Rino Adamo: violino, elettronica, voci
Claudio Riggio: chitarra, elettronica, voci
My Lab – 2024
Rino Adamo, dopo alcune opere incise in solitudine, torna a confrontarsi con altri partners, in questo caso con Claudio Riggio, già incrociato in precedenza nell’album “Episteme of a dream” in cui compariva pure il compianto pianista Alessandro Giachero. Il violinista prosegue, così, nel suo percorso creativo, privo di concessioni al gusto prevalente, alle tendenze attuali. Non per niente il suo album si chiama “Ad agio”, vale a dire: secondo la comodità, l’opportunità del momento, oppure, leggendo i due termini uniti, adagio, piano e senza fretta. Il titolo è un vero manifesto programmatico che prefigura un modo di procedere in maniera rilassata e privo della necessità di concludere presto il compito. Tutto il contrario di quanto richiedono i ritmi della vita moderna, insomma…Adamo lavora coerentemente, infatti, alla sua ricerca, ostinata e controcorrente, di un ambiente sonoro particolare e inconsueto, spinto dall’idea di realizzare un qualcosa di personale, frutto di studio, di applicazione e di estro estemporaneo, nei tempi dovuti o voluti. Il musicista lucano, giova precisarlo, non ha alcuna intenzione di uniformarsi alle mode correnti. Lo ripete, forte e chiaro, ogni volta che viene interpellato sull’argomento.
Colpisce, nel disco, la continua indagine delle possibilità timbriche del violino, supportato, eventualmente dall’elettronica, nell’interfaccia con una chitarra che scompone e ricompone suoni e fraseggi, con le corde sfregate, o semplicemente pizzicate e fatte vibrare, per produrre un controcanto in uno stile che, complessivamente, può far pensare ad un Derek Bailey meno estremo, però. Il dialogo fra i due musicisti, poi, raffigura scenari in una certa maniera claustrofobici, da cui si dipartono interventi portati a chiarire o a complicare il discorso, con sciabolate e strappate secche, o con l’esposizione di note lunghe inquiete e significanti, da parte del violino archettato, a cui risponde Riggio con arpeggi accorti e costruttivi della chitarra o con colpi isolati della sei corde, provvisti di un’eco estesa. A tutto ciò si aggiungono sequenze rumoristiche segnate da effetti elettronici, elaborate in concerto dalla coppia. Non ci sono, cioè, veri e propri temi, nelle tredici tracce, e neppure autentiche variazioni, secondo quanto si definisce comunemente. Si procede a vista, con un continuo rimpallo fra le due voci, che si manifestano, si intersecano, si dividono per ritornare circolarmente a riprendere da capo “il gioco”
“Ad agio”, in conclusione, è un album rigoroso, che testimonia un altro passaggio del cammino di ricerca di due musicisti alieni ai compromessi e alle esigenze del cosiddetto mercato, capaci di seguire soltanto la linea maestra della loro ispirazione artistica.
Segui Jazz Convention su X: @jazzconvention