Premio Città di Loano per la Musica Tradizionale Italiana 2021

Foto: Martin Cervelli










Premio Città di Loano per la Musica Tradizionale Italiana 2021

Loano. 27/30.7.2021

La diciassettesima edizione del Premio Loano si svolge dopo un anno di stop forzato, per i noti motivi, ma i problemi non mancano anche per la rassegna del 2021. Innanzitutto c’è il forfait, comunicato in luglio, della Nuova Compagnia di Canto Popolare, che ha annullato il tour estivo per cause di forza maggiore e le serate da cinque, come previsto, calano a quattro. Poi, per questioni legate alla pandemia, diventa impossibile assemblare il gruppo allestito da Cabit, formato da una parte di musicisti italiani e da un manipolo di strumentisti turchi. L’incontro fra Liguria e Mar Nero si realizza, perciò, soltanto a distanza, in maniera virtuale, con un collegamento via internet. E ancora Laura Parodi può esibirsi soltanto con il suo trio, oltre ad un rappresentante della compagnia spontanea dei “Trallallero”. Gli altri componenti della squadra di canto disertano Loano per ragioni di salute. Malgrado tutte queste difficoltà, la tenacia e la determinazione degli organizzatori, l’impegno degli artisti e la risposta del pubblico, sempre numeroso, consentono alla rassegna di effettuarsi e di raggiungere gli obiettivi prefissati, di offrire, cioè, un quadro diversificato sui molti aspetti della musica tradizionale italiana in una girandola di appuntamenti capaci di incuriosire e di coinvolgere gli spettatori presenti.


Si comincia il 27 luglio nel ridotto del Giardino del Principe, indovinata location, con Edmondo Romano in una lezione e dimostrazione sugli strumenti in uso nella musica folk, non solo italiana, con uno sguardo ben oltre i nostri confini. Si passa dalla Zimbra mediorientale, al Duduk turco, con puntate in Ungheria per la Furulya e in Bolivia per il Mohozeno… Romano spiega con un linguaggio accessibile le differenze fra i vari strumenti, fornendo un minimo di nozioni tecniche su ognuno e facendone sentire la caratteristica timbrica, dopo averli ambientati geograficamente. Il viaggio intorno al flauto, al clarinetto e ai loro parenti di origine etnica si chiude con le nostrane ocarine, suonate in coppia da Romano e da Davide Baglietto con un degno finale per il primo incontro della manifestazione rivierasca.


Alle ore 21, nella bellissima piazza Italia, iniziano i concerti serali i fratelli Mancuso, premiati per il miglior disco pubblicato nel 2020, “Manzamà”. Il cd, composto quasi integralmente di brani originali, è arrangiato in alcune tracce da Franco Battiato, in quella che si può considerare l’ultima incisione a cui ha preso parte il cantautore catanese. I Mancuso si esibiscono in duo, riprendendo parecchi pezzi del loro ultimo album, senza trascurare alcune canzoni registrate in precedenza. Nel mondo dei fratelli siciliani si celebra la sofferenza, il travaglio della loro terra, sublimati, spesso, nella preghiera, con implicazioni narrative e toni accorati, mai facili alla consolazione. Prevalgono le arie tristi o dolenti, con l’acme della lamentazione raggiunta in “Deus Meus”, una sorta di invocazione spirituale dove si fatica a reperire un segno di speranza. Il concerto si dipana con un andamento regolare, omogeneo, su questo tipo di climi espressivi. Il duo rivela un’intesa consolidata, come di consueto, che si esplica al meglio anche nei due canti a cappella che aprono e chiudono il set.


Sale, quindi, sul palco Setàk, vincitore nella categoria giovani nel 2020, per l’album “Bluesanza” del 2019. Il cantautore di Penne propone nel dialetto abruzzese le sue composizioni, impregnate di un rock-blues piuttosto abbordabile, con qualche accento country e una spruzzata di reggae in un melange molto pop. Il tutto è sicuramente accattivante, piacevole all’ascolto. Setàk, poi, sa tenere la scena con il piglio giusto ed è sostenuto a dovere dal suo gruppo. Resta, però, il suo repertorio piuttosto distaccato dal genere popolare. Occorre compiere uno sforzo notevole per trovare nella sua musica leggera o leggerissima un qualsivoglia aggancio con la tradizione, pure intendendo la definizione in maniera decisamente aperta.


Il 28 luglio nel pomeriggio viene illustrato il progetto “Cabit”, per il disco “Serenin, From the black sea to the ligurian sea” da Edmondo Romano, Davide Baglietto e Stefano Valla. Si tratta di un’opera che vuole costruire ( o ricreare) un ponte ideale fra la Liguria e la Turchia. I musicisti hanno elaborato prima separatamente e poi insieme, a Istanbul, dove hanno soggiornato per un periodo abbastanza consistente gli otto italiani, una serie di temi, appartenenti ai rispettivi ambiti. Non c’è stata, però, per volontà precisa, una supremazia di un gruppo sull’altro. I turchi non sono stati ospiti degli italiani o viceversa. Il lavoro ha prodotto una sorta di fusione sul campo fra le rispettive esperienze.


Sia nell’incontro delle 18 che nel concerto serale compaiono in video dalla capitale turca Filiz Ilkay Balta, vocalist e suonatrice di tulum, la cornamusa dell’Anatolia, e quattro dei suoi partners. Chiaramente l’assenza fisica sul palco dei suonatori stranieri toglie significato e fascino all’esibizione, malgrado Edmondo Romano e soci si adoperino con convinzione e ingegnosità per illustrare al meglio la commistione fra due realtà popolari e culturali non così lontane. Emergono in Cabit, in particolare, Matteo Merli, voce anche dell’Orchestra Bailam, efficacissimo nelle parti in cui viene impiegato e Stefano Valla, specialista del piffero, un vero virtuoso, a cui viene lasciato, inoltre, spazio per proporre, insieme al fisarmonicista Daniele Scurati, qualche pezzo del repertorio di Bellanova, dedicato ai canti appenninici, alle danze, delle cosiddette 4 province. È questo un segmento abbastanza decontestualizzato, estraneo alle atmosfere di “Cabit”, che stride, a dir la verità, con il resto del programma sviluppato.


Il giorno 29 luglio è premiata Lucilla Galeazzi che parla, nella sede abituale, del suo disco del 2019, “Donna, voja e fronna…”, Premio Loano nella passata edizione. Nella conversazione con Jacopo Tomatis e Ciro De Rosa, la Galeazzi sottolinea i meriti di Piero Arcangeli, regista dell’operazione, capace di concepire l’incontro fra le canzoni popolari umbre e le sonorità di un ensemble cameristico, unendo i suoi interessi, la ricerca sul posto del patrimonio autoctono e la musica colta. Sul finale la cantante ternana regala al pubblico due brani senza accompagnamento alcuno, con la sapiente maestria che le è congeniale.


Alla sera si riunisce in piazza Italia una vera all stars, guidata da Riccardo Tesi. Sono con l’organettista pistoiese i fidi Claudio Carboni al sax soprano, Riccardo Geri alla chitarra e Gigi Biolcati alla batteria, vale a dire “Banditaliana”. E già così le premesse si annunciano allettanti. In più si schierano al centro della scena le due regine del folk contemporaneo, Elena Ledda e Lucilla Galeazzi e al loro fianco il bravissimo Mario Incudine, ospite d’eccezione per Loano e Alessio Lega, campione del canto di protesta, «l’uomo più a sinistra dopo Papa Francesco», come lo definisce Tesi. Lo spettacolo è nato negli anni sessanta, ripreso in anni successivi, l’ultima volta nel 2014, e vuole offrire una quadro sulla canzone di “rivolta e d’amore”, in questo caso dirigendo la rotta verso sud, come da titolo del progetto attuale, dopo aver privilegiato principalmente il settentrione nelle versioni precedenti. L’ensemble è una vera e propria macchina da guerra, che si fa apprezzare sia quando utilizza tutte insieme le forze a sua disposizione, sia negli intermezzi individuali, oppure in trio, in quartetto o in quintetto. Ci sono sequenze esaltanti, come la pizzica, trascinata dalla verve, dall’incisività della Ledda e dal calore di Incudine, ma pure gli omaggi a Rosa Balistreri, Matteo Salvatore o Caterina Bueno fanno tremare letteralmente il palco. Il concerto è una vera festa del tradizionale-rinnovato, in cui si comprende come certe arie, certi temi, se maneggiati da determinati personaggi si trasformano in oro colato… Va da sé che questo risulta il momento più alto dell’intera manifestazione e che ci siano legittime e ben riposte aspettative sul disco della band in uscita a fine anno.


L’ultimo giorno Laura Parodi spiega la storia e le caratteristiche del “Trallallero”, cori esclusivamente maschili, patrimonio della tradizione ligure. La Parodi, fra l’altro, è l’unica donna ammessa in questo tipo di formazione e nell’appuntamento pomeridiano relaziona sul suo modo di approcciare questo genere di repertorio. Subito dopo tornano a Loano i fratelli Bottasso, Elsa Martin e Davide Ambrogio vincitori nella categoria giovani per il 2021 con il loro progetto sul canzoniere italiano di Pasolini, denominato “Linguamadre”. Nei confronti del debutto del 2019 i quattro hanno preso maggiore confidenza con il testo di riferimento e hanno affinato la loro intesa, così possono giocare con le canzoni popolari e improvvisare sulla stessa raccolta, magari sorteggiando le parole di un canto da inventare all’impronta e riuscendo perfettamente nell’impresa. Con tutto ciò, il quartetto non perde la strada maestra di un’operazione comunque intellettualmente solida. C’è un ritmo sciolto, uno scambio di testimone fra i quattro ben sincronizzato e vengono fuori prepotenti le personalità di ciascuno in un contesto ad ogni modo collettivo, come gruppo saldo e ben armonizzato. Nel 2019 serpeggiava, forse, un timore reverenziale verso questo tipo di sfida e ci si muoveva con il freno a mano tirato. Adesso si va a ruota libera…


Aprono, successivamente, l’ultima serata del festival Laura Parodi, con Fabio Rinaudo ai fiati e Yulio Fortunato alla fisarmonica, con un solo rappresentante del coro “Trallallero”, previsto al completo nella locandina. Vengono eseguiti i classici della canzone genovese con garbo, dopo averne tradotto e raccontato il testo e la genesi. Pesa, ad ogni modo, l’assenza del gruppo dei “Trallallero” alle spalle del trio, che avrebbe aggiunto spessore e colori all’esibizione.


Chiude festosamente la rassegna “Musica Spiccia”, orchestra di 25 elementi, in gran parte giovanissimi, con alcuni strumentisti adulti nei punti nevralgici a rinforzare il collettivo. Dirige Giulia Cavicchioni, personaggio stravagante in continuo movimento per guidare le sezioni orchestrali e coordinare le figure coreografiche dell’organico schierato a sua disposizione. Con “Musica Spiccia” si compie un immaginario giro del mondo fra ritmi e melodie di paesi diversi, dove sono appunto l’energia e il divertimento a dominare e, sottostante, la grande passione per fare musica congiuntamente, a tutte le età.


Si conclude così la rassegna loanese, diretta con attenzione e competenza da Jacopo Tomatis, fortemente voluta dall’organizzazione, che ha saputo affrontare e risolvere tante questioni, non semplici. Il pubblico, infine, ha risposto alla grande, mostrandosi fedele ad una rassegna ormai consolidata negli eventi estivi della cittadina del Ponente ligure.




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