Vicenza – 14/16.5.2023
Foto: Vincenzo Fugaldi
Dedicato al ruolo delle donne nel jazz, come risultava chiaro dal titolo, ruolo che peraltro di anno in anno sta diventando sempre più di primo piano, il festival vicentino ha ancora una volta fatto centro per il gusto ricercato della programmazione, aperta anche come sempre al contributo delle giovani generazioni. Chi scrive ha seguito alcuni concerti del nutrito programma durante tre giornate dal 14 al 16 maggio.
La fortunata performance “Piano Solo Corpo Solo” di Simone Graziano e Claudia Caldarano prosegue le sue repliche, che di volta in volta si modellano in funzione degli spazi dove avvengono. E la splendida sala del Museo di Palazzo Chiericati ha accolto i due artisti, collocati alle due estremità, per una suggestiva versione del loro concerto per pianoforte e corpo, nella quale le belle musiche – di matrice a tratti minimalista – composte e improvvisate da Graziano (contenute nel suo cd Auand «Embracing The Future») interagiscono con le aderenze e i distacchi del corpo danzante dal parallelepipedo nero e lucido che fa da palcoscenico, da nascondiglio, da realtà cui confrontarsi, in un incontro toccante e suggestivo tra arti complementari.
Al Teatro Astra, la stessa sera, “Mali Blues”: Dimitri Grechi Espinoza all’alto, Gabrio Baldacci alla chitarra baritono e Andrea Beninati alla batteria e al violoncello, per una sorta di condensato in trio di una parte delle esperienze del Dinamitri Jazz Folklore, gruppo del quale facevano parte il sassofonista e il chitarrista. Il blues e la musica africana dunque, in una trascinante sintesi di ritmi del deserto e del Mali, fra composizioni originali e omaggi ad artisti come Bombino e Samba Touré, frutto delle esperienze sul campo vissute da Grechi Espinoza, profondo conoscitore di queste realtà musicali, nei festival africani. Puntualissima la chitarra-orchestra di Baldacci, e da lodare anche il lavoro del batterista, in alcuni brani anche al violoncello. Un trio che si spera incida presto.
Il ridotto del Teatro Comunale ha poi ospitato il trio della pianista greca Tania Giannouli, insieme ai connazionali Andreas Polyzogoupolos alla tromba e flicorno e Kyriakos Tapakis all’oud. Insieme hanno proposto buona parte delle musiche dell’ottimo disco pubblicato nel 2020 su etichetta Rattle («In Fading Light»). Formazione insolita, che propone una miscela di suoni che fanno convergere in una proposta solida e coerente tre diverse concezioni, accademica e improvvisativa quella della pianista, etnica quella di Tapakis e jazzistica e sperimentale quella del trombettista, tutti musicisti formidabili, in una temperie romantica e minimalista, venata di dolce malinconia ma non priva di guizzi ritmici ed estremamente godibile. La pianista ha recentemente pubblicato un’ottima prova in pianoforte solo per la medesima etichetta («Solo»), e ha in serbo altri interessantissimi progetti, tra cui un trio con Daniele Roccato e Michele Rabbia, denominato “Hemera”.
«S.H.A.M.A.N.E.S.» è il titolo del nono e più recente disco della musicista francese Anne Paceo, una delle più interessanti realtà della musica europea, un’artista aperta, cosmopolita, premiatissima e dalle molteplici progettualità. A Vicenza la batterista era con Christophe Panzani ai sax tenore, soprano ed elettronica, Gauthier Toux al piano elettrico e basso synth e Isabel Sörling al canto. In esclusiva italiana al festival vicentino, il gruppo, ispirato alle pratiche vocali sciamaniche di diverse parti del mondo, ha affascinato per la suggestiva mescolanza di elementi da diverse musiche, sempre con la voce femminile in primo piano, tra vocalizzi e manipolazioni elettroniche, in connubio con i dinamici sassofoni di Panzani e sulla forte base del pianoforte elettrico e del basso e ovviamente della formidabile batteria della leader, che si conferma una delle più importanti strumentiste europee, ottima compositrice che si richiama in questo progetto alle sue vaste esperienze musicali, lavorando con gusto anche sulla forma canzone, e con in più un tratto di gradevolissima simpatia nelle presentazioni.
Riascoltare in concerto il quartetto di Jan Garbarek (con Trilok Gurtu alle percussioni, Rainer Brüninghaus al pianoforte e piano elettrico e Yuri Daniel al basso elettrico) è sempre un’esperienza preziosa. Generosissimo come sempre, in due ore piene, nel Teatro Comunale stracolmo, il grande sassofonista norvegese, alternandosi al tenore, al soprano e a un flautino, ha suonato senza risparmiarsi, mostrando nella sua unica, peculiare sonorità e nel travolgente fraseggio di non accusare minimamente i segni dell’età. Gli altri componenti del quartetto hanno dato un contributo sostanziale all’ottima riuscita della serata, con il loro eccelso virtuosismo, che prevedeva anche spazio per un lungo assolo di ciascuno. Applausi prolungati e meritatissimi, bis di prammatica, per un concerto che confermava, se mai ce ne fosse bisogno, la validità del festival veneto diretto da Brazzale, ormai alla ventisettesima edizione.
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