Dodicilune Dischi – Ed376 – 2020
Roberto Ottaviano: sax soprano
Marco Colonna: clarinetti
Giorgio Pacorig: pianoforte, Fender Rhodes
Alexander Hawkins: pianoforte
Giovanni Maier: contrabbasso
Danilo Gallo: contrabbasso, basso acustico
Hamid Drake: batteria
Zeno De Rossi: batteria
Resonance & Rhapsodies è uno dei migliori dischi del 2020, in assoluto, e tra i più belli degli ultimi anni. Roberto Ottaviano evolve, e raddoppia, i risultati del precedente ed ottimo Eternal Love. In questo nuovo progetto agisce con due quartetti, Extended Love, che all’occorrenza diventano un ottetto che fa agire nel primo dei due dischi che compongono Resonance & Rhapsodies. Infatti, alla formazione base, Ottaviano/Colonna/Hawkins/Maier/De Rossi, si aggiungono Giorgio Pacorig al fianco di Alexander Hawkins al pianoforte, Danilo Gallo al fianco di Maier al contrabbasso e Hamid Drake al fianco di De Rossi alla batteria. Un ensemble corposo, d’impatto, colorato, potenziato nella ritmica, che spinge la musica verso dimensioni incommensurabili che danno adito a immagini e suggestioni spazio-temporali.
Resonance contiene sette composizioni originali scritte da Ottaviano. La musica suonata, che contempla geografie e latitudini, orientali ed occidentali, africane e inglesi, si dipana, attraverso velate e sacrali suggestioni coltraniane, nella notevole e variegata Promise. Climax che prosegue nella sua dinamica spiritualità e incantevole e cardiaca pulsazione in Revelation. Quella di Ottaviano – sopranista top -, è una musica rituale, antica (Dedalus), esoterica (Omumua), laicamente religiosa e fortemente panteistica, che piega le percussioni ad una carnalità terrestre e umana, mentre allo stesso tempo lascia che i fiati si elevino verso l’alto come canti appassionati dal costrutto colemaniano e bluesy (Homo Sum). Segue poi la title track Resonance che si riprende la scena in termini di dinamicità e ritmo con la sua verve jazz rock dalla sintomatologia progressive e blues. Qui le tastiere duellano creando tensione e colori con il Rhodes in primo piano a dettare le linee tematiche. Una suggestiva e ieratica Ad Astra chiude la circolare religiosità di Resonance, prima parte di un’esperienza di liturgica e collettiva partecipazione. Il secondo cd Rhapsodies ha una formazione più ridotta. È in quintetto con Pacorig che prende il posto di Hawkins, titolare alle tastiere nella formazione originaria di Eternal Love. Le tracce sono nove. Tranne la cover Ijo Ki Mba Jo, un pezzo tradizionale Yoruba, il resto dei brani sono firmati da Ottaviano e uno per ognuno degli altri musicisti del gruppo. L’ambientazione, chiamiamola così, in questo secondo disco è eterogenea. Ci si imbatte in meridiani solari come nella latina Adelante, con un assolo di Ottaviano di forte espressività e un altro al clarone del bravo Marco Colonna. Sempre Ottaviano sugli scudi in Ergonomic con un intervento al sax intenso e dalla suggestiva cadenza timbrica. Le asperità sonore precedenti si stemperano poi nell’allegra, solare e danzante Ijo Ki Mba Jo. Monkonious, il cui titolo la dice lunga, sembrerebbe una sorta di omaggio a Steve Lacy in chiave monkiana, introdotto da Ottaviano e “cantato” finemente dal contrabbasso di Majer. Mentre in Villaraspa si riprende quel clima festaiolo già ascoltato nella rivisitazione di Ijo Ki Mba Jo. Celebrativo e poetico è invece il pezzo To the Masters, dove aleggia il docile e spiritato spettro di Coltrane, il primo tra i maestri. Rhapsodies, bello e diverso rispetto a Resonance, volge al termine con i singolari China Syndrome, Violeta e Mad for Misha, a testimoniare l’eterogeneità e la felice riuscita di un progetto entusiasmante e di notevole valore artistico! Five stars!!
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