Camerino – 1/2.7.2023
Foto: Fabio Ciminiera
Nella ricorrenza dei trent’anni dalla scomparsa di Massimo Urbani, il testimone tra le generazioni del jazz italiano immaginato da Paolo Piangiarelli rinforza le sue coordinate e la sua valenza. Il Premio Internazionale Massimo Urbani offre da sempre la possibilità di un confronto per i giovani concorrenti con musicisti diversi per età, intenzioni ed esperienze e diventa così un fattore di crescita nel loro percorso artistico, tanto più che in molti casi si tratta di un debutto al di fuori dai contesti da loro solitamente frequentati. Se l’approccio al concorso, con la sua dimensione competitiva, porta tutti i concorrenti a dare il meglio di sé, è l’atmosfera generale a dare la connotazione forse più importante al Premio: nelle serate di Camerino, prevale da sempre la voglia di incontrarsi e di stabilire a quale punto ci si trovi effettivamente, la possibilità per i giovani musicisti di confrontarsi con una ritmica esperta come quella formata da Alessandro Lanzoni, Gabriele Pesaresi e Massimo Manzi e di poter incontrare e ascoltare Francesco Cafiso, quest’anno Presidente della Giuria, o lo stesso Lanzoni, già vincitori negli anni passati del premio, l’intenzione di trovare, al di là della gara, in maniera naturale convergenze espressive con gli altri concorrenti.
Massimo Urbani continua a rappresentare una sintesi geniale e perfetta tra tradizione e spinte verso le avanguardie, un riferimento per i giovani jazzisti nella ricerca e nell’esplorazione del talento musicale. Il tratto con cui questo legame passa nelle edizioni più recenti del Premio è la condivisione tra i partecipanti: una condivisione che attenua l’eventuale – e, per certi aspetti, inevitabile – amarezza di un risultato di rincalzo con il senso dell’esperienza compiuta.
Vincitore del concorso è stato il sassofonista Lorenzo Simoni che si aggiudica il Premio Paolo Piangiarelli, consistente nella registrazione di un disco a proprio nome. Al secondo posto, il vibrafonista Vitantonio Gasparro che conquista anche il Premio della Critica e quello del pubblico. Al terzo posto, un ex aequo tra il sassofonista Igor Sendorov e il chitarrista Gianmarco Ferri.
La formula ormai consolidata prevede l’esibizione dei finalisti nella prima serata. Ogni musicista sceglie ed interpreta con la ritmica residente due brani dal grande repertorio della letteratura jazzistica: dieci esibizioni che hanno manifestato, in generale, una sicura padronanza di linguaggio da parte di tutti i concorrenti e la personalità già spiccata e matura di alcuni di loro – come, ad esempio, Simoni e Gasparro – che hanno saputo mettere nelle performance un carattere più marcato e peculiare. Come si accennava sopra, la tendenza di questi ultimi anni riscontra in ogni caso un buon livello di esecuzione nella massima parte dei casi, frutto della frequenza di conservatori e scuole di musica di alto profilo che danno ai musicisti i necessari fondamentali di partenza e un approccio sempre più professionale al palco.
Nella compagine dei concorrenti, inoltre, spicca quest’anno la presenza di ben due vibrafonisti – Marco Ullstein e il già citato Gasparro – che hanno riportato così nel concorso dopo diversi anni uno strumento che sta tornando in auge negli ultimi anni con interpreti diversi per visioni stilistiche, sia nel panorama italiano che internazionale.
L’atmosfera di condivisione torna poi anche nella seconda giornata del Premio quando i concorrenti vengono invitati sul palco della Rocca Borgesca dal quartetto guidato da Maurizio Urbani. Una vera e propria festa a suon di standards, dove vengono meno anche le eventuali tensioni della gara, condotta dal sassofonista con la chiara intenzione di mettere a proprio agio ogni interprete, di spronarlo ad esprimersi in maniera naturale e di favorire, in sostanza, la ricerca di un interplay da costruire all’istante con gli altri solisti e con la ritmica.
L’ultimo appuntamento del Premio Internazionale Massimo Urbani è l’incontro musicale tra Francesco Cafiso, Alessandro Lanzoni, Gabriele Pesaresi e Massimo Manzi. I quattro musicisti hanno dato vita ad un concerto andato ben oltre le caratteristiche di un dialogo estemporaneo per la scelta delle prospettive sonore, per l’intenzione con cui si sono misurati con i brani scelti, per la capacità di interagire in maniera creativa e naturalmente per le qualità dei singoli interpreti. Un quartetto che ha saputo cogliere anche le possibilità espressive del pianoforte elettrico e le linee stilistiche presenti nei brani di Thelonious Monk portati nel programma della serata.
Segui jazz Convention su Twitter: @jazzconvention