Open Papyrus Jazz Festival. Edizione 41 (Parte Seconda)

Foto: Alberto Bazzurro










Open Papyrus Jazz Festival. Edizione 41 (Parte Seconda)

Ivrea – 3/5.9.2021

Nel secondo giorno della rassegna eporediese, Luca Bragalini presenta il suo libro “Dalla Scala ad Harlem. I sogni sinfonici di Duke Ellington”. Il musicologo ha compiuto ricerche minuziose e approfondite sull’argomento e nella sua relazione rivela una profonda preparazione, frutto di studi seri e di una sana curiosità che lo ha condotto ad indagare con pazienza e perseveranza per scoprire possibili risvolti sconosciuti sul musicista e sulle sue opere. Bragalini sorvola di proposito sugli aspetti tecnici, che pure sono presenti nel volume, per puntare sul racconto di come è riuscito ad entrare in possesso di determinate informazioni, e sulle strategie utilizzate per andare a fondo su alcuni interrogativi, trovando la collaborazione, a volte inaspettata, di tutta una serie di personaggi vicini in qualche modo al mondo di Ellington. Per rendere l’intervento ancor più gradevole e coinvolgente, lo scrittore tira fuori alcuni gustosi aneddoti, ad esempio sul perché il Duca fosse solito scambiare 4 baci con le persone, come forma di saluto, o su come non amasse essere introdotto in maniera prolissa dai presentatori della sua big band. A completare la dissertazione teorica vengono mostrati alcuni video delle opere sinfoniche di Ellington, particolarmente preziosi perché inediti.


Dopo l’incontro con l’autore, entra in scena il gruppo “Jazz Fantasy”, costituito da Norbert Dalsass al basso, Michele Giro al pianoforte e da Roman Hinteregger alla batteria. Il trio ha una storia lunga alle spalle e l’incisione di 4 album con ospiti vari. Da qualche anno, però, i tre non suonavano insieme e solo recentemente hanno ripreso, scoprendo di avere ancora parecchie affinità, tali da consentirgli di proseguire il percorso comune precedentemente interrotto. La formazione propone un jazz moderno, ritmicamente connotato, swingante, con la batteria che non si limita ad accompagnare, ma scompone e ricompone il discorso in certi frangenti. Il bassista, dal canto suo, ripete spesso una frase, un pedale, attorno al quale gira il tracciato dei partners. Michele Giro, per contro, predilige un pianismo energico, percussivo, anche se, all’occorrenza, sa limitare la sua esuberanza e innestare le marce basse. Il repertorio è composto da brani originali, per la maggior parte, oltre ad un omaggio a Monk.


Contemporaneamente all’attuazione del concerto i pittori dell’associazione “Arte in fuga” danno vita ad un live painting, dipingendo opere ricche di colori e di suggestioni, stimolati dalla musica che si ascolta in sala S. Marta. È un altro tentativo di affiancare le varie arti o, meglio, di essere fedeli alla denominazione stessa del festival, per l’appunto, “Open”.


All’appuntamento serale non si presentano gli Area, assenti per causa di forza maggiore, sostituiti dal Trio di Kathya West-Alberto Dipace e Danilo Gallo per il progetto “The last coat of Pink”, come dal titolo del cd uscito nel 2021 per la Caligola. Dei Pink Floyd vengono riletti brani celebri provenienti principalmente da “The Dark side of the moon” e da “The wall”, oltre a “Wish you were here”, dal cd omonimo, «un pezzo che andrebbe tutelato come patrimonio dell’umanità dall’Unesco», secondo il parere di Danilo Gallo. I tre operano per estrapolare il nocciolo delle melodie del gruppo inglese, con un’azione in profondità. Il lavoro di esplorazione così condotto permette di offrire all’ascolto le canzoni nella loro essenza, privandole di qualsiasi sovrastruttura, nella loro bellezza spoglia. La West accarezza le parole, le blandisce, le sussurra o le canta con maggiore decisione, a volte distorcendo il timbro vocale, o semplicemente alzando tono e volume, con una attenzione accurata per esprimere i significati testuali. Dipace e Gallo stanno al gioco e costruiscono un’impalcatura morbida nell’impostazione e saldissima per la consistenza. Il contrabbassista, oltretutto, sfodera un timbro sontuoso e un fraseggio cantabile, molto affascinante. Il pianista risponde con una armonizzazione flessuosa e un solismo misurato, mai ampolloso.


Il trio ottiene buoni riscontri da parte degli spettatori, sorpresi positivamente nel ritrovare le hit dei Pink Floyd eseguite in una rassegna jazzistica.


Conclude la serata Laura Conti, ospite abituale della manifestazione, insieme a Maurizio Verna, alla chitarra a dieci corde. Il duo si dedica ad una interpretazione di canti canavesani e piemontesi in genere con uno spirito attuale. La cantante si muove con disinvoltura sul palco, impugnando uno strumento a percussione a forma di bastone, di mazza, che utilizza anche per fare scena. La sua voce è chiara, assertiva e scivola con sicurezza su arie popolari di cui conosce ogni piega. Il chitarrista accompagna la partner intessendo un accompagnamento moderno, dove il fraseggio jazzistico o pop si congiungono al retaggio folk con un esito concordante. Ne viene fuori complessivamente una bella pagina di musica tradizionale rinnovata, dotata di senso e di appeal.


Il 5 settembre al Museo Garda, sold out da giorni, il festival termina con le scuole di danza del territorio che si esibiscono sulle musiche del cd “Woland” di Barbiero, Manera e Sartoris. È un ulteriore esempio di riuscita contaminazione fra i linguaggi, secondo la concezione e i propositi del direttore artistico Massimo Barbiero.



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