Quelli di Orsara Jazz. Una storia pugliese

Foto: La copertina del libro










Quelli di Orsara Jazz. Una storia pugliese

Pietre Vive Edizioni – 2022

Un piccolo paese di provincia, sicuramente periferico rispetto ai grandi centri della cultura nazionale. Un territorio animato da persone curiose e appassionate di musica. Una visione capace di unire tradizioni del jazz e la sperimentazione, attività didattiche e produzioni originali affidate a personalità importanti della scena musicale. Nel proprio percorso, sviluppato in oltre venticinque anni, Orsara Jazz ha saputo coniugare possibilità diverse, attraverso il jazz e le musiche di improvvisazione, attraverso intuizioni, resilienza, senso dell’ospitalità e impegno, e dare vita così ad un festival peculiare e, per certi aspetti, unico.


“Quelli di Orsara Jazz” è il volume con cui l’associazione “Orsara Musica” ha voluto ricostruire il percorso della rassegna, un percorso sviluppato senza interruzioni dal 1990 al 2016. Michele Ferrara, presidente dell’associazione, e il critico Sergio Pasquandrea hanno restituito nelle pagine del libro il senso di un’avventura collettiva. Nel testo si alternano, così, due prospettive: la visione dall’interno di Ferrara, “immerso” da sempre nelle vicende della rassegna e capace di riportare al lettore tutte le storie e le sfumature del territorio e dei suoi abitanti, e lo sguardo esterno di Pasquandrea che si è avvicinato al festival nel 2004, per instaurare poi negli anni un rapporto sempre più solido, offrono una proiezione stratificata, ricca di particolari e in grado di dare rilievo differente ai vari dettagli. Alle loro voci, si aggiungono poi gli interventi dei vari protagonisti di quest’avventura, per mezzo di interviste realizzate da Pasquandrea o di contributi autonomi inseriti nel testo: un modo per rendere ancora più tangibile ed evidente il senso del percorso comunitario costruito negli anni e per dare conto delle tante realtà associative, imprenditoriali e culturali nate intorno al festival, delle relazioni didattiche innescate da Orsara Jazz con i conservatori e con le istituzioni più rilevanti del panorama jazzistico internazionale. Il libro è poi completato da un vasto corredo fotografico, dalle riproduzioni dei manifesti delle singole edizioni e da una corposa selezione della rassegna stampa del festival.


Tra le caratteristiche più significative di “Quelli di Orsara Jazz” c’è l’idea di mettere il lettore a confronto con un percorso che parte dalla realtà di una provincia meridionale alla fine degli anni sessanta e arriva fino alla modernità. Le storie dei gruppi rock e dei circoli di ascolto attivi nel paese sono una chiave utile per connettere il territorio alla vicenda che ha poi portato sui palchi di Orsara musicisti come Archie Shepp, Jerry Bergonzi, Lee Konitz e Django Bates, che ha realizzato una quantità di produzioni originali affidate a musicisti come Bruno Tommaso, Pasquale Innarella e Alex von Schlippenbach, che ha fatto incontrare e convivere tra loro radici popolari, tradizioni del jazz ed avanguardie. Una dimensione trasversale dove, senza soluzione di continuità, si sono avvicendate le diverse anime del jazz. Una situazione dove poi è stato possibile portare l’esperienza didattica dei seminari con tantissimi giovani musicisti arrivati in primo luogo dalla Puglia e dall’Italia meridionale ma anche dal resto del paese e da altre nazioni: un punto di incontro e confronto naturale per i partecipanti ai corsi – che in molti casi sono rimasti legati ad Orsara, luogo delle prime “avventure musicali” fuori del proprio ambiente, e allo staff del festival – e, allo stesso tempo, una spinta naturale per far nascere nel paese un tessuto di accoglienza prima spontaneo e poi professionale per ricevere i vari studenti dei corsi. Senza dimenticare poi le reti tra realtà culturali nate in Puglia nel corso degli anni, reti di cui l’associazione “Orsara Musica” è stata protagonista e, in alcuni casi, promotrice.


Le vicende del jazz italiano hanno portato spesso alla ribalta luoghi e territori solitamente estranei ai circuiti più consolidati, luoghi che sono diventati ambiente e scenario di festival e rassegne riconosciute a livello internazionale, luoghi che si sono poi connotati con la definizione di posto “dove si suona il jazz”. E, come nel caso di Orsara, sono state molte le esperienze mosse dal lavoro di associazioni di appassionati del jazz che hanno iniziato il loro percorso con la voglia di condividere l’amore per la musica e con l’intenzione di portare nei propri luoghi di residenza o di origine i protagonisti dei loro ascolti casalinghi e dei concerti visti in altre città. Un lavoro realizzato per mezzo della somma di componenti diverse: passione e condivisione come dicevamo prima, dinamismo, spontaneità ed entusiasmo, un approccio pionieristico – persino garibaldino e incosciente, in alcuni casi, ma, nella maggior parte delle situazioni, rispettoso e partecipe delle necessità dei musicisti – in grado di superare difficoltà oggettive e storture burocratiche pur di portare concerti di livello assoluto in contesti non prevedibili. Una resilienza che può ben rappresentare una traduzione tutta italiana della pratica jazzistica dell’improvvisazione, applicata però alla realizzazione di un evento.


Una serie di percorsi probabilmente irripetibile nella concezione attuale della società e dell’organizzazione degli eventi, caratterizzata dalle connessioni immediate offerte dalla rete, dalla necessità di pianificazione e dal rispetto di convenzioni e ruoli decisamente più schematizzati. L’esercizio della conservazione della memoria attraverso pubblicazioni, archivi, documentazioni fotografiche e sonore diventa perciò ancor più fondamentale e centrale. “Quelli di Orsara Jazz” affronta il suo compito colorando il racconto con ironia e consapevolezza, con l’orgoglio e lo stupore per il percorso fatto. Un racconto collettivo scaturito da una sintesi calibrata tra i singoli punti di vista, un racconto che nella sua visione d’insieme tiene sempre presente la realtà del territorio e le sue, grandi e piccole, evoluzioni.



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