Artesuono – 2020
Yorkestra
Vanessa Tagliabue Yorke: voce, direzione, arrangiamenti, composizioni originali
Francesco Bearzatti : clarinetto
Paolo Birro : pianoforte
Enrico Terragnoli : chitarra elettrica, banjo, podofono.
Salvatore Maiore: violoncello e contrabbasso
Giovanni Maier: contrabbasso
Michele Rabbia: batteria, percussioni, violino ad acqua, live electronics
Ospiti
Laura Masotto: violino
Stefano Menato: clarinetto secondo, C-Melody sax
Eva Impellizzeri: viola
Leonardo Sapere: violoncello.
“Diverso, lontano, incomprensibile” è il titolo di un progetto ambizioso, dai contorni indefiniti, che porta sonorità distanti, apparentemente discordi con quanto siamo abituati a sentire, in un’altra dimensione, coerente con il background jazzistico di Vanessa Tagliabue Yorke e con la sua curiosità per tutto quanto si trova al di là dei confini, spaziali e temporali, del genere. La cantante ha lavorato sodo per realizzare questo disco, approfondendo musiche del mondo arabo, dell’Estremo oriente, secondo una prospettiva inquadrata dalla conoscenza e dalla condivisione dell’estetica di Gerard Grisey, esponente di spicco dello spettralismo. Questa corrente musicale, nata negli anni sessanta, individua nel tempo, non quello cronologico, ma semmai quello vicino al concetto di “Kairos” per i greci, il tempo relativo a qualcosa di ineffabile e di sorprendente che deve accadere, una variabile imprescindibile nella costruzione musicale ed è indirizzata a ripensare su nuove basi l’idea medesima di suono.
Nel cd si ascoltano dieci brani a firma della musicista lombarda, uno standard dal repertorio di Sinatra e Bing Crosby e un pezzo di Duke Ellington. Per i testi, invece, in diverse lingue oltre all’italiano, sono utilizzati versi dell’indonesiano Gumbira, del thailandese Sanddhorn Phu, dell’egiziano Gamael Aziz, del “poeta maledetto” Charles Baudelaire e dell’artista concettuale belga Marcel Broodthaers. C’era il rischio di perdere l’orientamento, a conti fatti, in questa selva di influenze, di rimandi, di citazioni, e di rimanere con un pugno di mosche alla fine di un viaggio virtuale attorno ad un mondo allora sì “lontano e incomprensibile”. In realtà, la Yorke sa benissimo come muoversi in questi ambienti inconsueti, non per lei, dirigendo il suo gruppo sulla rotta giusta e, grazie anche ad arrangiamenti estremamente efficaci, l’operazione va in porto molto felicemente.
Si impone all’attenzione dell’ascoltatore, prima di tutto, la voce della bandleader che penetra in questo universo parallelo o convergente, tirandone fuori il respiro, l’impulso, con una modulazione dinamica ed espressiva su più registri, in maniera virtuosa, apparentemente austera e distaccata, per contro ricca di calore intestino. Francesco Bearzatti al clarinetto, poi, è un perfetto alter ego solistico della vocalist. Nei suoi interventi sa scavare a fondo nei temi, disegnare paesaggi, continuare storie introdotte dal canto, dalla melopea e portarle avanti ciclicamente. Terragnoli e Birro, alla chitarra e al pianoforte, sono perfettamente sintonizzati sulla lunghezza d’onda dell’artista veneta d’adozione e contribuiscono a creare un ponte ideale fra l’idioma jazzistico e le melodie e le armonie dell’altrove. Maier e Maiore, al basso e al violoncello, in alternanza, sono punti di appoggio e di forza del settetto, per un accompagnamento robusto e per luminose sortite solistiche. Alla batteria e ai live electronics, Michele Rabbia dipinge di colori vividi gli sfondi, utilizzando il suo arsenale percussivo per inserire sfumature piuttosto che per marcare il tempo.
Nel cd si incontra, in sintesi, un etno-jazz nobilitato da una pronuncia e da un andamento classici ed aperture libere, ardite, a movimentare complessivamente il paesaggio. I due brani finali sono, infine, un aggancio con la tradizione. «Mi piace il jazz delle origini-come dichiara la cantante- perché ha saputo attingere dalla musicalità africana come da quella orientale, dai compositori europei come dalle culture tradizionali» e i due evergreen sono resi, infatti, con autentico slancio filologico.
Con questo album, in conclusione, Vanessa Tagliabue Yorke aggiunge un capitolo importante alla sua già valorosa discografia, composta solo da pezzi unici, adeguatamente griffati, opere che da sole testimoniano un percorso di ricerca condotto con passione e metodo, sempre alla investigazione di qualcosa di “diverso” e di “incomprensibile” nel senso esplicitato egregiamente nelle note di copertina come un “qualcosa che non abbiamo ancora sognato”.
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