Claudio Fasoli: sax tenore, sax soprano
Simone Massaron: chitarra elettrica, effetti
Tito Mangialajo Rantzer: contrabbasso
Stefano Grasso: batteria, percussioni
Abeat Records – 2024
«La luce è una cosa che non può essere riprodotta ma deve essere rappresentata attraverso un’altra cosa, attraverso il colore…» (Paul Cézanne). Claudio Fasoli, a differenza di Cezanne, non ha il pennello ma il sassofono, non ha il colore ma il suono che gli serve per riprodurre nell’etere la luce. Hazard è un disco che sfida l’oscurità, tagliente, a tratti prorompente, minimale, essenziale, che non concede nulla allo spettacolo perchè è esso stesso spettacolo, arte e illuminazione. Il cammino identitario e programmatico intrapreso con i dischi Next e Ambush ha trovato un’ulteriore conferma evolutiva con Hasard. La forma del quartetto, le caratteristiche dei musicisti, la loro diversità culturale e musicale portano Fasoli alla giusta rappresentazione delle idee musicali in questo momento della sua carriera. Idee che da anni si trasformano, cambiano aspetto e struttura, perchè conseguono un unico fine: la perfezione dei dettagli e l’essenza dei contenuti. Dunque, in Hasard si riconoscono tali requisiti ma ne vengono fuori degli altri che sono il frutto di una totale apertura verso l’esterno, verso monadi che, attratte, veleggiano attorno al jazz ma la cui natura è fatta di particelle rock e avanguardistiche. E’ in questo gioco d’attrazione che si staglia la figura di Massaron, lucido e geniale chitarrista, funambolico musicista perennemente sospeso sui taglienti confini dell’avanguardia. Quella di Fasoli è una musica emozionale, dove a volte preferisce la brevità per esprimere quello che sente, una brevità sostanziosa, carica di contenuti, dal timbro riconoscibilissimo, e dalla perdurante presenza di cellule ritmiche in sottofondo. Il meccanicismo dei quattro musicisti è perfetto: la vascolarità cardiaca di Mangialajo Rantzer garantisce linfa continua alla corporalità del gruppo, reso attivo e vitale dalla precisione ritmica di Grasso, dalle suggestive armonizzazioni di Massaron e dagli interventi precisi, circoscritti e mai ridondanti del sax di Fasoli. Per tutta la durata del cd, si ascolta una musica mai uguale a se stessa, costruita su micro cellule che si sviluppano lungo il cammino creativo, non legate al tempo ma in perenne disputa con i silenzi e i vuoti da colmareLa chitarra plumbea e profonda di Massaron dà vita al primo brano del disco intitolato Trio; di contrasto Fasoli con il soprano affianca la chitarra e pronuncia le sue note al sopraggiungere della sezione ritmica. Il resto del brano rimane nelle dita di Massaron. In Rit invece sono il sax e il contrabbasso ad aprire la scena preparando la venuta della chitarra e il ritorno solipsistico del sax. Quest’ultimo si ripete obliquo in Pet infuocando le polveri di basso e batteria. La chitarra tagliente di Massaron incide l’aria, sospinta dalla marzialità della batteria e dal ruvido archetto del contrabbasso. Un inizio morriconiano che subito si stempera con le note orientaleggianti del soprano di Fasoli. La sua è una musica sinuosa che condiziona interamente l’incedere di Rada: siamo un pò oltre la metà del disco, e il “canto” questa volta è affidato al contrabbasso che in Claud, dopo aver sostenuto l’imperiosità del sax di Fasoli, si prende la scena e i dettami tematici del brano. KWWK viene aperto da una batteria umorale che da sponda alla chitarra spigolosa di Massaron. Poes invece è un distillato poetico di sax e chitarra. Vigneti improvvisi recupera e ricompone la scena dialogica tra basso e batteria e tra sax e chitarra. A Des Bains viene affidata la chiusura di Hasard, una ballad ispirata che va oltre l’etereo astrattismo per farsi pura poesia: sono lame di suoni che squarciano le tenebre e cacciano via il buio, per sempre.
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