Caligola Records – 2022
Francesco D’Auria: batteria, handpan, percussioni
Tino Tracanna: sax soprano
Umberto Petrin: pianoforte
Roberto Cecchetto: chitarra elettrica, electronics
Francesco D’Auria non è certamente fra i percussionisti italiani più conosciuti, eppure vanta collaborazioni prestigiose, con Gunter Sommer o Gianluigi Trovesi, ad esempio, anche se “Lunatics” è il primo album inciso esclusivamente a suo nome dopo una carriera ultra-trentennale. Per questa impresa il batterista ha voluto con sé tre musicisti con cui condivide l’estetica, a grandi linee, e con cui ha trovato modo di cooperare fruttuosamente nel corso degli anni. Mai scelta è stata più indovinata. Il quartetto si muove in perfetta sintonia, infatti, sviluppando i temi, per la maggior parte a firma del band-leader, secondo coordinate sinuose ed invitanti, dando impronta e lustro ai brani del cd. La pulsazione della batteria o dell’handpan, tamburo di ferro che si percuote con le mani, creano un ambiente sonoro discreto e avvolgente, in cui possono prendere forma e galleggiare le intuizioni dei partners, ben dentro il carattere allo stesso tempo giocoso e raffinato dei pezzi. I tre compagni di viaggio di D’Auria intervengono giocando letteralmente sui motivi, andando a intrufolarsi fra le loro pieghe, aggiungendo sottolineature eloquenti o moderati svolazzi, tenuti sotto controllo da un analogo sentire jazzistico. È, ad ogni modo, una proposta ricercata. Il divertimento in chi la produce e in chi la ascolta è su di un piano consistente, però, non certo epidermico.
Ai pezzi in cui suonano tutti, inoltre, si alternano tracce appannaggio del dialogo fra due strumenti, percussioni e pianoforte, o sassofono, oppure chitarra, e parentesi in solitaria, come It’s time to get up, vetrina per la batteria del leader della formazione.
È particolarmente efficace, ancora, il lavoro di Roberto Cecchetto, che distilla prima e rilascia in seguito le note della chitarra con un effetto-elastico espressivamente pregnante.
Il sax soprano di Tracanna connota parecchio il suono complessivo del gruppo e le sue sortite solistiche sono ogni volta ispirate e contrassegnate da un tono lieve, non contorto.
Umberto Petrin riesce a non pestare i piedi all’altro strumento armonico, la chitarra, stabilendo una sorta di tacito accordo per non invadere i rispettivi campi e si esalta soprattutto quando l’atmosfera si fa contagiosamente danzante come ne I sogni di Pietro. Si comprende quanto, soprattutto in questo periodo, il pianista ami determinate atmosfere cariche di ritmo e di movimento, come dimostra il recente disco dedicato alla dance degli Chic.
Francesco D’Auria si riserva il compito di inserirsi nel contesto senza far pesare eccessivamente la sua presenza. C’è, dirige le operazioni, e suona in punta di bacchetta. Non esce mai fuori dalle righe, insomma.
“Lunatics”, in conclusione, è un’opera fresca e piacevole, realizzata da quattro musicisti che sanno unire al meglio le voci e le idee a servizio di un progetto gradevole sì, ma non disimpegnato.
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