LP and the Vinyl – Heard and Seen

LP and the Vinyl - Heard and Seen

Origin Records – OA2 22180 – 2020





Leonard Patton: voce

Danny Green: pianoforte

Justin Grinnell: contrabbasso

Julien Cantelm: batteria




Il nome della formazione e la scelta dei brani riportano alla mente i pomeriggi passati intorno allo stereo ad ascoltare i dischi con gli amici, alternando generi musicali e preferenze, classici e novità, senza un ordine prestabilito se non quello di guardare le copertine dei trentatre giri e passare sul piatto i diversi vinili.


Heard and Seen, il lavoro realizzato da Leonard Patton, Danny Green, Justin Grinnell e Julien Cantelm sotto la sigla “LP and the Vinyl”, offre una rappresentazione decisamente calzante di tutto questo. E si aggiungono, poi, il senso dell’incontro tra esperienze artistiche differenti, l’intenzione della sintesi tra linguaggi musicali che fanno parte di tanto jazz.


Andiamo in ordine. Innanzitutto, la formazione. Il quartetto nasce dall’incontro di Leonard Patton con il trio guidato da Danny Green. Da una parte, un cantante dal percorso variegato con influenze che spaziano dal soul al gospel, dal jazz e al funk; dall’altra, un trio consolidato da un lungo percorso comune e animato da una visione musicale particolare, dove la grammatica del piano trio si arricchisce di accenti classici e di una fervida vena compositiva. L’incontro diventa immediatamente un terreno di espressione comune, l’interplay scorre fluido, le connessioni sono sempre veloci e funzionali.


Come si lascava intuire sopra, il repertorio è quanto mai vario ed eclettico. Dagli standard del jazz – My One And Only Love e Softly, As In A Morning Sunrise – si approda ad alcuni maestri della black music come Stevie Wonder, Quincy Jones e Michael Jackson – I Can’t Help It e One Hundred Ways – e si arriva al rock britannico di Beatles, David Bowie, Tears for Fears e Oasis – nello specifico, The Fool On The Hill, Life On Mars, Everybody Wants To Rule The World e Wonderwall. Un percorso in cui i quattro musicisti portano anche due brani originali – l’apertura di The Lonely Band e Night Waltz – ben inseriti nel flusso che viene articolato nel disco.


Dieci tracce interpretate con grande trasporto, facendo ricorso ad elementi diversi e combinandoli con cura e destrezza. Le varie rielaborazioni passano attraverso arrangiamenti dinamici e capaci di esaltare tanto la sensibilità melodica quanto la spinta ritmica, la disposizione costante di tutti e quattro i musicisti nel costruire la voce del quartetto e di metterla al servizio delle scelte fatte per i singoli brani. Tutte le componenti portate all’interno del disco – dalla visione più intellettuale al senso per il colpo ad effetto, dall’aderenza ai linguaggi al piacere di rivisitare brani estremamente celebri, dal virtuosismo dei singoli all’interplay e via dicendo – si bilanciano tra loro e si valorizzano l’una con l’altra per andare a realizzare un disco ricco di sfaccettature, accattivante e solido. E se, come è ovvio, non tutte le riletture riescono con la stessa intensità, ciononostante Patton, Green, Grinnell e Cantelm conducono i dieci brani senza cadute di stile, sempre con la massima attenzione e con la cura per i piccoli dettagli presenti nella costruzione del quartetto e del suo repertorio. Una sintesi, insieme, spontanea e strutturata e, per questo, in grado di passare in maniera diretta e convincente all’ascoltatore.



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