Foto: Martin Cervelli
Premio Città di Loano per la Musica Tradizionale Italiana 2022
Loano. 28/30.7.2022
Il Premio Loano, giunto alla diciottesima edizione, si svolge su tre giornate conservando le indovinate location già utilizzate nel 2021. Gli incontri pomeridiani si effettuano nel ridotto del giardino del Principe, mentre i concerti si spostano nell’attigua Piazza Italia, magnifica cornice per gli eventi serali.
Si comincia il pomeriggio del 28 luglio con un confronto, coordinato dal direttore artistico Jacopo Tomatis, fra il critico musicale Guido Festinese, il chitarrista Beppe Gambetta e il cantautore Matteo Leone. Festinese traccia una mappa ideale dei luoghi in cui si parla il dialetto genovese nelle sue varie declinazioni, in particolare il tabarchino, idioma utilizzato nelle isole di Carloforte e di S.Antioco, erede diretto del vernacolo che si parla sotto la Lanterna. Nel suo excursus storico il giornalista, dopo aver ripercorso la storia dell’infiltrazione della lingua ligure nel Mediterraneo, dal 1500 in avanti, trova agganci con l’opera di De Andrè, Creüza de Ma, un capolavoro assoluto che ha riportato in giusta luce la bellezza e l’efficacia del dialetto. Lo spalleggia, in questa circostanza, Gambetta che si esibisce in una esplicativa “Sinàn capudàn Pascià” (dall’album di Faber citato precedentemente), accompagnato dallo stesso Leone alla chitarra.
In serata apre la rassegna Davide Ambrogio, cantautore calabrese, cultore della tradizione orale del suo paese, Cataforìo, alle pendici dell’Aspromonte. Ambrogio, già vincitore del Premio Loano con il progetto Linguamadre nel 2020, è un multistrumentista e si esibisce, oltre che al canto, alla chitarra, alla zampogna, alla lira, al flauto etnico e al tamburello, non trascurando l’ausilio dell’elettronica. Il suo set è ricco di colori scuri e di pathos sotterraneo, ed esprime sentimenti spesso dolenti e una drammaticità di fondo, stemperata, a volte, nei brani più mossi, in qualche guizzo di disincantata ironia. Il concerto procede sulla linea del rigore e della coerenza interpretativa, per più di un’ora, superando, però, la barriera temporale concessa dagli organizzatori. Ambrogio, cioè, si fa un po’ prendere la mano dall’ansia di voler dire e dare tutto quello che può al pubblico loanese nello spazio a sua disposizione e anche oltre….
Entra in scena successivamente Matteo Leone, che utilizza il tabarchino per un repertorio originale tendente verso suoni lontani dalla tradizione. La sua voce si impasta sovente con il sound piuttosto spesso della band che ha alle spalle, fra l’altro, rendendo difficile la decodifica delle parole delle canzoni presentate. Complessivamente, in soldoni, si ascolta una musica marcatamente segnata da ritmi e cadenze rock-blues con testi in un dialetto derivato dal genovese. È questa la nuova via della musica tradizionale italiana? Il dibattito, su questo punto, è sicuramente aperto…..
Il venerdì Enrico De Angelis e Ciro De Rosa conversano con Fausta Vetere, premio alla carriera nel 2021. L’anno scorso, per motivi tecnici, non era stato possibile consegnarle il premio. La Vetere sollecitata dai suoi interlocutori, traccia la storia della Nuova compagnia di canto popolare con i suoi trionfi e i momenti di appannamento, dovuti anche alla diaspora avvenuta all’interno del gruppo. Ad ogni modo NCCP negli anni settanta-ottanta ha rappresentato una icona del folk-revival e, anche in seguito, si è posto come un ensemble precursore della world music, sempre con un’attenzione privilegiata per il lato artistico rispetto al fattore commerciale.
Alle 21 e 30 comincia lo spettacolo serale Alessia Tondo, già voce del Canzoniere Grecanico Salentino, premio giovani 2021 per il suo disco “Sita”. La cantante pugliese si accompagna con tamburo a cornice, chitarra e fa un uso discreto della loop station. Nel suo set la Tondo si rivela comunicativa, spigliata e ripercorre le tracce del suo cd, non solo, rivelando solarità di approccio ai suoni della sua terra, mutuati dalla sensibilità e dall’inventiva personali. Davvero un debutto autorevole e stuzzicante per l’artista leccese.
È il turno, subito dopo, di Fausta Vetere, anche alla chitarra, accompagnata dallo specialista delle sei corde Umberto Maisto. La Vetere si impegna in un programma a metà fra il repertorio popolare, con una serie di villanelle, e i grandi classici della canzone napoletana, da “Era de Maggio” a “Reginella”, resi con una grazia, una forza e un calore da autentica fuoriclasse. Non per niente Enrico De Angelis l’ha definita «una delle voci più belle che si possono ascoltare in Italia, oltre i generi comunemente intesi». Non si può che concordare con lui.
Il 30 luglio alle ore 18 spetta a Silvio Orlandi intrattenere gli spettatori parlando della sua esperienza musicale e, in particolare, della ghironda, strumento principe del folk revival piemontese dagli anni settanta in avanti.
Apre l’ultima serata, alle 21 e 30, Alessandro D’Alessandro all’organetto preparato, un mantice arricchito da oggetti vari, per presentare un programma basato per la maggior parte dai pezzi contenuti nel disco che ha vinto quest’anno il Premio Loano, “Canzoni”. D’Alessandro è padrone del suo strumento e del repertorio scelto e, aiutandosi con l’elettronica, passa con disinvoltura da “I giardini di marzo” a “Jamin-a”, lustrando i vari brani con un trattamento rispettoso e, comunque, piacevole. Il set si conclude con “Azzurro” su una base drum and bass non invasiva. Per l’organettista laziale il new traditional, evidentemente, transita anche dalla rilettura, con strumenti tipici del folk, di motivi che hanno fatto la storia della musica leggera italiana. Questo sottintende un altro angolo di visuale nei confronti del rinnovamento del folklore nostrano.
La rassegna finisce con il duo Mauro Durante, leader del Canzoniere Grecanico Salentino, a violino, voce, tamburello e Justin Adams, chitarrista inglese già collaboratore di Robert Plant. Nel set si ascolta della world music esclusivamente strumentale, qualche sequenza più vicina al campo d’azione abituale del musicista britannico, la pizzica, rinforzata dai suoni distorti della chitarra di Adams, e alcuni tentativi di far comunicare i rispettivi mondi espressivi. In questi casi si passa dal rock-blues alla taranta senza soluzione di continuità, ma pure senza una vera fusione dei due stili. Il momento migliore di un’esibizione con più ombre che luci è, in ogni modo, la riproposta di “Amara terra mia” di Modugno, restituita alla sua dignità di evergreen immortale.
Il pubblico partecipa numeroso a tutte le date e si lascia coinvolgere volentieri se sollecitato dai protagonisti sul palcoscenico.
Il titolo della rassegna è “Ritorno al futuro” e vuole rappresentare uno sguardo verso il domani con un richiamo deciso verso quello che è stato seminato nel passato. Ogni personaggio, direttamente o indirettamente, semplicemente con la musica, manifesta una posizione nel merito di questa problematica. Giova ripetere che la discussione su questo argomento rimane vivace, contrastante e assolutamente aperta.
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