Narcao Blues

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Narcao Blues




Conto alla rovescia per la trentatreesima edizione di Narcao Blues: da mercoledì (19 luglio) a sabato 22 si rinnova l’appuntamento con il più longevo festival blues in Sardegna, tappa immancabile dell’estate musicale nell’isola dei nuraghi. Una storia cominciata nel 1989 quella del festival che già dal nome rimarca il suo legame indissolubile con Narcao, il paese del Sulcis in cui è da sempre di casa insieme all’associazione culturale Progetto Evoluzione che lo organizza. John Mayall, Michael Coleman, Popa Chubby, Canned Heat, Mick Taylor, Eric Sardinas, Peter Green, Larry Carlton, James Cotton, Lucky Peterson, Otis Taylor, Eric Gales, Kris Barras, Robben Ford e Bill Evans: sono alcuni degli ospiti illustri che si sono affacciati nel corso degli anni sullo “storico” palco di piazza Europa. Un prestigioso elenco di artisti che si appresta ora a crescere e impreziosirsi con i protagonisti di questa edizione numero trentatré ai nastri di partenza: l’inglese Ben Poole, i francesi Lehmanns Brothers, le statunitensi Vanessa Collier, Joanna Connor, Nikki Hill e Carolyn Wonderland e i loro connazionali GA-20 e Sugaray Rayford. E ogni sera, al termine dei concerti sul palco centrale, ancora musica dal vivo nello spazio dopofestival in località Santa Croce; protagonisti alcuni nomi di primo piano della scena blues in Sardegna: Williboy Taxi e Vittorio Pitzalis, di scena mercoledì 19 e venerdì 21; Matteo Leone in trio giovedì 20 e da solo sabato 22.



A tagliare il nastro del trentatreesimo Narcao Blues, mercoledì 19 luglio alle 21:30, sarà il chitarrista e cantante inglese Ben Poole, considerato uno degli artisti rock, blues e soul più interessanti usciti dal Regno Unito negli ultimi tempi. Cresciuto immerso nella musica grazie all’influenza del padre, anch’egli musicista, da subito ha attirato l’attenzione con le sue esibizioni elettrizzanti: la rivista specializzata Total Guitar lo ha citato come uno dei chitarristi da tenere d’occhio nel 2010, e due anni dopo, come rappresentante del Regno Unito, ha ottenuto il terzo posto (su diciannove paesi partecipanti) all’European Blues Challenge a Berlino. Da allora in poi, il cammino professionale di Ben Poole ha preso sempre più slancio, portandolo al titolo di “Best Newcomer” della rivista Blues Matters! e al suo album di debutto nel 2012, Let’s Go Upstairs, che ha inaugurato una discografia cui si aggiungeranno altre uscite, nel corso degli anni, spesso registrate dal vivo, a testimonianza di un’intensa attività concertistica: Live at the Royal Albert Hall (2014), Time Has Come (2016), Anytime You Need Me (2018) Trio/// Live ’19 (2019) e Acoustic Duo Live (2021, insieme al bluesman olandese Guy Smeets).



Il secondo set della serata (ore 23) tingerà di rosa il palco di Piazza Europa: al centro della scena Vanessa Collier, sassofonista e cantante statunitense capace di performance appassionate e coinvolgenti in cui fonde funk, rock e blues, grazie alla sua voce soul e all’energia del suo strumento. Dopo una doppia laurea presso il prestigioso Berklee College of Music di Boston nel 2013, questa poliedrica artista ha ottenuto presto importanti riconoscimenti, fra cui tre Blues Music Awards, due come “Miglior musicista per uno strumento a fiato dell’anno” nel 2019 e 2020, e uno nel 2022 come “Migliore artista femminile di blues contemporaneo” (titolo cui ha avuto la nomination anche per questo 2023). Cinque gli album al suo attivo: Heart Soul & Saxophone (2014), Meeting My Shadow (2017), Honey Up (2018), Heart on the line (2020) e Live at Power Station (2022). Acclamata dal pubblico e elogiata dalla critica, Vanessa Collier incarna il volto nuovo della scena blues americana.



Tutta a stelle e strisce la seconda serata sotto il cielo di Narcao: il compito di aprirla, giovedì 20 luglio (sempre alle 21:30), spetterà ai GA-20, un dinamico trio che predilige quei territori sonori in cui blues tradizionale, country e rock ‘n’ roll si intersecano. “Facciamo dischi che vorremmo ascoltare”, dice Matt Stubbs, voce e chitarra che ha accompagnato per anni il bluesman Charlie Musselwhite e condiviso il palco con artisti del calibro di James Cotton e John Hammond: “È la nostra interpretazione del blues elettrico tradizionale basato sulle canzoni che amiamo”. GA-20 nasce a Boston nel 2018 quando Stubbs incontra Pat Faherty (voce e chitarra), e il loro amore comune per il blues elettrico tradizionale, il R&B e il rock ‘n’ roll li ha portati a scrivere, esibirsi e infine registrare la loro visione moderna di questa musica. I GA-20 hanno presto ottenuto un ampio successo di critica e pubblico con il loro album di debutto, Lonely Soul, nel 2019, ribadito dall’Ep Live Vol.1 con il nuovo batterista Tim Carman a bordo. Nel secondo album, Try It…You Might Like It!, del 2021, la band ha resuscitato e reinventato il blues di una leggenda di Chicago, Hound Dog Taylor; in Crackdown, dell’anno scorso, il trio ha invece sviluppato la linea delle precedenti uscite discografiche, dando vita a un blues che è allo stesso tempo tradizionale e piacevolmente moderno, trovando ispirazione ai margini del genere, dove il primo blues elettrico convergeva per la prima volta con il country e il rock ‘ n’ roll.



Dall’altra parte dell’Atlantico sbarca a Narcao anche il secondo protagonista della serata di giovedì, Sugaray Rayford, una delle voci soul blues più rappresentative della scena musicale statunitense, come certificano anche gli allori nella sua bacheca: una nomination ai Grammy per il suo album del 2020 Somebody Save Me, con cui ha vinto due tra i più importanti riconoscimenti ai Blues Music Awards, quelli di B.B. King Entertainer e Soul Blues Artist of The Year (quest’ultimo ottenuto per due anni consecutivi), e il più recente titolo di “Soul Blues Album of the Year 2023” ai Blues Music Awards per il suo ultimo disco, In Too Deep. Nato in Texas nel 1969, Caron “Sugaray” Rayford ha iniziato la sua carriera musicale all’età di sette anni cantando e suonando la batteria in chiesa, e l’influenza del gospel si può ascoltare nella sua musica. Il suo percorso artistico è iniziato nell’area di San Diego, dove ha cantato come voce solista in un gruppo R&B/Funk, gli Urban Gypsys, e poi con la blues band Aunt Kizzy’z Boyz. Ma è col trasferimento a Los Angeles che la sua carriera da solista ha iniziato a fiorire. Nel 2011, Sugaray è uno dei cantanti principali dei Mannish Boys, nelle cui fila è voce solista in nove canzoni del cd Double Dynamite, miglior album blues tradizionale nel 2013 ai Blues Music Awards. Accolto dal plauso della critica, Blind Alley inaugura nel 2010 la serie di album da solista, cui seguiranno negli anni successivi Dangerous (2013), Southside (2015), The World That We Live In (2017) e i già ricordati Somebody Save Me (2020) e In Too Deep: un disco che combinando melodie soul classiche con groove R&B e funky, blues e sensibilità moderne, affronta questioni come i diritti civili e la giustizia sociale.



Serata tutta americana anche venerdì 21, ma in questo caso dalla dominante rosa: a salire per prima sul palco (come sempre alle 21.30) sarà la chitarrista e cantante Joanna Connor, classe 1962, nata a Brooklyn, cresciuta a Worcester, nel Massachusetts, ed esponente di primo piano della scena blues di Chicago, dove si è trasferita nel 1984. Nella città del vento è entrata presto a far parte della 43rd Street Blues Band di Dion Payton e ha condiviso il palco con artisti come Buddy Guy, Junior Wells, Otis Rush, Sammy Lawhorn, Pinetop Perkins, Hubert Sumlin, Magic Slim, Son Seals, Lonnie Brooks, Koko Taylor, prima di dare vita, nel 1988, al suo primo gruppo. Mettendo in mostra le sue doti chitarristiche e vocali nelle sue esibizioni settimanali al Kingston Mines di Chicago, ha catturato l’attenzione della Blind Pig Records che nel 1990 ha pubblicato il suo album di debutto, Believe It. I riconoscimenti nazionali e internazionali da parte della stampa si sono tradotti per Joanna Connor e la sua band in un decennio di tournée mondiali, una dozzina di registrazioni, un documentario sulla televisione tedesca WDR, una moltitudine di apparizioni televisive e radiofoniche, e occasioni di condividere il palco con nomi del blues, del rock e del jazz del calibro di Luther Allison, BB King, Screaming Jay Hawkins, Robben Ford, Danny Gatton, Robert Cray, Jimmy Page, ZZ Top, Joe Cocker, Etta James, tra gli altri. Due residenze di oltre quindici anni alla House of Blues e al Kingston Mines hanno affinato ulteriormente le sue doti chitarristiche e vocali e attirato l’attenzione di musicisti affermati come Joe Bonamassa, che le ha offerto di produrre 4801 South Indiana, album che esce nel febbraio del 2021 con un grande successo di critica e il primo posto nella classifica di Billboard nella categoria blues. È invece fresco di stampa il suo ultimo disco, Best of me, pubblicato lo scorso 9 giugno, dove Joanna Connor è alla testa di una formazione di giovani musicisti, The Wrecking Crew ‘23, che la affiancheranno anche nel suo impegno a Narcao.



Ancora un’artista dalla verve coinvolgente al centro della scena per il secondo concerto in scaletta venerdì: intorno alle 23 riflettori puntati su Nikki Hill, cantante dalla voce distintiva e dalle energiche performance dal vivo. Originaria di Durham, nella Carolina del Nord, sin dall’infanzia ha cantato nel coro gospel della chiesa, ma ha coltivato anche un amore per vari generi musicali, come il R&B, il soul, il pop e l’hip-hop. Crescendo ha affinato il suo orecchio musicale per il garage rock, il rock’n’roll, il blues. Questa varietà di influenze musicali ha dato vita in lei a un fecondo mix che ha gradualmente applicato alla sua voce. Dopo aver pubblicato e prodotto da sola il suo album di debutto, Here’s Nikki Hill, del 2013, ha proseguito il suo slancio con il secondo disco, Heavy Hearts Hard Fists, del 2015, seguito da una tournée mondiale con più di trenta festival, tra cui quelli jazz di Montreux e Monterey, conquistando apprezzamenti per l’energia esplosiva delle sue esibizioni e per la sua abilità di portare nuova vita alle canzoni. Autoprodotto nel 2018, Feline Roots è il terzo album di Nikki Hill, che a Narcao sarà affiancata sul palco da Matt Hill e Laura Chavez alle chitarre, Nick Gaitan al basso e Marty Dodson alla batteria.



Sarà l’esplosiva miscela sonora dei francesi Lehmanns Brothers, ad aprire (alle 21:30) la quarta e ultima serata del festival, sabato 22. Il gruppo lega il suo nome all’Avenue Lehmann, la strada nella città di Angoulême dove, nel 2012, cinque studenti liceali si ritrovavano in un piccolo garage per condividere la comune passione per la musica afroamericana. Influenzati da artisti come Prince, Ghost-Note e D’Angelo, quei ragazzi rivisitano a modo loro il jazz-funk degli anni ’70, instillandoci variazioni provenienti da hip-hop, house e new soul. Niente cover, però: con tre EP all’attivo, propongono nei loro concerti solo brani originali, composti dai membri fondatori della band, il tastierista e cantante Julien Anglade, il chitarrista Alvin Amaizo e il bassista Clement Jourdan. Ad accompagnarli Dorris Biayenda alla batteria e alle percussioni, Jordan Soivin al trombone e Jonas Muel al sax tenore. Difficile non lasciarsi catturare dal loro repertorio che trasforma ogni performance in un’irresistibile groove-machine. Non è per caso che i Lehmanns Brothers abbiano aperto i concerti di artisti internazionali come Maceo Parker, Fred Wesley e il Wu-Tang Clan, prima di essere selezionati tra circa settecento formazioni per esibirsi a Montreux nel 2017 e poi ai festival Blues-sur-Seine e Jazzahead in Germania. Si tratta principalmente di una live band, che gira molto in Francia ma anche oltre i confini – Belgio, Germania, Spagna, Italia, Inghilterra – e con un seguito di pubblico in crescita pure dall’altra parte dell’Atlantico, in particolare grazie all’ultimo singolo, Rain.



Alle 23, il compito di calare il sipario su un’edizione di Narcao Blues caratterizzata da tante protagoniste femminili nel cast del festival, spetterà all’americana Carolyn Wonderland. Nata a Houston nel 1972, questa cantante, cantautrice e polistrumentista ha mosso da giovanissima, a quindici anni, i primi passi della carriera nei club della sua città prima di formare The Imperial Monkeys, il gruppo con cui ha iniziato ad affermarsi tra pubblico e critica, registrando una manciata di album, tra cui Groove Milk del 1993 e Bursting with Flavor del 1997, e andando in tour con B.B. King, Johnny Winter, Buddy Guy, gli Allman Brothers, Delbert McClinton e Buddy Miles. Guidando The Imperial Monkeys in diverse incarnazioni, gira gli Stati Uniti prima di sciogliere il gruppo quando si trasferisce ad Austin, nel 1999. Dopo essersi affermata sulla scena della capitale texana, nel 2001 ha pubblicato un paio di album, Drink the Rain in collaborazione con la cantautrice Rebecca Cole, e il suo Alcohol & Salvation, seguiti nel 2003 da Bloodless Revolution in cui fonde blues, R&B e roots rock in accattivanti brani originali, riscuotendo consensi e ascolti. Dopo cinque anni di intense tournée, residenze nei club e partecipazioni a registrazioni di altri artisti, Carolyn Wonderland ha pubblicato nel 2008 Bloodless Revolution, nel 2011 Peace Meal, e nel 2015 Live Texas Trio. Reduce da una lunga tournée negli Stati Uniti, in Europa e in Asia, nel 2018 viene convocata da John Mayall per diventare la chitarrista principale dei suoi Bluesbreakers, prima e unica donna nei sessantacinque anni di attività della band a ricoprire quel ruolo che in precedenza era stato di autentici mostri sacri come Eric Clapton, Mick Taylor, Peter Green, Coco Montoya e Walter Trout. Tra le tappe più recenti dell’intensa carriera di Carolyn Wonderland l’album Tempting Fate, del 2021, per la prestigiosa etichetta Alligator Records.



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