Mattia Cigalini – Res Nova

Mattia Cigalini - Res Nova

My Favorite Records – 2011




Mattia Cigalini: sassofoni

Mario Zara: pianoforte

Yuri Goloubev: contrabbasso

Tony Arco: batteria





Più volte ho ascoltato questa versione “Mr. Hide” di Mattia Cigalini e non ho potuto fare a meno di pensare al celebre romanzo di Stevenson.


Ho iniziato a sentir parlare in termini lusinghieri del virgulto sassofonista, proprio quando uscì il suo primo album, “Arriving soon”, che confermò i giudizi, peraltro espressi da autorevoli persone. Un fraseggio superbo, unito da una fantasia senza limiti che andava oltre la melodia e la mera esposizione dello standard da “Real book”.


Se non erro, Cigalini, è coetaneo di Francesco Cafiso, l’altro “prodigio” di casa nostra che però, a differenza di Mattia, rimane assai più legato all’emotività jazzistica Bop e post Bop, senza tuttavia disdegnare qualche ardire.


Non a caso Arriving soon ha tributato a Cigalini numerosi premi internazionali. Non nascondo dunque di essere rimasto alquanto perplesso trovandomi di fronte al suo ultimo lavoro, Res nova. È stato come rendersi conto di trovarsi di fronte a un contenuto nascosto o forse a un talento che rischia di immolarsi all’altare della smania di sperimentazione, tra diteggiature sempre hot e precise, troppo spesso però alternate a stridii e rutilanti semibiscrome.


In effetti non saprei dire se il frutto di Res nova sia l'”illuminata” intenzione di un produttore, di un manager o comunque di un cattivo consigliere, oppure se a toglierci (si spera temporaneamente) quel vivo ed esuberante fraseggio intriso di swing e di venature bluesy, sia davvero parto della voglia di “creatività” che ribolle nell’animo dell’artista.


Meglio, decisamente, il gruppo in cui era affiancato da Andrea Pozza, senza nulla voler togliere a Mario Zara e Yuri Goloubev che però, sembra abbiano voluto tirare verso di loro l’originaria spontaneità del giovane sassofonista per farne un post coltraniano. Insomma uno dei tanti epigoni. Mi auguro (per giudizio personale e quindi più che contestabile) che il prossimo appuntamento discografico di Mattia Cigalini lo faccia rientrare nei canoni e nell’etica jazzistica, spogliata dal cerebralismo di Res nova, certamente non a caso suddiviso in almeno tre mini suite tutte di sua composizione che lo hanno indotto a un manierismo sperimentale, alieno agli standard, ma pure dalla ricerca di quelle armonie che me lo avevano fatto amare nelle precedenti occasioni.


Erano incisioni meno ardite, questo è certo, ma anche meno ostiche e avventurose. Il Jazz non si misura da quanto ostica e cerebrale sia una composizione. Tutt’altro. E soprattutto la cosiddetta “avanguardia”, non è detto che debba essere necessariamente un punto d’arrivo.


Proprio non sono riuscito a capire dove si stia dirigendo il carissimo Cigalini. Verso una nuova scoperta (?) o verso un vicolo cieco come è accaduto e purtroppo accade, anche a titolati musicisti? Davvero uno “strano caso”, il suo.