Abeat Records – ABJZ 230 – 2021
Rita Marcotulli: pianoforte
Ares Tavolazzi: contrabbasso
Alfredo Golino: batteria
Rita Marcotulli ritrova due musicisti con cui ha collaborato nella sua lunga carriera, divisa fra il jazz, le colonne sonore e la partecipazione a gruppi di supporto di grandi nomi della canzone d’autore, da Pino Daniele a Gino Paoli. Per produrre l’album con tutti i crismi, i tre si sono rivolti a Stefano Amerio e al suo studio di registrazione a Cavalicco, una vera eccellenza italiana. La scelta ha sicuramente pagato. Il disco suona egregiamente, insomma. Nel cd sono presenti in maggioranza composizioni della Marcotulli, oltre a due prestiti dal repertorio internazionale, Lady Madonna dei Beatles e I Think it’s going to rain di Randy Newman, due omaggi allo stesso Pino Daniele, Napule è e Quando. Completa l’opera una ripresa del Romeo e Giulietta di Nino Rota dalla colonna sonora del film omonimo di Franco Zeffirelli. C’è una grande intensità melodica all’interno dei brani. La pianista fa cantare gli ottantotto tasti nel distendere i temi, poi ci lavora apportando cambiamenti nell’andamento, impreziosendone gli sviluppi con una serie di variazioni e di abbellimenti sempre orecchiabili, mai uscendo, cioè, da un determinato clichè, sagace nel realizzare musica ingegnosa, piacevole da sentire, caratterizzata da una semplicità ricercata. Ares Tavolazzi e Alfredo Golino garantiscono una spinta ritmica di rara forza ed efficacia. Intuiscono al volo le intenzioni della Marcotulli e ne anticipano le circonvoluzioni, pungolando l’incedere del pianoforte o stando a ruota con un accompagnamento proattivo e trainante. Negli assoli il bassista fa da contraltare alla band-leader per mezzo di interventi compositivi, ricchi di senso all’interno del discorso complessivo, timbricamente lussuosi. Golino padroneggia il linguaggio jazzistico, nella stessa maniera in cui conosce quello del rock. È valente, così, nel sottolineare con la batteria le nuances in alcune sequenze, o di esibire cadenze sostenute in modo vigoroso, ma raffinato, senza esagerare, cioè, nei toni e nel riempire fino al colmo gli spazi a sua disposizione. Fra le nove tracce si fanno raccomandare in particolare le interpretazioni delle canzoni di Pino Daniele. È tale la dimestichezza con i due pezzi dell’autore napoletano che la Marcotulli gioca a rimpiattino con i motivi, li nasconde e li svela, ne estrae tutta la grazia e l’incanto con un approccio molto sensibile e sentimentale, ben aiutata dai colpi assestati al posto giusto dalla batteria e dal fraseggio ripetitivo, avvolgente del basso. Ne viene fuori un tributo molto sentito, sobriamente accorato, alla figura di uno dei più originali cantautori italiani, scomparso nel 2015.
“Indaco Hanami”, in conclusione, è uno dei migliori dischi che ha inciso la pianista romana poiché contiene un jazz accessibile, ma non certo banale, eseguito da un trio ben assortito in grado di far risaltare gli originals o i classici del pop selezionati per l’occasione.
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