Claudio Filippini Trio – The Enchanted Garden

Claudio Filippini Trio - The Enchanted Garden

CamJazz – CAMJ 7839-2 – 2011




Claudio Filippini: pianoforte

Luca Bulgarelli: contrabbasso

Marcello Di Leonardo: batteria






Claudio Filippini, Luca Bulgarelli e Marcello Di Leonardo suonano in trio da diversi anni, ormai; oltre alle esibizioni con questa formazione, si sono trovati insieme molto spesso come sidemen in molte altre situazioni. La confidenza tra i tre musicisti si sente e permette al pianista di portare in The Enchanted Garden spunti diversi, legarli tra loro in maniera coerente e proporre all’ascoltatore la propria visione del piano trio.


L’ombrello colorato che punteggia le pagine del booklet rappresenta bene il percorso vario quanto convinto del disco. Aleksandr Skrjabin e Ivan Lins, Michel Legrand, John Lewis e Gary McFarland sono i compositori scelti da Filippini. L’arco che unisce la melodia trascinante di Art of survival a quella riflessiva e struggente di Django comprende quasi tutto il disco e descrive con precisione l’attitudine del trio. Attenzione costante alla melodia, alla cantabilità delle linee anche nelle improvvisazioni; approccio ritmico concreto e aperto, soprattutto, alle tantissime suggestioni dell’attualità musicale.


In realtà il disco – prima di Art of survival, brano del repertorio di Ivan Lins – si apre con Il fiore purpureo e Verso sera, composizioni originali utili per mettere in luce le intenzioni del trio. La delicata linea esposta dal pianoforte del primo brano si sviluppa naturalmente nello swing brillante e controllato che accompagna gli assolo; le linee melodiche di pianoforte e contrabasso conducono l’atmosfera rarefatta e più libera della seconda traccia nel tema finale interpretato con voce ferma dal trio.


L’ombrello è colorato con spicchi di colori vivaci accostati tra loro. In Flying Horses si intrecciano i richiami al Pat Metheny Group dei primi anni ’90 e al trio di Esbjorn Svensson; i riflessi della musica classica entrano in molte introduzioni, naturalmente nel Feuillet D’Album op. 45 n.1 di Skrjabin, eseguito in piano solo, nel modo di appoggiare alcune melodie; il richiamo ai tanti pianisti della storia del jazz è presente nell’ispirazione di alcune soluzioni oltre che nella ripresa delle composizioni. Filippini accosta tutti questi elementi – anche senza cercare la mediazione o la sintesi a tutti i costi – e punta sull’approccio melodico e sul profondo interplay del trio per far coesistere e dare coerenza all’insieme. The Enchanted Garden è un disco suonato, e con grande partecipazione, dai tre musicisti e il contributo fornito dato dai tre musicisti è sempre equilibrato, propositivo e attento all’ascolto reciproco.


Claudio Filippini – classe 1982 – arriva con The Enchanted Garden all’ottavo titolo in discografia. Talento precoce ed emanato visibilmente sin dalla più tenera età, come nota Enrico Pieranunzi nelle note di copertina, il pianista ha saputo gestire con una certa oculatezza il proprio bagaglio. Otto titoli in dieci anni, di cui parecchi presentati come co-leader insieme a musicisti diversi per estrazione e stile, non sono molti al giorno d’oggi. Pieranunzi, proseguendo, afferma che, per la situazione in cui versano l’arte e la cultura oggi in Italia, la sfida di “Claudio è una sfida incredibile, che conforta chi continua a credere nella musica-musica.” La musica presentata dal trio non è difficile o astrusa, ma Pieranunzi coglie nel segno in quanto è una musica ad alta dirittura musicale, esige un ascolto attento e – grazie alle sue scelte varie, all’impatto sonoro del trio – cattura l’ascoltatore all’interno delle tracce.


Reminiscenze ed influenze si innestano indissolubili alle capacità dei tre musicisti. Basta considerare l’esecuzione di You must believe in spring, tenendo in mente anche il percorso della canzone dalla penna di Michel Legrand ai tasti di Bill Evans e di tutti coloro che l’hanno interpretata successivamente, per comprendere come Filippini, Bulgarelli e Di Leonardo riescano ad interpretare con raffinata maturità ed estro una formazione come il piano trio. Nelle frasi del trio si sommano il rispetto per le tradizioni e la voglia di affermare il proprio punto di vista, il dialogo naturale e ricco di sponde reciproche tra tre musicisti che sono soliti suonare insieme, la centralità della melodia, l’incrocio mai scontato proposto dai tre tra le attitudini europee e gli stilemi del jazz classico statunitense. È l’ombrello colorato che filtra le note dei tredici brani di The Enchanted Garden e lascia passare le interpretazioni lineari e corpose del trio.