Giuseppe Venezia – I’ve been waiting for you

Giuseppe Venezia: contrabbasso
Fabrizio Bosso: tromba
Attilio Troiano: sax tenore, flauto
Bruno Montrone: pianoforte
Pasquale Fiore: batteria

 

Anni cinquanta, una session infuocata: no, non è un ritorno al passato ma un passato che rivive di presente, moderno e attuale. È il jazz di Giuseppe Venezia, un hard bop o post bop che sia, aggiornato, calorico, pulsante di vita e passione. E cosa c’è di più chiaro se non intitolare il brano più infuocato del disco Messaggeri, chiaro, crediamo, riferimento ai gruppi di Art Blakey e al suo jazz al fulmicotone, poliritmico, afro e incessantemente dinamico. E qui il duo d’attacco formato da Bosso e Troiano corre a perdifiato spinto dalla triade ritmica formata da Bruno Montrone, Giuseppe Venezia e Pasquale Fiore. L’apertura iniziale di Prelude To a Message, ci aveva ingannato con l’eloquio in solitudine di Venezia al contrabbasso. Pareva essere un’introduzione serena e ponderata a un disco di jazz pacato e dalle medie dinamiche. E invece ecco che la tromba di Bosso squarcia il cielo, come un Buddy Bolden che ulula alla luna, affiancata dal tenore aggressivo del bravo Troiano, che da un saggio della sua perizia anche al flauto in I’ve been waiting for you, e dal scudisciate alla batteria di Pasquale Fiore. Venezia ha scritto tutti e sette i brani che compongono questo suo esordio discografico. Il suo jazz, come si diceva ha matrici nel bop e hard bop, ma la scrittura è fresca nei toni e semplice e lineare nell’esposizione (Just a Line from the Past), anche negli assolo dei musicisti. Il contrabbassista ha cucito i pezzi addosso ai suoi musicisti sfruttando appieno le loro caratteristiche. Song For Gerald, per esempio, è un saggio di iterazione tra fiati e sezione ritmica con Montrone che lega e rilancia, sicuro e padrone dei suoi mezzi. Charlie Parker fa capolino nell’indiavolata Blue Bird. Bosso è li che vola a velocità supersonica affiancato dal sax non meno efficace di Troiano. Si respira aria di bebop senza avere la sensazione di un sapore retrò ma di gustare un piatto della tradizione rinnovato nei suoi ingredienti. I’ve been waiting for you, disco di buon jazz, piacevole e ben suonato, termina con The Shortest Story, una ballad che infonde serenità, un racconto sussurrato e liricizzato dalle note sommesse di flauto e tromba.

 


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