Cellino Attanasio – 13.7.2024
Foto: Fabio Ciminiera
Un festival nel festival: Abbazie Jazz Rave è stato il percorso disegnato da Carlo Michini direttore artistico di Abbazie Jazz Festival con sette appuntamenti programmati nella giornata di sabato 13 luglio nel borgo di Cellino Attanasio, alternando grandi veterani e giovani emergenti, progetti trasversali e marching band.
Si parte con i tre concerti del Teatro Santo Spirito, un ambiente raccolto e dall’acustica vivida, ottimo per creare una dimensione intima con gli ascoltatori: il quartetto Apeiron, che ha suonato prima del mio arrivo; il duo formato da Valeria Mancini e Mattia Parissi, vincitori del concorso Abbazie Jazz Contest lo scorso anno; il quartetto del sassofonista Daniele Malvisi che ha presentato “Io sono un albero” lavoro pubblicato per Alfa Music lo scorso anno. Metamorfosi è il nome dato dal duo dato al percorso che presto approderà su disco e che rivela una maturazione creativa e coerente con quanto mostrato l’anno scorso nell’esibizione offerta durante il concorso. Il filo delle melodie e del racconto si sviluppa su un discorso armonico complesso, capace di unire una visione intellettuale e cantabilità nelle diverse brani proposti dal duo, in massima parte temi originali a cui si aggiungono standard come Skylark o capolavori della canzone d’autore italiana come Anima di Pino Daniele. Un duo molto connesso e ben equilibrato, un duo in cui le varie anime si intrecciano con una buona visione di insieme e già pronto, quindi, per costruire i suoi prossimi passi. Nella musica pensata per il suo quartetto, Daniele Malvisi costruisce un modern mainstream solido, virato in molti frangenti su traiettorie modali, con una ritmica formata da Francesco Zampini alla chitarra, Francesco Pierotti al contrabbasso e Dario Rossi alla batteria, musicisti giovani ma già apprezzati in svariati contesti sia come leader che come sidemen e, soprattutto, capaci di rispondere alle diverse direzioni tracciate dalle composizioni firmate dal sassofonista.
McCoy Tyner è al centro invece del primo concerto sul palco principale, quello della Terrazza del Belvedere. Un all star quintet formato da musicisti esperti, veterani della scena jazz internazionale come Avery Sharpe, Ronnie Burrage, Chico Freeman e Steve Turre che hanno fatto parte delle formazioni guidate dal pianista statunitense. Insieme ad Antonio Faraò al pianoforte, hanno attraversato un repertorio di brani firmati da Tyner o ispirati alla sua figura musicale con precisione e aderenza: i brani vengono suonati con energia fluida e una visione sempre centrata, i cinque musicisti trovano in maniera naturale, secondo una maestria rivelata durante la loro carriera, le soluzioni per incastrare il rispetto per McCoy Tyner, le peculiarità caratteristiche del loro stile e le necessità del dialogo musicale ed interpretare così un repertorio importante, un repertorio che affonda le radici nella musica di John Coltrane per svilupparsi con la direzione musicale di una delle personalità di maggior peso nella storia del jazz.
La visione espressiva e alla curiosità onnivora di Claudio Filippini superano da sempre i confini più stretti dei generi musicali. A fianco di diversi progetti più canonici come ad esempio il consolidato piano trio con Luca Bulgarelli e Marcello Di Leonardo o quello formato insieme a Palle Daniellson e Olavi Louhivouri ascoltato in “Facing North” e “Breathing in Unison”, il pianista ha sempre condotto una ricerca musicale pensata per trovare punti di connessione tra linguaggi diversi sia con la scrittura che con la ripresa di atmosfere e di brani di altri autori. Filippismo riflette in maniera convinta e matura l’approccio del pianista con una line up formata da pianoforte, le tastiere di Gianluca Di Ienno, le tastiere e i vari strumenti utilizzati da Filippo Bubbico, basso e batteria: le combinazioni timbriche costruite da pianoforte e tastiere, le possibilità ritmiche offerte da un batterista come Olavi Louhivouri, amplificate poi dal lavoro al basso di Federico Malaman, e soprattutto le tante opzioni che nascono dalla produzione e dagli incroci tra i generi e i linguaggi musicali aprono ad ogni nota, ad ogni passaggio, nuove strade per una formazione in costante evoluzione che si muove senza pregiudizi di sorta nei suoi esperimenti musicali.
La Mo Better Band è senz’altro una delle marching band più esperte e solide del panorama italiano. I loro interventi hanno fatto da collante ai diversi momenti dell’Abbazie Jazz Rave con una miscela di funk e groove, con le coreografie tipiche delle loro esibizioni, con l’energia di una musica intrinsecamente propulsiva e divertente e la grande connessione maturata nel corso degli anni dai componenti della formazione.
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