disco Alberto Tafuri al piano, mentre nel secondo Fabio Giachino. La fisarmonica di Roberto Bongianino continua ad essere alla base della formazione. Ora il gruppo vive una nuova stagione con l’inserimento, al posto del pianoforte, della chitarra di Pietro Ballestrero e a breve penso registreremo qualche traccia per un’eventuale nuova produzione. L’altra formazione a cui sono particolarmente legato è senza dubbio Youlook. Un trio con una sonorità ed una potenzialità tra le più ricche che ho realizzato. La formazione vede attualmente Luisa Cottifogli alla voce e Massimo Serra alle percussioni. Nella prima versione e di conseguenza nel primo album Desert Island (Artupart), il gruppo comprendeva Gigi Biolcati alle percussioni. Il secondo lavoro è uscito nel 2018 ed ha per titolo Youlook Capitolo II (Ultrasound Records). Aggiungerei inoltre il Brunod/Mella/ Boggio Ferraris con l’album Italian jazz Book (UR Records) e, molto particolare Tumulto ( Patanpanà Records,) con il grande Antonio Marangolo al sax e Massimo Serra alla Roland TD9.
JC: Tu sei il contrabbassista “storico” del quartetto di Franco D’Andrea. Una militanza importante e un esperienza estremamente formativa. Quanto c’è di questa esperienza nel tuo essere musicista, jazzista e compositore.
AM: Con Franco ho registrato quindici album nell’arco di ventitre anni di collaborazione, e questo non può che rendermi orgoglioso e felice di aver potuto stare al fianco di uno dei pianisti attualmente più moderni e creativi. Nella musica di D’Andrea, potrei dire che risiedono tutte le influenze che derivano dalla tradizione della musica jazz, sino all’avanguardia più estrema; e in questo, a mio avviso ,risiede la grandezza di Franco come musicista, sempre alla ricerca di nuove strade da percorrere. Non c’è dubbio che in qualche modo sia stato influenzato dalla collaborazione con lui, soprattutto nel modo di approcciarsi all’improvvisazione e nel sentire l’insieme della musica. In particolare nel cogliere sempre quello che di nuovo e creativo, anche se poco, può nascere durante un concerto o una registrazione. Non a caso dei quindici dischi registrati con Franco, sono pochissimi quelli che abbiamo registrato con sessioni che superavano la giornata di studio.
JC: Veniamo al tuo nuovo disco. Il titolo, Udito, ha una genesi particolare…
AM: Come ho ben specificato nelle note di copertina del disco, Udito è nato da un forzato periodo di inattività sul mio strumento dovuto ad un grave infortunio all’indice della mano sinistra. In quei mesi il mio contatto con la musica è avvenuto esclusivamente attraverso la scrittura e l’arrangiamento. Per cui ho deciso di ripescare dalle mie composizioni molti brani, anche vecchi, ma che mi pareva avesse un senso orchestrare per diverse formazioni. Dopo alcuni mesi mi sono trovato per le mani circa sedici tracce che prevedevano l’uso dei più svariati strumenti. Da quel momento è scattata l’idea di provare a coinvolgere qualche musicista con cui mi è capitato di collaborare nei trentotto anni di attività musicale. A quel punto si è innescato un meccanismo a catena che ha fatto coinvolgere ben quarantasei musicisti. Il resto è storia!
JC: Quanto tempo ci ha messo per mettere insieme un gruppo così variegato ed eterogeneo di musicisti e registrare diciotto brani?
AM: Il lavoro di organizzazione e di registrazione, che per ovvie ragioni è stato realizzato quasi interamente in overdubbing, è durato all’incirca un anno. Il tutto è stato messo in piedi solo con le mie forze, per cui sono stato anche il produttore di tutto il progetto ed il fonico che ha registrato e missato. Ho deciso di avvalermi di una collaborazione solo per il mastering dei due cd, per ovvie ragioni di saturazione dell’ascolto (ho rimixato il tutto tre volte!) Ho chiesto ad un mio caro amico, nonché bravissimo fonico, Alberto Macerata del Play Studio, che ha voluto, come i musicisti dare un contributo alla realizzazione dell’album e direi che ha fatto un’ottimo lavoro.
JC: I tuoi ospiti, che sono tanti, vanno da Flavio Boltro a Enzo Zirilli. Sono tutti musicisti con cui hai suonato prima di questo disco?
AM: A parte pochissime eccezioni, ho avuto in passato collaborazioni con tutti i musicisti. Per qualcuno si parla di anni, vedi Flavio Boltro, Enzo Zirilli, Emanuele Cisi, Elio Rivagli, Alfredo Ponissi, etc .., sino ad Andrea Allione, amico d’infanzia e grandissimo chitarrista, scomparso purtroppo nel 2013, a cui questo progetto è stato dedicato.
JC: Sedici dei diciotto brani di Udito sono tue composizioni: le hai scritte per questo disco oppure fanno parte del tuo repertorio?
AM: Come anticipato precedentemente, i brani di questo lavoro sono una parte del mio repertorio compositivo che spazia dagli anni ‘90 ad oggi. L’unica nuova composizione scritta appositamente per il disco è proprio il brano di apertura del primo cd, Enjoy. Un brano in 13/4 che amo particolarmente. Le due composizioni non originali, ovvero The Thumb e Union Pacific, sono state scelte obbligate per poter inserire la partecipazione di Andrea Allione. Un anno circa, prima della sua prematura scomparsa, avevamo registrato diverse tracce nel mio studio di casa, ed ho scelto le due che più rappresentassero la personalità musicale di Andrea.
JC: Visti i tanti musicisti che vi prendono parte, quale criterio hai adottato per far si che ognuno andasse bene per la musica suonata nei diversi brani?
AM: Alcune scelte sono state evidentemente suggerite dal tipo di orchestrazione, vedi il quartetto d’archi in Bianca e Tapuà; le sezioni di fiati per Novosound, Funkatone, Sig.Cungu, ed altri. Per quanto riguarda i solisti o le esposizioni dei temi, mi sono proprio basato sulla conoscenza del suono e dello stile dei musicisti che hanno collaborato. È stato il primo passo, dopo aver finito gli arrangiamenti. Ritengo questo un’aspetto molto importante e penso che se dovessi rifare la scelta oggi, non cambierei una virgola.
JC: A quale di questi pezzi sei più affezionato e suoni spesso dal vivo?
AM: Devo dire sinceramente che in Udito ci sono alcuni brani che non ho mai eseguito dal vivo, anche perchè come ho già detto precedentemente, molti risalgono a parecchi anni addietro. Difficile dire quelli a cui sono più affezionato, perchè con ogni brano ho un legame ed un ricordo particolare. Ma se proprio dovessi pensarci, Aidni è uno di questi, insieme a Gianni (nome da partigiano di mio padre), Piccolina, Novosound e Tapuà… ma in realtà mi piacciono tutti!
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