Dodicilune Dischi – Ed 415 – 2019
Emanuele Sartoris: pianoforte
È alla classicità che punta il programma del solistico lavoro del musicista e compositore torinese, giovane e di ben precoce impegno entro il proprio cursus musicale, per le cui inclinazioni gli è stato anche tributato diritto di cittadinanza entro il filone “Third Stream”; collocandosi entro una (tuttora) dibattuta arena d’incontro tra patrimonio classico ed espressione contemporanea e jazz, le perigliose espansioni di molti predecessori essendo risultate spesso vincenti in termini di sintesi creativa, sia pur palesandosi altrove impegnato ed attivo nel versante più odierno della forma, qui Emanuele Sartoris dichiara di poter permettersi un’esposizione linguisticamente affine piuttosto al retaggio classico, pur esaltandone le non minime valenze ed implicazioni d’attualità.
Attaccando con sontuosa plastica nello Studio Opus 2 Nr.1, sostenuto da tenace possanza ritmica, il programma s’espande con coerenza nell’interrogativo Studio Opus 2 Nr.2, e nella vivida contemplazione dello Studio Opus 2 Nr.3; guadagnando espressività più serena nei successivi quarto e quinto Studio, introduttivi alla privata dimensione e all’importante sviluppo discorsivo del Preludio I, fin qui concedendosi l’onor di firma come per oltre metà delle dodici tracce del disco, che nella seconda parte scagliona esponenti o anticipatori della sensibilità moderna, tali il “rapinoso e concentrato” Studio op.25. n.2 a firma del popolarmente frainteso Frederyk Chopin, seguito in una breve sequenza tardo-classicista dal sommo Franz Liszt, il cui I preludio (dagli Studi trascendentali) viene magnificato con concisione nella vibrante tessitura, seguito da Aleksandr Skrjabin con cui si palesa concentrata affinità nella febbrile riproposta dello Studio p. 8 nr. 2. Non risulterà eretica la finale chiamata in causa di Bill Evans (comunque sia, un “classico” e non solo per ragioni anagrafiche) nella non risaputa Comrade Conrad, aperta in misurata solennità e di cui si esalta quindi lo slancio ritmico e le applicazioni in squillante dissonanza.
Collocato temporalmente a breve distanza del precedente I Fiori del Male (in duo con il contrabbassista Marco Bellafiore) e precedente il nuovissimo trio Woland (completato dal corregionale, operoso batterista Massimo Barbiero e dall’eclettica violinista italo-ispanica Eloisa Manera), il solitario album del pianista di questi contribuisce alla caratterizzazione di fisionomia in arte, rilasciandone vedute e sensibilità nei rispetti di forme propedeutiche a filoni tuttora attuali e viventi.
“Tessere di un unico mosaico”, i dodici passaggi del lavoro concorrono alla progettualità tematicamente coerente da parte di un motivato interprete di palese cultura, efficacia narrativa e di chiaroscurale e scultorea sensibilità.
Link di riferimento:
Pagina web: www.emanuelesartoris.com
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