Slideshow. Luisiana Lorusso.

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Slideshow. Luisiana Lorusso.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo puoi parlarci del tuo nuovo lavoro discografico?


Luisiana Lorusso: Upwards è un concept album. Quando ho cominciato a pensare al mio primo disco, inteso come il primo lavoro interamente ideato e condotto da me, ho sentito subito la responsabilità di realizzare qualcosa che mi rappresentasse e che nello stesso tempo provasse a tenere in sé quelle caratteristiche che a me piacciono tanto dell’arte in genere e della musica in particolare: le capacità di stupire ed emozionare. E’ iniziato così un lungo periodo di introspezione e di profonde riflessioni, durante il quale non ho potuto non considerare anche quale fosse stato il mio percorso musicale fino a quel momento. L’eterogeneità della mia storia musicale costituiva il “corredo” di possibilità espressive a cui non avevo nessuna intenzione di rinunciare: ho cominciato a considerare tutto ciò un punto di forza. Non restava quindi che trovare un filo conduttore, un deus ex machina che mi desse la possibilità di raccontare una storia: la mia, attraverso una modalità che però fosse facilmente condivisibile, in cui chiunque potesse ritrovarsi. È stato allora che ho scelto la forma e la forza del concept per raccontare l’effetto travolgente e nello stesso tempo rigenerante che l”imprevisto’, il ‘non atteso’, il ‘cambiamento’ apportano nella vita di ognuno allorché irrompono senza avvisare, stravolgendo gli equilibri precostituiti. È proprio da qui che parte il mio concept.



JC: Ci spieghi in che senso?


LL: L’album parte dal punto X del non ritorno (traccia 1), da quel momento in cui il caos, il non definito, il buio, il cambiamento sopraggiungono inattesi portando instabilità, dubbi ed inevitabilmente novità. Ed ecco dunque la prima novità, la “novità” per eccellenza: la luce (traccia 2), la lucidità ritrovata, il sereno dopo la tempesta. È proprio grazie al sopraggiungere di questa novità, di questo equilibrio che si ritrovano così i propri colori, arricchiti di nuove possibilità, ancora tutti da attraversare, rivivere e riscoprire: la rinascita ha iniziato il suo corso. Ho scelto di raccontare tutto ciò attraverso i colori, da sempre ricchissimo patrimonio di ricerca soprattutto in campo figurativo, ma anche spirituale e storico. A seguire (dalla traccia 3 alla 13) racconto in musica o musica e versi, stati d’animo, situazioni e status quo (colore per colore, traccia dopo traccia) guardati con occhi nuovi, rigenerati e riscoperti in un percorso in positivo: Upwards (verso l’alto) come racconta, promette e rassicura il titolo del lavoro.



JC: E a livello musicale?


LL: A livello musicale ho scelto un denominatore comune tra le 14 tracce che compongono il concept: l’improvvisazione, l’hic et nunc che attraversa strutture formali, stili musicali, procedimenti compositivi diversi tra loro. Ognuno di questi è funzionale al tipo di evento descritto, alla situazione emotiva di quel dato colore, o della specifica situazione. I musicisti scelti (non a caso) per questo percorso, hanno provenienze musicali disparate e (di certo) una rilevante vicinanza con l’improvvisazione. Proprio con un omaggio al mondo improvvisativo per eccellenza (il jazz) si conclude il mio racconto: quasi che Round Midnight (debitamente riarrangiata ed eseguita in duo voce e pianoforte) costituisca un metaforico sipario sul concept Upwards. L’immagine scelta a rappresentare questo viaggio è una esplicita citazione ed un esplicito omaggio ad uno dei più significativi artisti figurativi del secolo scorso a me molto caro: Kandinsky. Upwards è il titolo del quadro a cui mi sono ispirata per il facepainting della copertina.



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


LL: Difficile rispondere a questa domanda: provengo da una famiglia in cui la musica (in senso assoluto, senza distinzioni di generi od etichette) c’è sempre stata, anche prima che arrivassi io. Per me dunque è qualcosa che fa parte della vita e della quotidianità: dallo studio personale giornaliero, alle jam organizzate in casa, ai dischi ed ai concerti ascoltati da piccola con tutta la famiglia e poi, da grande, da sola.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare una musicista?


LL: Non ho mai pensato di poter riuscire a vivere di qualcosa che non fosse arte in generale. La musica è stata ed è per me ormai una “condizione” irrinunciabile, nonostante non nascondo di aver pensato più volte, in momenti bui, di riuscire a farne a meno. Ma sono ancora qui, animata dal sacro fuoco che mi alimenta e mi divora!



JC: Ha ancora un significato oggi la parola jazz?


LL: Credo di si ed è giusto anche che lo abbia nella sua accezione storica, con le sue radici culturali e temporali che certamente non si possono ignorare.



JC: Ma cos’è per te il jazz?


LL: Mi piace pensare al jazz “degeograficizzandolo” come alla grande possibilità di essere autentici, di esprimere se stessi nella propria totalità, col bagaglio musicale e di vita che ognuno si costruisce negli anni, forse perché questo è stato il mio percorso fino ad oggi. Non condivido dunque molto l’atteggiamento eccessivamente “filologico” e la scolarizzazione del jazz fine a se stessa. Sono d’accordo sul fatto che negli anni della formazione si debba studiare la sua genesi, l’evoluzione dei suoi linguaggi ecc., ma trovo che un atteggiamento eccessivamente riverente verso tutti questi aspetti, ingessi un po’ la creatività e l’originalità personale.



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


LL: Credo sia uno dei terreni più fertili di autentica comunicazione oggi a disposizione dell’uomo strumentista e musicista.



JC: Come pensi che si evolverà il jazz del presente e il jazz del futuro?


LL: Mi piace pensare che tutto seguirà la corrente della vita e dunque si evolverà, come tutti i linguaggi vivi non cristallizzati, con l’evolversi dell’uomo, seguendone la sensibilità e la quotidianità. È sempre stato così…



JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionata?


LL: Certamente questo. È il mio primo disco da leader ed è stato un lavoro molto pensato, curato in tutti i suoi dettagli, ma tutt’altro che artefatto, nel bene e nel male. Un lavoro sincero e fatto con tanto amore, non solo da parte mia, ma di tutti coloro che hanno dato il loro attivo contributo. Da questo punto di vista è certamente uno sforzo corale.



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


LL: Per non rispondere con una lista infinita di nomi più o meno noti, dico solo che doverosamente ringrazio la mia famiglia in primis, accanto a tutti coloro che hanno contribuito alla mia formazione culturale, musicale e strumentale dagli anni accademici ad oggi. Ringrazio certamente tutti coloro che hanno sempre creduto in me e mi hanno sostenuta, ma anche quelli che non mi hanno mai considerata, perché è grazie a loro che coltivo determinazione e pazienza, due virtù fondamentali in questo tipo di carriera e nella vita.



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


LL: Ci sono stati moltissimi bei momenti alternati anche a grandi delusioni. In generale mi rende felice il riuscire ad emozionare ed emozionarmi. È questa la mia linfa vitale: il momento in cui “arrivi” agli altri e si realizza il miracolo della condivisione senza bisogno di parlare né di spiegare.



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


LL: Certamente i musicisti disposti a rischiare il tutto per tutto, disposti a darsi completamente. I musicisti che non danno mai nulla per scontato, scevri da incasellamenti propri del mercato. Musicisti che prima di tutto sono persone con cui posso condividere anche il silenzio, che fa parte della musica e con cui posso essere libera di essere quello che sono, senza giudizi o preconcetti. Mi piace pensare a dei compagni di viaggio con cui vi è un’affinità elettiva e di sensibilità!



JC: Hai avuto difficoltà o vantaggi come donna a inserirti negli ambienti musicali?


LL: Questa è una domanda molto complessa e su cui ci sarebbe molto da dire. Credo che in Italia oggi non sia facile essere una donna che cerca di realizzarsi e di seguire e sviluppare il proprio percorso. Questo non solo nell’ambiente musicale, ma nel lavoro in generale. Ci sono molti pregiudizi ed un atteggiamento ancora smaccatamente maschilista che serpeggia nella nostra società. Ci sono donne che riescono a trarre vantaggi da questo miope status quo ed altre che ne vengono fortemente danneggiate. Nel mio caso specifico, “militando” in ambiti musicali abbastanza eterogenei, trovo in alcuni ambienti una ostilità che oggi neanche più mi interessa contrastare… Per fortuna, dove c’è la vera arte, la vera musica, la vera passione, il sesso come la provenienza o lo stato sociale cessano di essere delle discriminanti in negativo. Spero sempre più di riuscire a far parte ed a stazionare in questa oasi illuminata ed illuminante in cui mi sento libera ed a mio agio.



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


LL: Ora lavoro al mio prossimo disco in solo che conto di registrare entro l’anno. Una bella sfida che mi sta certamente facendo crescere molto. Un viaggio alla scoperta di me stessa, se vogliamo. Contemporaneamente la mia testa partorisce idee sempre nuove da sviluppare accanto a musicisti con cui ho una grande voglia di condividere, come dicevo prima. Spesso però il problema è sempre ahimè il “vile” denaro…non è facile concretizzare tutte le idee, se non si ha un budget a disposizione da investire nella produzione. Esploro inoltre territori ed ambiti artistici che mi incantano da sempre: ho intrapreso una stimolante e gratificante collaborazione con alcune compagnie di danza con cui vivo l’esperienza e la forza di due linguaggi fortissimi asserviti allo stesso scopo: stupire, emozionare e, perché no, anche far pensare!