Tracce di Cera, dialogo con Marco Di Battista

Foto: Fabio Ciminiera





Tracce di Cera, dialogo con Marco Di Battista.

Pescara, Teatro Immediato. 17.3.2012.


Tracce di cera è stato il quarto e ultimo appuntamento di Note Immediate, rassegna di incontri tra jazz e racconto, organizzata dal Teatro Immediato di Pescara con la collaborazione di Jazz Convention. Quattro appuntamenti dove musica e parola hanno interagito per esporre in maniera globale le storie e le vicende legate alla musica e, in particolare, al jazz. Ogni volta un narratore diverso accompagnato da una formazione di jazzisti guidati da Marco Di Battista. Il pianista è stato anche autore del testo di Tracce di Cera e proprio con lui abbiamo parlato di questo spettacolo e dell’intera rassegna.



Jazz Convention: Come nasce Tracce di Cera? Come nasce cioè l’idea di raccontare la musica e il jazz, in particolare, attraverso la storia dei supporti fonografici su cui viene registrata la musica stessa.


Marco Di Battista: Da molto tempo pensavo a raccontare la storia del jazz attraverso l’evoluzione dei supporti fonomeccanici: ho sempre visto in maniera naturale come l’evoluzione degli strumenti necessari a “incamerare” la musica abbia influito sulle evoluzioni del jazz. Sono partito dagli albori – da Edison, Bell e tutti gli antesignani di questo processo scientifico – per poi legarmi con gli aspetti sociologici tipici dei vari periodi e, a seconda dei momenti storici, ho abbinato fatti che sono accaduti intorno al jazz e determinati dai cambi di supporto.



JC: Anche nell’idea di riportare elementi concreti – come la sintesi necessaria a far stare dei capolavori nei tre minuti del lato del 78 giri e, al contrario, la dimensione più ampia della facciata dei 33 giri – alle creazioni artistiche dei vari interpreti…


MDB: Nel mio testo ho affrontato molti passaggi di questa evoluzione. A partire dai cilindri e dai supporti fatti di cera – da cui il titolo dello spettacolo – ho voluto mettere in risalto le risposte creative date dai musicisti ogni volta che sono mutati i formati in cui doveva essere impacchettata la musica. Agli inizi degli anni ’50, ad esempio, quando c’è stato il passaggio dal 78 giri al microsolco, c’è stato un vero e proprio cambio di mentalità perchè la quantità di musica contenuta in ciascuna facciata è passata da tre minuti, tre minuti e mezzo, a venti minuti circa permetteva da una parte di dare sfogo alla libertà di improvvisare ma dall’altra poneva dei problemi creativi perchè non si era abituati ad adeguare le proprie idee musicali ad uno spazio così ampio.



JC: Se vogliamo allargare il discorso, questo è il riflesso del fatto che l’arte e la musica in particolare si muove intorno a quelle che sono le sue contingenze, l’arte non è mai sganciata dalla tecnica che permette di diffonderla, comunicarla e farla conoscere.


MDB: Mai come in questo tempo, abbiamo un esempio di quello che dici se si pensa anche alla fotografia e al cinema: le evoluzioni tecnologiche portano queste arti ad adeguarsi ai nuovi strumenti e offrono, dall’altra parte, nuove potenzialità, con la possibilità di ampliare l’orizzonte attraverso un’espansione quasi infinita di possibilità.



JC: Tornando a Tracce di Cera, tu hai dato vita ai vari personaggi, hai animato dialoghi e situazioni. Anche un lavoro inedito per te. Come hai ragionato in questa direzione?


MDB: Nell’evoluzione dei supporti ci sono stati inventori e imprenditori che hanno segnato le tappe più importanti. Ho fatto parlare con una voce propria – con dei dialoghi scritti da me in maniera aderente agli accadimenti storici – Edison, il suo assistente svizzero John Makedice, Edward Easton il fondatore della Columbia Record, fino a musicisti come Louis Armstrong o Miles Davis. Di quest’ultimo in realtà ho ripreso alcune frasi tratte da una sua intervista. L’idea era quella di condurre il pubblico attraverso questi dialoghi a a vivere la storia e a scoprire, ad esempio, il carattere spigoloso di Edison, attraverso l’atteggiamento di sudditanza dei suoi collaboratori. Ho fatto parlare il maggiore Howard C. Bronson, la persona che distrusse materialmente i V-Disc, e ho drammatizzato gli episodi, sempre tenendo fede alle vicende documentate, ma anche in maniera grottesca dove lo richiedeva il contesto.



JC: Tu hai affidato il testo ad un attore. Che sensazione ti ha dato ascoltare il tuo testo prendere vita attraverso un’altra persona?


MDB: Ho scelto l’attore in base al testo e ho trovato in Enzo Budini un ottimo interprete. La sensazione che ho provato nel sentire recitare il mio scritto mi ha colpito: ho constatato come l’ascoltatore riesce a seguire la trama quando viene preso per mano dall’attore, riesce a vivere le emozioni che sono all’interno del discorso e a seguire un ragionamento che va dall’inizio del secolo agli anni sessanta.



JC: Quanto è diverso il modo di interagire con un attore rispetto al lavoro che si fa con i musicisti?


MDB: Meno di quanto si possa credere, anzi… Per molti aspetti è un lavoro molto creativo: è come se si interpretasse jazzisticamente un brano letterario. Soprattutto nella parte iniziale del testo dove abbiamo lasciato maggiormente spazio all’improvvisazione, il quartetto interagisce con le pause, con i respiri dell’attore. Bisogna non essere invadenti, favorire la lettura e, nello stesso tempo, creare le suggestioni sonore che possano catturare il pubblico. Non c’è grande differenza nel “dialogo” con un attore e in quello con un altro strumento: in entrambi casi, occorre lo stesso atteggiamento telepatico per accompagnare. È un’esperienza davvero molto creativa e il risultato che ottieni è diverso da quello preventivato: se hai la capacità di interagire diventa anche migliore e più soddisfacente.



JC: Questa è stata la seconda stagione di Note Immediate ed ha visto la collaborazione salda tra Teatro Immediato e Jazz Convention.


MDB: Edoardo Oliva, referente per Teatro Immediato, mi aveva parlato alla fine della scorsa estate di voler ripresentare Note Immediate all’interno del cartellone della nuova stagione. Ci siamo coordinati e abbiamo pensato una serie di proposte che potessero essere attraenti per il pubblico e motivo di crescita per noi e la compagnia teatrale. Ne è nato un cartellone costituito da quattro appuntamenti: Gershwin: un dilettante di genio condotto da Marco Patricelli; Le rotte della musica scritto da Fabio Ciminiera; una nuova replica di Storie di jazz in custodia di sax, da un’idea di Carmine Ianieri e la voce di Ilaria Cappelluti e, infine, Tracce di cera. Gli altri musicisti coinvolti nei vari spettacoli sono stati il sassofonista Carmine Ianieri, i contrabbassisti Giorgio Pelagatti ed Edmondo di Giovannantonio e i batteristi Bruno Marcozzi e Pierluigi Esposito. Lo spettacolo con Marco Patricelli è stato quello che mi ha dato più soddisfazione: il suo discorso intorno a Gershwin ha catturato il pubblico e arricchito anche noi, mentre suonavamo, di nuove prospettive su Gershwin, la sua musica e la sua vicenda umana. Le voci narranti sono state diverse. L’interazione con due attori come Ezio Budini e Ilaria Cappelluti è diversa da quella con uno storyteller, nel primo caso si crea un maggiore pathos e si gioca sull’emotività, nel secondo l’attenzione si rivolge al contenuto e al significato del testo, per arrivare anche alla divulgazione, se vuoi. In pratica, sono diversi i modi di raccontare e le esperienze.



JC: Note Immediate avrà un seguito?


MDB: Con Edoardo Oliva abbiamo parlato delle attività future e, come sai, Teatro Immediato ama lavorare sulle idee e svilupparle in una evoluzione continua. Visto il successo di questa edizione di Note Immediate, c’è tutta l’intenzione di dare seguito a questa esperienza. Si terranno sicuramente delle repliche degli spettacoli visti, ma certamente ci saranno anche dei rinnovamenti nella formula della rassegna.