Marco Fumo – Reflections

Marco Fumo - Reflections

Odradek Records – ODRC0524 – 2019





Marco Fumo: pianoforte





Riflessioni sulla letteratura pianistica, sulla scrittura e sull’interpretazione, sulle matrici comuni e sulle differenze. Marco Fumo compie un percorso di oltre tre secoli con una parabola che parte da Domenico Scarlatti e arriva alla musica contemporanea di Francis Poulenc, Aaron Copland e Darius Milhaud dopo aver attraversato il primo Novecento di Igor Stravinski e Claude Debussy, il Brasile di Ernesto Nazareth, l’Argentina di Anibal Troilo e Eduardo Arolas, il jazz di Duke Ellington e Fats Waller e quella che potremmo definire la sua “comfort zone”, vale a dire il territorio della musica colta afro-americana, popolato da personaggi come Scott Joplin, James P. Johnson, James Scott e Jelly Roll Morton.


Un progetto pensato per mettere a confronto la musica di questi compositori attraverso un meccanismo particolare: presentare i diciotto brani come nove piccole suite composte da due movimenti. In questo modo, l’attenzione del pianista e dell’ascoltatore si sofferma in maniera specifica su alcuni punti particolari, in una sorta di “suggestione guidata”. Esempi chiari sono rappresentati dalla terza coppia – concentrata sul tango e sulle matrici argentine, con l’omonimo tema di Stravinski e Café de Barracas di Arolas – o dal quarto abbinamento – rivolto al Brasile, con Garoto di Nazareth e la Sorocaba from Saudades do Brasil di Milhaud.


I legami attivati da Marco Fumo propongono anche accostamenti più filosofici, come quello conclusivo tra il Clair de Lune di Debussy e Reflections in D di Duke Ellington, o suggestioni virtuosistiche come negli abbinamenti scelti per Scarlatti, prima con Odeon di Nazareth e poi con il quarto movimento dei Four Piano Blues.


In generale, il disegno di questo ambizioso progetto si fonda sull’idea di concatenare tra loro questi brani – e, di conseguenza, i loro autori, l’approccio alla scrittura e le istruzioni fornite all’interprete, le forme e i codici espressivi – in una ricerca ampia e trasversale sul materiale composto per pianoforte, o affidato ai pianisti, e sull’intenzione di trovare come alcuni precisi elementi siano stati portati all’interno di queste pagine. Nel breve saggio che accompagna Reflections, Stefano Zenni sottolinea come le radici musicali afroamericane vadano a costituire un fattore comune in tutto questo percorso: un fattore utilizzato in maniera, di volta in volta, diversa, un fattore reso esplicito o sottinteso nell’atmosfera della composizione, gestito a livello ritmico o melodico. Un ragionamento utile – sia quello proposto dalle note di Marco Fumo che quello tracciato dalle parole di Stefano Zenni – anche per leggere, o rileggere, come il jazz possa dialogare, raccogliere riferimenti e offrire ispirazione a compositori appartenenti ad altri ambiti espressivi.


Un percorso serrato costituito da brani di breve durata (la maggior parte si attesta intorno ai due minuti e mezzo) in modo da dare risalto all’impianto melodico, all’esposizione e, in generale, ai caratteri essenziali delle diverse pagine. Un lavoro quindi che ragiona sulle singole partiture, prima, e sul programma complessivo, poi, per percorrere una vera e propria meditazione – per mutuare la definizione usata dallo stesso Marco Fumo nella presentazione del disco – attraverso questi temi e attraverso i punti di contatto individuati tra le varie coppie. Un incastro di possibili letture, tra obiettivi prefissati e coincidenze cercate, tra assonanze elettive e incontri inaspettati, condotto con il gusto e la sensibilità di un pianista che ha sempre giocato nei territori di confine tra i linguaggi musicali alla ricerca delle sfumature e delle affinità che hanno permesso i passaggi, le trasformazioni e le successive stratificazioni di quegli stessi linguaggi.




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