Stefano Zeni – Avalon Songs

Stefano Zeni: violino
Bruno Marini: sassofono baritono
Marco Arienti: contrabbasso
Alberto Olivieri: batteria

Caligola Records – 2023

Stefano Zeni è certamente un virtuoso del suo strumento e sappiamo quanto sia complesso l’approccio del violino e le sue possibilità di esistenza all’interno del jazz. Con indomita intelligenza nasce l’idea di questo nuovo progetto. Al contrario dei due album precedenti a suo nome, Passaggi circolari del 2011 e Parallel Paths del 2018, identificati da una proposta che guardava, da una parte al genere fusion, e dall’altra alle sonorità più elettroniche in duo con Salvoldelli, questo progetto si permea del jazz in senso più definito.

Otto tracce scritte da tutti e quattro i componenti e registrato «in studio come un live, in presa diretta, senza ritocchi o rifacimenti» come ricorda il sito dell’etichetta Caligola Records. Gauvain si apre con uno swing coinvolgente e delinea già le coordinate dell’intero album: il timbro squillante del violino che tende a sdoppiarsi, il fraseggio veloce capace di evoluzioni portentose e in sottofondo il contrabbasso e la batteria che riecheggiano, dialogano, contribuiscono a formare un sostrato, un humus fertile, per le evoluzioni di Zeni e di Marini che si appropria dei suoi spazi con un timbro morbido e intenso.

Agravain è caratterizzato dal tema di Zeni che usa il pizzicato ottenendo una propulsione che conversa perfettamente con il contrabbasso. L’intelligenza di tutti i componenti si manifesta in un uso oculato delle pause, ricordando quasi la lezione del pianista Ahmad Jamal, si cerca cioè la possibilità di offrire uno spazio ad ogni musicista, una tranquillità espositiva che permette ad ogni strumento di “prendersi il proprio tempo”.

Lancelot du Lac cita Astor Piazzola e il suo Libertango divertendosi a giocare con il famoso tema inizialmente e poi elaborandolo a piacimento.

Perceval attira su di se tutto il fascino della ballad suonata come ultimo brano in un jazz club fumoso. Ancora una volta sono le pause che strutturano il brano e il timbro caratteristico del sassofono di Marini.

Bohort de Ganis e Kay sono ammantate di un sapore modale e sprigionano una forte libertà insistendo sulle variazioni ritmiche di contrabbasso e batteria.

Il progetto è incantevole, inaspettato, trova la sua ragion d’essere nel rivolgere lo sguardo al passato ma con gli occhi di uno spirito e un afflato contemporaneo.


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