Il Torino Jazz Festival 2024, con la direzione artistica di Stefano Zenni, è un progetto della Città di Torino realizzato dalla Fondazione per la Cultura Torino con il sostegno del Ministero della Cultura e di Fondazione CRT, Main Partner Intesa Sanpaolo e Iren, con il contributo di ANCoS e Confartigianato Imprese Torino e in collaborazione con Turismo Torino e Provincia.
Il Festival, giunto alla dodicesima edizione, si svolgerà dal 20 al 30 aprile e si presenta come una delle più ricche di sempre, una carrellata di eventi in cui si susseguono grandi concerti sui palchi e nei club, conferenze, presentazioni di libri, proiezioni cinematografiche, marching band e molto altro ancora.
Per il Sindaco di Torino Stefano Lo Russo «Il Torino Jazz Festival, giunto alla sua dodicesima edizione, ha registrato in questi anni un crescente successo confermandosi come una tra le più riuscite iniziative culturali della Città, grazie alla sua capacità di diffondersi sul territorio, coinvolgendo tutta la comunità e conquistando il calore e l’affetto del pubblico. Anche quest’anno l’offerta di eventi in cartellone è ricchissima e di elevata qualità artistica, con un’attenzione particolare per i più giovani, con eventi speciali e biglietti al prezzo simbolico di 1 euro per invitarli a scoprire la magia della musica dal vivo, e un grande concerto per celebrare la Festa della Liberazione. Siamo pronti a dare il via a questa nuova edizione e ringraziamo gli artisti, lo staff del Festival e la direzione artistica per il grande lavoro che la rende possibile.»
Il programma del “main”, non avrà un’unica sede ma sarà diffuso sul territorio. Ospiteranno i concerti: il Teatro Regio, il Piccolo Regio, il Teatro Vittoria, Hiroshima Mon Amour, il Teatro Alfieri, il Teatro Monterosa, il Teatro Colosseo, la Casa Teatro Ragazzi e Giovani, il Bunker, l’Auditorium Giovanni Agnelli e la Sala 500 del Lingotto, il CAP 10100. Il Torino Jazz Festival 2024 celebra Duke Ellington, a 50 anni dalla scomparsa, e il ritorno in città di John Zorn dopo molti anni di assenza. TJF 2024 si apre alle tante forme del jazz: accoglie i grandi musicisti che celebrano la tradizione più alta e vitale, lascia spazio alle ibridazioni con i generi più disparati – dal rap all’elettronica, dal soul al folk, dalla classica al rock – che da tempo ravvivano la parola “jazz” in senso autenticamente contemporaneo, invita alla scoperta di artisti ancora poco conosciuti, promuove la creazione di musica che si avvia verso un nuovo pubblico, festeggia la gioia di ritrovare i maestri che sanno rinnovarsi.
«Un festival oltre le categorie, come direbbe Ellington – sottolinea il direttore artistico Stefano Zenni – ma anche oltre i confini (non solo geografici), dove le persone si ritrovano nel nome di una musica – il jazz – nata per celebrare una comunità libera.»
Nuove produzioni ed esclusive, dai musicisti emergenti alle grandi figure della scena mondiale, tra i quali Dave Holland, Christian McBride, Gonzalo Rubalcaba, John Zorn e Roscoe Mitchell, Paolo Fresu, Fatoumata Diawara, Mats Gustafsson, Steve Lehman, Marta Warelis, Sakina Abdou, Alexander Hawkins, Matthew Wright, Roberto Gatto, Francesco Bearzatti e tanti altri.
Alle nuove generazioni è dedicata un’attenzione particolare. Nell’ambito del progetto Torino Futura, il TJF accoglierà gruppi di studenti delle scuole secondarie superiori, che potranno conoscere i meccanismi di un grande evento dal vivo, negli aspetti sia organizzativi sia artistici. E avvicinarsi alla magia del jazz con biglietti a portata delle loro tasche, perché per gli under 14 i biglietti del Festival hanno il costo simbolico di 1 euro.
Il programma abbraccia quest’anno anche la celebrazione della Festa della Liberazione, il 25 aprile, con uno speciale concerto della cantante maliana Fatoumata Diawara, e come sempre non manca di omaggiare il 30 aprile, “Giornata Internazionale del Jazz” Unesco, con eventi speciali.
Le giornate di sabato 20 e domenica 21 aprile saranno dedicate ad anteprime del Torino Jazz Festival con vari appuntamenti. Sabato 20 aprile la JST Jazz Parade, accompagnata dall’animazione Lindy Hop a cura de “La Bicicleta”, si esibirà nei quartieri e nel centro cittadino per far rivivere la tradizione delle band itineranti. Partenza dal mercato di Porta Palazzo con tappa in piazza Palazzo di Città per l’inaugurazione della mostra Suspended Groove, a cura del Collettivo Fotografi Jazz Torino e dedicata alle passate edizioni del Torino Jazz Festival. Al termine, tappa alle Gallerie d’Italia – Torino in Piazza San Carlo.
Sempre sabato 20 aprile, inaugura la mostra dei fotografi Patrizio Gianquintieri e Massimo Novo dal titolo Teranga… Mon Amour. Souvenirs du Sénégal. La mostra è la sintesi di un viaggio a Saint Louis, antica città alla foce del fiume Senegal, per assistere al Jazz Festival. Domenica 21 aprile si rinnova la collaborazione con il Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, con il concerto di Valeria Sturba con il suo set onirico e colorato, dove pizzica corde, spinge pulsanti, gira manopole, aggiunge o moltiplica suoni, crea piccoli mondi paralleli in cui voci soavi si confondono con theremin e canzoni dolci e malinconiche sprofondano in abissi di noise.
Particolare rilievo assume la collaborazione tra il Museo del Cinema e il Torino Jazz Festival, riannodando i fili che legano il cinema e la musica jazz. Saranno proiettati tre documentari, realizzati dal 2010 al 2022 da Mathieu Amalric su John Zorn, intraprendendo con lui un viaggio musicale senza fine. Ma la collaborazione tra il Museo del Cinema e il TJF si inserisce ancora di più nel ricco programma di concerti, partecipando all’omaggio a Duke Ellington con la proiezione di tre film la cui colonna sonora è stata curata dal maestro, tra i quali Paris Blues di Martin Ritt. Il terzo appuntamento è dedicato all’incontro straordinario tra Franco Maresco e Steve Lacy che suona i brani del Duca. Nel 1999, in occasione del centenario della nascita di Ellington, Franco Maresco commissionò a Steve Lacy l’esecuzione di dieci brani del Duca, che vennero registrati e filmati a Palermo. Oggi, a vent’anni dalla morte di Lacy e a cinquanta da quella di Ellington, quel materiale inedito riemerge dall’archivio del grande regista siciliano.
Ad aprire i concerti del “main”, lunedì 22 aprile, al Teatro Alfieri (ore 21), Dave Holland con Kevin Eubanks e Eric Harland. Gruppo perfetto, con maestri indiscussi del proprio strumento. Il jazz sapientemente dosato nel concerto da questo power trio ci riporta al Dave Holland degli esordi, quello che veniva chiamato da Miles Davis a suonare in capolavori assoluti del jazz-rock come In a Silent Way e Bitches Brew, prima di avviare una importante carriera solista in qualità di gigante del contrabbasso, compositore e didatta. Martedì 23 aprile, al Teatro Colosseo (ore 21), Christian McBride. Otto volte vincitore di Grammy, contrabbassista, compositore e bandleader Christian McBride da qualche anno è anche il direttore artistico dello storico Newport Jazz Festival Nei suoi primi anni di attività ha lavorato al fianco di leggende del jazz come Freddie Hubbard o Benny Golson. Mercoledì 24 aprile, Gonzalo Rubalcaba Trio. (Teatro Colosseo, ore 21) Rubalcaba oggi è uno dei pianisti jazz più celebrati al mondo. La carriera, iniziata alla fine degli anni Ottanta grazie a mentori quali Dizzy Gillespie e Charlie Haden, è costellata di premi e riconoscimenti. A Torino Rubalcaba suonerà con due storici collaboratori, il bassista Matt Brewer e il talentuoso batterista cubano Ernesto Simpson, per un concerto che coniuga groove latino e passione jazz. Prima del concerto consegna della borsa di studio voluta da AICS Torino APS “Memorial Sergio Ramella” a un studente del terzo anno del Dipartimento Jazz del Conservatorio di Torino
Giovedì 25 aprile In mattinata alle 11.30, al Teatro Vittoria, la pianista Marta Warelis. Warelis è certamente debitrice degli insegnamenti di maestri come Cecil Taylor ma si dimostra capace di esprimersi in maniera personale, ora con foga ora con delicatezza, preparando il pianoforte con sonorità inconsuete e suggestive. Alle 18, a Hiroshima Mon Amour, Sélébéyone, gruppo in cui spicca la figura di Steve Lehman. Sélébéyone è una parola wolof che si può tradurre con il termine “intersezione”. Combinando insieme jazz sperimentale e liriche rap, sia in inglese sia in wolof (idioma parlato tra Senegal, Gambia e Mauritania), Sélébéyone non si limita a un superficiale lavoro di unione tra linguaggi ma trova nuove strade per le diverse qualità ritmiche armoniche e melodiche dei generi, fondendo l’improvvisazione del jazz contemporaneo con l’immediatezza contagiosa dell’hip hop. Il risultato è un discorso che esplora nel profondo misticismo e spiritualità attraverso la lente della musica sperimentale.
Alle 21, al Teatro Regio, nell’ambito del calendario delle celebrazioni istituzionali per l’anno 2024, promosse dalla Città di Torino, dal Comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte, con Fondazione Polo del ‘900 e Fondazione per la Cultura Torino, il festival si unirà alle celebrazioni con il concerto della cantante Fatoumata Diawara, in uno spettacolo idealmente dedicato alla gioventù resistente e in particolar modo a Dante di Nanni, a ottant’anni dalla morte. La presenza di Fatoumata Diawara vuole ricordare la centralità della musica d’oggi nell’esaltazione dei valori storici e attuali della Resistenza. La grande cantante del Mali, paladina dei diritti delle donne, maestra nella fusione di stili e suggestioni senza confini, chiuderà la giornata di appuntamenti per l’Anniversario della Liberazione in un clima di festa, danza e comunione sociale, aperto a tutta la cittadinanza. L’artista porta in tour un concerto largamente basato sul suo ultimo disco London Ko, con il quale reinventa la musica africana tradizionale, unendo le proprie radici mandinka a suggestioni afrofuturistiche e a influenze afrobeat, jazz e pop. Spiega Diawara: «Per me, London Ko significa aprire la mente» e si inventa uno spazio e un tempo alternativi dove la musica diventa messaggio di speranza, di gioia di vivere, di umanità. Il concerto è a ingresso gratuito, con prenotazione obbligatoria dal 17 aprile (ore 10) sul sito www.torinojazzfestival.it
Venerdì 26 aprile, doppio appuntamento, alle 18, al Piccolo Regio, produzione originale, Alexander Hawkins/Matthew Wright con “Suite Duke”. Un concerto frutto di una commissione del TJF ad Hawkins che non ha mai fatto mistero di considerare Ellington come un’influenza fondamentale: un suo disco del 1929, Saturday Night Function, è uno dei suoi primi ricordi infantili musicali. Non è una novità per Hawkins affrontare brani di Duke Ellington, ma è la prima volta che gli dedica un intero concerto. Il programma entra nel mondo sonoro di Ellington, ne scompone i temi, elabora escursioni elettroniche, interagisce con l’immagine, proponendo al pubblico rarissime fotografie anni Sessanta della band del Duca. Hawkins è considerato il “futuro” del pianoforte jazz europeo, a suo agio con musicisti del calibro di Anthony Braxton, Shabaka Hutchings e con le icone del jazz africano di stanza a Londra Louis Moholo-Moholo e Mulatu Astatke. Matthew Wright è un compositore, produttore e un sound designer inglese che lavora in ambito elettronico, con il teatro e con la danza. Alle 22, al Bunker, Ghost Horse. Ghost Horse si autodefinisce come «un ecosistema oscuro e misterioso che digerisce, scompone e ricombina elementi di free jazz, hip hop, blues e loop music su un ricco humus di poliritmie latine e africane». Il risultato è affascinante e velatamente minaccioso: «qualcosa che pulsa con le forze viscerali della natura quando riprende possesso di strutture abbandonate». Il gruppo è l’espansione di Hobby Horse, trio avant-jazz che negli ultimi dieci anni si è imposto sulla scena italiana più creativa. Sabato 27 aprile, alle 11.30 e alle 16.00, a Casa Teatro Ragazzi e Giovani, Sakina Abdou. La ricordiamo lo scorso anno con la Red Desert Orchestra di Eve Risser. Flautista e sassofonista francese, negli ultimi anni il suo talento è esploso con tante collaborazioni diverse ma è soprattutto la dimensione del concerto “in solitudine” che le ha portato il riconoscimento internazionale. Il concerto torinese è imperniato sul disco Goodbye Ground registrato con un apparecchio casalingo e senza ausili dell’elettronica. Un lavoro quasi artigianale, proposto per pochi ascoltatori raccolti intorno alla sassofonista, in un dialogo intimo che esalta il suo suono possente ed emozionante. Alle 18.00, al CAP 10100, Down Bit Duke, “Omaggio Fantascientifico a Duke Ellington”, con un trio guidato da Francesco Bearzatti, uno dei musicisti più creativi del jazz italiano ed europeo. Anatomy of a Murder (1959) è uno dei dischi più importanti del Duke Ellington anni Cinquanta, colonna sonora dell’omonimo film di Otto Preminger e tra le prime partiture affidate da Hollywood a un musicista jazz. Down Bit Duke offre una rilettura distopica della musica del film di Preminger, che peraltro suona ancora oggi fresca. ll trio trasforma, smonta e ricompone il lavoro di Ellington in ottica contemporanea. Anche se l’ascoltatore può riconoscere spezzoni del soundtrack originale, il trio utilizza frammenti di quel repertorio come campioni per realizzare dei beat: proprio come succede nel processo creativo della musica hip hop. Alle 21, al Teatro Monterosa, Roberto Gatto, omaggia la musica di Tony Williams. Tony Williams fece il suo folgorante esordio nel 1963, appena diciassettenne, nel leggendario quintetto di Miles Davis e rimase con lui durante la svolta elettrica di fine Sessanta. A vent’anni incise Lifetime con un giovanissimo John McLaughlin; un lavoro che anticipò formazioni storiche del jazz-rock come Weather Report e Mahavishnu Orchestra. Per Roberto Gatto, il batterista italiano jazz più noto al mondo, lavorare su Williams rappresenta una sfida: «lui è stato uno dei miei punti di riferimento, un innovatore, ma soprattutto un magnifico band leader e compositore. Incarna quanto di più completo è accaduto nella scena del jazz a partire dagli anni Sessanta. Non è stato solo uno dei più originali e influenti batteristi della storia del jazz, ma un raffinato compositore e un visionario leader, una figura poliedrica».
Doppio appuntamento con due maestri assoluti dell’improvvisazione, domenica 28 aprile. Alle 18, in Sala 500, Lingotto, in anteprima il duo Roscoe Mitchell/Michele Rabbia. Un concerto nel segno dell’improvvisazione e della creatività. Roscoe Mitchell, tra i fondatori della AACM (Association for the Advancement of Creative Musicians), è uno dei musicisti che pur avendo fatto la storia del jazz si mantiene su livelli altissimi di creatività artistica anche nel nuovo millennio. Condivide con lui il palco il torinese di nascita Michele Rabbia, da anni considerato uno dei percussionisti più creativi in Europa. Alle 21, all’Auditorium Giovanni Agnelli, Lingotto, una coproduzione con Jazz is Dead in esclusiva TJF, John Zorn- New Masada Quartet. Compositore, musicista e produttore, Zorn è un’istituzione della musica americana che dal jazz all’improvvisazione radicale, dal punk hardcore al doom metal, dal klezmer al lounge, alla classica contemporanea, ha dato vita a una produzione imponente e controversa, difficilmente assimilabile in categorie accademiche. Il suo più recente ensemble è il New Masada Quartet, che vede la stretta unione di altri virtuosi affini per intenti artistici. Il talento emergente della chitarrista Julian Lage, dallo stile caldo ma intricato, il basso di Jorge Roeder e il veterano di mille imprese sonore Kenny Wollesen, con Zorn da oltre trent’anni, contribuiscono a portare l’esplosiva performance dei New Masada a un nuovo livello artistico ed emotivo. Nelle parole di Zorn essa è brulicante di interazioni «telepatiche». Lunedì 29 aprile, alle 21, al Teatro Colosseo, in collaborazione con Associazione Carlo U. Rossi, il Premio Carlo U. Rossi. L’Associazione promuove il premio a lui dedicato, primo riconoscimento in Italia alla produzione artistica. Parallelamente, ogni anno, istituisce una borsa di studio per un master di alta specializzazione in produzione musicale. L’edizione del premio 2024 è ospite del TJF. Presentati da Rocco Papaleo partecipano Caparezza, Nina Zilli, Meg, Blue Supernova, Negrita, il Quartetto di Emanuele Cisi e altri prestigiosi ospiti a sorpresa. Alle 22, al Bunker,The End featuring Mats Gustafsson. Tutti i componenti del gruppo hanno una lunga esperienza in ensemble di musica creativa operanti nei paesi dell’area scandinava. Mats Gustafsson, ad esempio, è il possente sassofonista e leader della notissima Fire! Orchestra. The End nasce nel 2018 con l’intento di convogliare tante modalità creative diverse in un nuovo esplosivo gruppo. A Gustafsson si affianca un altro sassofonista scandinavo di area free di rilievo come Kjetil Møster. Completano la formazione la cantante di origine etiope Sofia Jernberg e due solisti con esperienze in collettivi creativi come Ultralyd o Cloroform. I musicisti di The End dipingono la propria musica come «poetica e brutale». Grande chiusura per il TJF, martedì 30 aprile, Giornata Internazionale Unesco del Jazz. Il Festival termina con un doppio appuntamento: alle 18, a Casa Teatro Ragazzi e Giovani, Eric Mingus & Silvia Bolognesi. Gil Scott-Heron, scrittore, musicista, compositore ed attivista afroamericano, è l’ispirazione che muove il progetto della formazione “Is that Jazz?” diretta da Silvia Bolognesi, bassista e compositrice di spregiudicata creatività. L’organico del gruppo (il cui nome è ripreso da un noto brano di Scott-Heron) spinge la realizzazione musicale verso uno spirito free-disco-funk. Il progetto si avvale della straordinaria partecipazione di Eric Mingus, figlio d’arte, sicuramente uno degli interpreti più autentici del repertorio di Scott-Heron. Alle 21, all’Auditorium Giovanni Agnelli, produzione originale del festival, Paolo Fresu Quintet con Torino Jazz Orchestra e la direzione e gli arrangiamenti di Paolo Silvestri “Repens”. Il Quintetto di Paolo Fresu taglia il traguardo dei quarant’anni, formato dagli stessi musicisti che lo hanno creato nel 1984. Un anniversario da record! Repens allude all’improvvisazione in senso musicale e come stile di vita. Il gruppo – spiega Fresu – ha superato «gli ostacoli dei quattro decenni trascorsi assieme e vive il presente con lo slancio di sempre». Per celebrare la ricorrenza Stefano Zenni ha chiesto a Paolo Silvestri di elaborare, a partire dalle musiche ancora inedite di Repens, una partitura da affidare al quintetto e alla Torino Jazz Orchestra. Silvestri racconta così l’ambizioso lavoro: «Con la scrittura vorrei ricostruire in maniera dettagliata molte parti nate dall’improvvisazione, ma vorrei anche che l’orchestra avesse una sua personalità, un suo mondo sonoro indipendente dal quintetto. Nello stesso tempo vorrei mantenere il più possibile gli spazi per l’improvvisazione solistica e collettiva ».
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