Dodicilune Dischi – Ed446 – 2020
Diego Donati: chitarra, arrangiamenti
Stefano Coppari: chitarra
Anna Laura Alvear Calderon: voce
Lorenzo Scipioni: contrabbasso
Roberto Desiderio: batteria
Riccardo Bottegal: violino
Lucia Guerrieri: violino
Malgorzata Maria Bartman: viola
Francesco Alessandro De Felice: violoncello
La musica dei Radiohead come veicolo per una sintesi tra linguaggi musicali differenti. Diego Donati e Stefano Coppari riprendono otto brani dei Radiohead e li reinterpretano con una formazione che porta nel proprio bagaglio espressivo suoni, elementi ed approcci provenienti dal rock, dal jazz e dalla musica classica.
Il lavoro compiuto da Donati e Coppari punta a non sovraccaricare i brani e a non snaturare in maniera forzata gli accenti presenti nell’originale. I due leader mettono a confronto suggestioni diverse per “ispirazione”: le due chitarre elettriche rimandano alla matrice sonora tipica del rock; l’impasto tra ritmica jazz e quartetto d’archi offre uno spettro composito di soluzioni; la voce riesce a spogliare l’interpretazione dai vari stilemi di genere e la riconduce alle esigenze espressive delle singole canzoni e del contesto nel suo complesso. Una serie di strumenti utile, nel suo complesso e nelle sue particolarità, per restituire il senso emotivo del materiale.
Nelle note che accompagnano il disco, Donati e Coppari rivelano la dimensione, per così dire, “artigianale” con cui hanno avviato il progetto. I due musicisti hanno inizialmente trascritto il materiale per poterlo arrangiare per due chitarre. I diversi livelli di lettura presenti nella scrittura e nella concezione artistica dei Radiohead hanno poi stimolato i due chitarristi ad allargare il discorso ad una formazione più ampia che potesse rileggere ed eseguire la tessitura degli originali. I due chitarristi hanno scelto alcuni tra i brani più importanti del repertorio della band britannica, brani contenuti in lavori come “OK Computer”, “Kid A”, “Amnesiac” e “Hail to the Thief”. Una scelta mirata, quella di Donati e Coppari, su un arco temporale molto concentrato, quello che va dal 1997 al 2003, un periodo in cui i Radiohead hanno impresso una svolta significativa alla loro carriera e sono diventati, in pratica, uno dei riferimenti imprescindibili per la scena musicale di oggi.
A Portrait of Radiohead viene realizzato con equilibrio e rispetto, senza rinunciare però a proporre una visione personale del materiale. La forza espressiva, la riconoscibilità e l’importanza dell’originale, da una parte, e la voce sfaccettata del Donati-Coppari Ensemble, dall’altra, vengono combinate attraverso una gestione, nel suo insieme, misurata ed essenziale. La quantità di spunti messi in campo convince, in pratica, Donati e Coppari a prendere le mosse dal filo melodico per condurre il dialogo tra le tante anime presenti nella formazione. Le diverse sezioni dell’ensemble si accostano tra loro in maniera fluida e si alternano in modo plurale alla guida del discorso musicale: sintesi, asciuttezza, centralità della melodia e coralità riescono a dare varietà allo svolgimento del disco e portano caratteri diversi – rigore formale, straniamento, sensualità, introspezione, lirismo – all’interno dei brani. E soprattutto, in questo modo, emerge una delle caratteristiche più importanti dei Radiohead, vale a dire la loro capacità di superare e attraversare i confini tra i generi musicali, di sintetizzare linguaggi e codici in una visione sempre riconoscibile e personale, attuale e capace, al tempo stesso, di ridefinire le coordinate espressive dell’attualità.
Diego Donati e Stefano Coppari si confrontano con questo materiale con prospettiva aperta e ne propongono una versione articolata, convincente in molti tratti, capace di svincolarsi, quando possibile, dai richiami e dalle appartenenze stilistiche e gestita con un buon controllo generale.
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