Modern Art Trio

Franco D’Andrea: pianoforte, piano elettrico, sassofono soprano
Bruno Tommaso: contrabbasso
Franco Tonani: batteria, tromba, fischietto

Gleam Records – 2023

Viene ristampato per la quarta volta l’unico disco inciso dal Modern Art Trio, un gruppo che ha fatto epoca e che ha indubbiamente segnato la storia del jazz italiano. D’Andrea e i suoi partners, all’alba degli anni settanta, erano giovani, pieni di idee e di fermenti, avevano adeguate esperienze di ascolto, dal bop al jazz modale, dalle avanguardie afroamericane alla contemporanea del novecento. Il proposito, più o meno dichiarato, era quello di fondere le acquisizioni della musica eurocolta con il jazz. L’album, ascoltato oggi, a più di cinquant’anni dalla sua registrazione non ha perso lo smalto di un tempo, conservando freschezza e buona sostanza. D’Andrea suona il pianoforte tenendo conto del solismo torrenziale di Cecil Taylor, caposcuola del genere free, ma smussandone gli angoli, costruendo un linguaggio personale, plasmato sulla musica seriale e su altri esempi della tradizione jazzistica, antecedenti la stagione della new thing, non perdendo, perciò, di vista il senso dello swing. Bruno Tommaso è reduce dalle collaborazioni con Schiaffini-Schiano e la scena romana più avanzata. È facile per lui entrare all’interno di questo trio sperimentale, con i piedi ben piantati per terra. Il contrabbassista esibisce un accompagnamento dentro e fuori della tradizione, sfoderando sciabolate di archetto stridenti o concordanti e un pizzicato secco o polposo, decisamente efficace. Franco Tonani è energico e pulsante alla batteria. Suona con lo sguardo rivolto a un modello come Elvin Jones o riferendosi al drummin’ di Billy Higgins, partner abituali di Coltrane e di Ornette, il gotha dell’avanguardia jazzistica degli anni sessanta. C’è ancora da aggiungere che D’Andrea, nel cd, interviene, oltre che con il piano elettrico, anche con il sax soprano, rivelando una tecnica non disprezzabile, mentre Tonani gli risponde con una tromba dal timbro ruvido. È un tributo alla moda del tempo. Il polistrumentismo tirava forte alla fine dei sixties. Si pensi solo ad Ornette Coleman, per citare l’esempio più eclatante o ai membri dell'”Art Ensemble of Chicago”.

Per un disco di una tale levatura è, quindi, meritoria l’opera di restauro delle matrici originali compiuta dalla Gleam Records. A questo proposito, Fabio Ciminiera ha intervistato Angelo Mastronardi, patron della casa discografica.

Jazz Convention: Come è nata l’idea di riproporre un disco così importante all’interno del vostro catalogo?
Angelo Mastronardi: Ho una mia personale storia di studio ed interesse verso quest’opera e nell’autunno del 2022 si è presentata l’occasione di conoscere Franco D’Andrea. Ero in procinto di produrre Alberto Forino, un pianista di Brescia, e parlando di musica ed ascolti è uscito fuori il nostro comune interesse per la musica di Franco di cui Alberto è stato anche allievo. È andata così. Alberto lo ha incontrato ad un suo concerto e gli ha annunciato della sua imminente uscita con noi. Franco entusiasta gli ha riferito di conoscere GleAM e che gli avrebbe fatto piacere scriverci o sentirci al telefono e così è stato. Da quel momento sono trascorse un paio di settimane e poi una mattina mi squilla il telefono. Non ti nascondo che non potevo crederci che all’altro capo del telefono ci fosse lui. Ero piuttosto emozionato e spiazzato da tanta semplicità ed umiltà. Una splendida chiacchierata di musica sui dischi del Jazz della prima ora, sugli Hot Five di Louis Armostrong e sulla coincidenza di un nostro recente ri-ascolto, “The Blues and the Abstract Truth” di Oliver Nelson. Gli ho poi raccontato del mio amore per i suoi dischi e del mio approfondimento sul Modern Art Trio di cui avevo anche trascritto diversa roba al piano per una ricerca sul Serialismo nel Jazz e gli ho presentato un po’ la nostra realtà discografica. Lui mi ha incoraggiato a proseguire sulla mia strada dicendomi che apprezzava molto quanto andavo producendo, in particolare con Alberto Forino e in precedenza con il sassofonista Daniele Nasi (successivamente vincitore del Premio Gaslini e premiato da Franco in persona). Insomma, un po’ preso da quella conversazione inaspettata non ho pensato a progetti concreti e ci siamo salutati. Chiusa la telefonata e viste le vibrazioni positive che mi aveva lasciato ho pensato a questa idea di far collimare il mio interesse principalmente musicale con un’operazione concreta di ristampa e gli ho subito scritto una mail. Lui era felicissimo dell’idea, visto il rapporto speciale che ha con questo suo primo disco, e così è nato tutto.

JC: E come si è sviluppato poi in pratica il lavoro che ha portato alla pubblicazione?
AM: Avendo fin a quel momento prodotto solo dischi appena registrati, per prima cosa abbiamo dovuto capire che tipo di autorizzazioni fossero necessarie, contattare l’editore e cose di questo genere. Compreso questo e visto che non si trovava la matrice originale dell’album, siamo andati a caccia di una copia intonsa della prima stampa del vinile per procedere ad una acquisizione su nastro partendo da lì. Le ricerche andavano avanti invano da un mesetto tra collezionisti e musicisti, quando mi contatta l’editore dicendomi di aver trovato il nastro. Di lì la situazione si è sbrogliata abbastanza velocemente. Ho affidato il lavoro di restauro e remastering al nostro stabile collaboratore e fonico Jeremy Loucas che segue una buona parte dei mix e mastering del nostro catalogo nello Studio B di Sear Sound a New York. Abbiamo lavorato senza darci una precisa deadline. Prima di tutto bisognava passare al microscopio la musica e togliere per quanto possibile ogni segno del tempo presente sul nastro restituendo un’immagine sonora quanto più fedele possibile all’originale. A luglio, dopo sei mesi di lavoro, abbiamo chiuso il master e potuto programmare l’uscita per il 10 novembre del 2023.

JC: Già qualche anno fa c’era stata una ripubblicazione di Modern Art Trio. Quali sono gli aspetti e i punti di forza che, secondo te, caratterizzano questa nuova riedizione?
AM: Credo che in qualche modo siano in linea per la volontà di operare in un’ottica filologica sul materiale senza snaturarlo. Chiaramente avendo noi operato sul nastro, la qualità audio di partenza è superiore come potenziale ma anche maggiormente piena di cose da analizzare e ripulire. La precedente ristampa è partita da una copia in ottime condizioni del vinile, riversata e restaurata però in digitale ad una risoluzione funzionale alla stampa.
In definitiva, credo che la nostra ristampa abbia conservato il sound originale, in linea con la prima stampa e con l’ultima ristampa ma avendo rispetto a quest’ultima uno spettro dinamico più ampio e questo ce lo confermano le osservazioni di audiofili e persone che hanno acquistato la copia e le recensioni ricevute dai giornalisti. La maggior parte di questi appassionati posseggono la prima stampa e poi tutte le successive tre ristampe e hanno avuto la possibilità di riascoltare effettuando un paragone diretto.

JC: Nel catalogo GleAM Records c’è una grande attenzione ai lavori di molti giovani musicisti: la pubblicazione di Modern Art Trio innesca diversi spunti di riflessione sulle connessioni tra le diverse generazioni del jazz italiano. Quindi in primo luogo, quali sono state le reazioni dei musicisti che gravitano intorno all’etichetta alla notizia di questa iniziativa?
AM: Con la maggior parte degli artisti che abbiamo prodotto si è instaurato un bel rapporto di condivisione che prescinde dagli individualismi. In qualche modo loro sanno che sono un entusiasta e che quello che faccio per spingere la loro musica lo faccio con la stessa gioia ed entusiasmo per ogni produzione e quindi quando esce un nuovo artista spesso mi scrivono e mi incoraggiano. Anche in questo caso e vista la rilevanza dell’operazione è stato bello ricevere numerosi messaggi ed attestati di stima. Peraltro quasi tutti i più giovani nel nostro roster conoscevano Modern Art Trio prima di questa ristampa.

JC: Modern Art Trio resta il documento importante di un periodo storico: quanto ha ancora da insegnare ai giovani musicisti? Quanto materiale eventualmente può diventare spunto creativo e punto di partenza per nuovi progetti da parte di musicisti emergenti?
AM: Il jazz contemporaneo in Italia segue diverse direttrici ma per coloro che inseguono un tipo di ricerca di carattere più spiccatamente lessicale e maggiormente rivolta al ripensamento e alla de-strutturazione delle forme questo disco è un esempio di coraggio e forte volontà di cercare la libertà organizzando la musica intorno a nuovi parametri. Penso al pianista Alberto Forino che partendo da concezioni vicine alle aree intervallari di Franco, si è costruito i suoi piccoli sistemi di organizzazione dei suoni per comporre e sviluppare estemporaneamente la sua musica nel suo album “Tiny Toys”.

JC: Quanto e, soprattutto, in che cosa è diverso il lavoro che c’è dietro un nuovo disco da realizzare oggi e un disco realizzato oltre 50 anni fa?
AM: Oggi forse in ragione dei mezzi a disposizione si tende ad un perfezionismo che prima era appannaggio solo delle grosse produzioni. La musica viene in qualche modo realizzata sapendo di poter ottenere un ottimo suono con delle riprese professionali, con il mix e con il mastering, il tutto con costi abbastanza accessibili. Questo perfezionismo oggi però si estende anche ai contenuti musicali in sé poiché spesso gli artisti sapendo di poter correggere un’imperfezione lo fanno sia perché sveltisce i processi sia perchè accettano meno di buon grado di lasciare un’esitazione o qualcosa che, pur nella verità del momento, viene percepita come debole e quindi inaccettabile. Quando riascolto lavori registrati 50 anni fa, spesso riscontro errori, esitazioni a cui spesso ci si affeziona e che si accettano come parte di quella urgenza espressiva che rende l’artista umano ed in lotta con i propri limiti per esprimersi. Chiaramente allora i costi di registrazione sul nastro e le spese da sostenere per le giornate in studio non permettevano da un lato grandi correzioni e forse non era nemmeno tanto contemplate al di fuori dei veri e propri errori sulle parti scritte. Facevi prima a risuonare. Il discorso è ampio e include anche il peso che oggi gli artisti danno al lavoro di gruppo per collaudare bene i progetti musicali attraverso le prove prima di entrare in studio, dove bisognerebbe entrare come direbbe un mio vecchio insegnante “già studiati” (ride – N.d.R.).

JC: E, in maniera analoga, in che cosa è diverso il lavoro che c’è dietro un nuovo disco da realizzare oggi e la riedizione di un lavoro di oltre cinquanta anni fa?
AM: Il confronto tra disco nuovo e ristampa è piuttosto impari poiché nel caso di un disco preesistente se ne deve accettare la totalità per forza di cose in vista della scelta di farne una riedizione. Le motivazioni devono essere forti in rapporto all’interesse personale del produttore verso una certa musica e poi credo vadano fatte considerazioni di rilevanza storica e non ultime, viste le spese di stampa, di reale necessità e domanda sul mercato e questo lo si può solo fare conoscendo i propri fruitori. Il disco nuovo è pensabile nella sua totalità e quindi sommando le motivazioni personali e le considerazioni commerciali con tutto quanto riguarda le fasi di progettazione precedenti e successive alla registrazione per altro senza sapere se tutto questo darà un esito sperato poiché non c’è la rilevanza consolidata dell’opera storicizzata. Un disco nuovo spesso non dà i risultati sperati anche se lo registra un nome affermato. Strano a dirsi ma è così. Questo anche perché coloro i quali dispongono di impianti d’ascolto professionali o semi-professionali rappresentano i maggiori acquirenti di copie fisiche e sono tendenzialmente fruitori nostalgici concentrati sul collezionismo e su questa o quella epoca d’oro del Jazz nel loro punto di vista.

JC: Immagino che sia difficile rispondere a una domanda simile per tutta una serie di questioni pratiche e artistiche ma ci saranno altre iniziative del genere?
AM: Certo! Ce ne sono già in programma per il 2024 insieme a prime stampe di nastri inediti del passato registrate spesso durante concerti da appassionati che ci contattano per proporci quelle che a volte sono delle vere e proprie perle nascoste. Non voglio anticipare nulla ma quest’anno ne ascolterete di belle.