JAZU: Jazz from Japan. Recensioni. Yosuke Nagayama. Start

JAZU: Jazz from Japan. Recensioni. Yosuke Nagayama. Start

YNM – 0001 – 2021




Yosuke Nagayama: batteria

Noah McNeil: pianoforte

Yoshiki Yamada: contrabbasso





In questo lavoro d’esordio del batterista Yosuke Nagayama, il concetto di “inizio” può assumere forme diverse. In primis, rivela l’intenzione del batterista di affrancarsi dalla limitante cornice di sideman, che fino a questo momento lo aveva visto protagonista di molteplici e fruttuose collaborazioni sia in Giappone che negli Stati Uniti, per intraprendere un percorso da leader nel quale questa volta fosse la sua visione musicale a venire alla luce per muovere i suoi primi, liberi, passi. Un percorso artistico che, come in una fase gestatoria, ha portato la musica di Nagayama ad assorbire le molteplici influenze che venivano dall’esterno affinché potesse raggiungere una sua propria forma, unica e originale.


L’idea di “principio”, di “muoversi verso qualcosa” è anche dentro le sue composizioni perché capaci di offrire all’ascoltatore la sensazione di un meccanismo che inizia a girare piano fino a raggiungere un suo moto regolare.


È quello che avviene nella sua Start che prende avvio da alcuni accordi del pianoforte ai quali si unisce subito dopo la batteria a sostenere una melodia che con il suo ingresso completa il ciclo del tema principale: il tutto sembra voler tradurre in musica il lento e progressivo risveglio al mattino quando ciascuno di noi inizia una nuova giornata.


Le qualità compositive di Nagayama si confermano in Above The Clouds laddove la fantasia ritmica e l’impressionismo dei suoi tamburi sanno produrre pennellate sonore che ne denotano carisma e lucida visione d’insieme.


L’incedere di un vecchio orologio sembra invece aver ispirato The Message, brano di elegante fattura sostenuto dalla solida scansione ritmica del contrabbasso di Yamada e contrappuntato dalle malinconiche note di McNeil, firmatario della composizione.


New Job, allo stesso modo, poggia su un reiterato ingranaggio che sembra rompersi improvvisamente in alcuni punti creando delle sospensioni di tempo che si affacciano su abissi senza fondo.


Il tempo si arricchisce di improvvise accelerazioni nel tema di Flight la cui successiva modulazione swing affonda le proprie radici nella pulsazione ritmica più tradizionale del jazz; un concetto latente nella restante parte dei brani attraversati, come sono, da una attitudine moderna e sguardo curioso verso nuove aperture musicali che vanno intelligentemente e in maniera sottile ad impreziosire il tessuto musicale ordito dal leader.


Tra le pieghe delle composizioni di Nagayama, coerentemente supportate nelle intenzioni stilistiche dalla robusta King’s Road scritta da Yamada e dalle succitate The Message e Flight di McNeil, sembra aleggiare anche un’altra idea più ampia di inizio: un desiderio di ripartenza a cui il leader anela – come tutti noi colpiti indistintamente dallo stesso, subdolo, male – per lasciarsi dietro i recenti tempi bui, illuminandoli con una espressione artistica che rappresenta uno dei possibili slanci vitali.


Questo primo lavoro da leader riesce senza dubbio nell’intento di tracciare una palpabile e concreta immagine di quella che è l’identità musicale di Nagayama in qualità di uomo e musicista, rappresentandone – quasi a ribadirlo – il degno inizio di un prospero percorso artistico.


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