Foto: la copertina di Feed
Mauro Gargano, un contrabbassista diviso in due
Mauro Gargano è un contrabbassista colto, curioso, che ricerca storie e temi anche al di fuori dell’ambito strettamente jazzistico. Racconta paesaggi, pugili, poeti e storie in forma di jazz.
I suoi due ultimi lavori, diversi tra loro ma accomunati da una sottile e insita poetica, ne esaltano le sue capacità compositive e di arrangiatore. Due facce della stessa medaglia ben definite e suonate in quartetto e trio.
Il primo disco s’intitola “Nuages”, ed è un attento e sensibile omaggio a Pier Paolo Pasolini. Apre il disco con un brano celebre e struggente, Cosa sono le nuvole, che ci ricorda la splendida versione di Domenico Modugno e quella più jazzistica di Peppe Servillo. Gargano invece lo colloca in un contesto camerale, intimistico, con il clarinetto che descrive con nostalgia e un velo di tristezza la poetica pasoliniana. È sublime questa versione perché Gargano immagina e vede, come farebbe il poeta, le nuvole del suo mare da Parigi, gonfiandole di passione e struggimento nostalgico. Le ridipinge con un innato senso del blues, meridiano e omerico. Dunque, “Nuages” si apre con una “poesia” e procede in continuità con la malinconica Nuvole. Il clarinetto di Matteo Pastorino è di fine bellezza così come lo è il pianoforte di Giovanni Ceccarelli e le docili pennellate di batteria di Patrick Goraguer. Gargano guida il quartetto, perfetto nella sua simbiotica iterazione emotiva/musicale, attraverso undici composizioni pregevoli il cui apice viene raggiunto nell’incarnazione poetico/politica di Pasolini (Nubi di periferia) e nella “etnica”, nel senso di appartenenza geografica, Il Papunno, undici minuti di storie differenti e free attraversate da umori adriatici e tramontani. Disco splendido ed evocativo la cui liricità metrica ricorda le poetiche braccia al cielo di Totò in Uccellacci e Uccellini.
Il secondo disco, che segue dopo breve tempo il precedente “Nuages”, s’intitola “Feed”, nutrire o, forse meglio, sfamare di bellezza anime corrotte dalla piaga pandemica. Qui Gargano volge lo sguardo a nord, verso i lidi scandinavi, lui pugliese con geni normanni come lo è anche Sgobbio. Musica totalmente diversa rispetto al disco precedente. Più dinamica, veloce, meno poetica ma pur sempre melodiosa come succede nella title track oppure nella robusta Feed. La dimensione del piano trio gli permette di spostare gli accenti verso mondi paralleli al jazz oppure attraversarne i diversi rivoli che compongono la storia di questa musica (Full Brain). Il batterista francese Christophe Marguet lavora molto sulla poliritmia inglobando anche sonorità rock e progressive per urlare al mondo il dramma del’acciaieria tarantina in Ilva’s Dilemma. Tematica che raddoppia in The Red Road con esplicito riferimento alla polvere omicida di color rosso che infetta perennemente l’aria di Taranto. In “Feed”, Gargano inventa micro temi, cellule melodiche, come spunto per poi lasciare campo libero alla creatività ed all’improvvisazione come succede nella umbratile Lost Wishes. L’ottimo “Feed” si chiude con un omaggio/dedica a Gianni Lenoci intitolato Secret Garden. Il brano è in linea con la musica che il pianista pugliese ha creato e prodotto nel corso della sua carriera.
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