Kenny Garrett @ Moody Jazz Café

Foto: Fabio Ciminiera





Kenny Garrett @ Moody Jazz Cafè

Foggia, Moody Jazz Cafè. 21.3.2012

Kenny Garrett: sax tenore, sax soprano, voce

Vernell Brown: pianoforte

Corcoran Holt: contrabbasso

McClenty Hunter: batteria


Alle volte un concerto non riesce a contenere le intenzioni e la voglia di esprimersi di un musicista. Kenny Garrett ne ha dato prova nella sua giornata a Foggia, per il concerto al Moody Jazz Cafè con una sorta di maratona articolata, a partire dal pomeriggio, attraverso una serie di episodi anche differenti tra loro.


Ma andiamo con ordine…


Il quartetto arriva al club preceduto dal proprio tecnico del suono che insieme a Giorgio Frigerio – storico, ormai, uomo al mixer del Moody – ha già sistemato tutto: d’altronde, visto che il primo conosce i desideri e le esigenze dei musicisti e il secondo tutte le particolarità acustiche della sala, le cose procedono con estrema velocità. Sarebbe banale immaginarsi un soundcheck veloce, anche perchè il quartetto è in giro per l’Eupora dall’inizio del mese di marzo. Talmente banale che non succede: all’ingresso nel club Garrett conquista il seggiolino del pianoforte per una prima esposizione di temi e idee in piano solo.


Dopo un buon quarto d’ora, il quartetto si posiziona con i propri elementi nelle rispettive postazioni. Il soundcheck è a tutti gli effetti un concerto. Garrett propone standard e temi, uno dietro l’altro e senza interruzioni, e la ritmica lo accompagna con un sostegno dagli accenti funky e metropolitani.


Quando il soundcheck volge al termine e i musicisti scendono dal palco per andare a cena, Garrett riprende posto al pianoforte per un ulteriore sviluppo di idee e temi: un piano solo dall’incedere libero e riflessivo quanto estremamente melodico.


Si arriva così al concerto e all’ennesimo cambio di scena. Il quartetto si lancia in una cavalcata modale dove i brani più sostenuti vengono affrontati senza risparmio dai quattro musicisti e vengono intervallate da ballad intense, capaci di mettere in mostra la vena più lirica dello stile di Garrett e dei suoi sodali. Il punto centrale dell’esibizione resta però l’esplorazione del territorio delineato in Pursuance, disco dedicato a John Coltrane. Brani lunghi, caratterizzati spesso da un crescendo di dinamiche e intensità, animati sovente da un mantra circolare e ricorsivo e dall’utilizzo della voce da parte del sassofonista per accompagnare e dare maggiore enfasi al fluire della musica.


È una esecuzione concentrata, attenta al rispetto degli schemi e delle strutture. Garrett non disdegna il rapporto con il pubblico, ma tiene fermo il punto di un’idea precisa e rigorosa. Musicista esperto e solido, Garrett prende le mosse dagli spunti lanciati dal quartetto classico di Coltrane per esprimere il punto di vista di un uomo e di un sassofonista del 2012. Il concerto si rivela un dialogo maturo e fertile con il “capostipite” e le migliori esperienze nate su quel solco: Garrett, lungi dall’imitare, non si ferma ad una lettura derivativa ma espone con personalità temi e improvvisazioni e fa convergere nel suono dei suoi sassofoni le tante anime manifestate nel corso della giornata.


La ritmica lo sostiene e lo incalza: Vernell Brown, Corcoran Holt e McClenty Hunter con lo stesso atteggiamento aggiungono alle matrici di partenza, accenti ritmici attuali ed evitano così di ripercorrere stilemi e clichès in maniera sterile. Il risultato è un concerto durato poco meno di due ore, bis escluso, e articolato in pochi brani, in cui il quartetto sviscera fino alle più recondite sfumature il materiale proposto.


Quando tutto sembra finito, i musicisti senza soluzione di continuità si scatenano nella festa finale di Happy people: un breve riff ripetuto per quasi mezzora su un groove festoso ed energico, con tutti gli spettatori a cantare a squarciagola le note del tema e a ballare in piedi. Garrett fomenta il pubblico con improvvisazioni fulminanti e finti finali in cui invita il pubblico ad urlare e a manifestare la voglia di ascoltare ancora musica: il sassofonista rappa e incita il quartetto a lanciarsi in questa ennesima dimensione. Si potrà obiettare che il concerto e il bis si muovano su territori parecchio distanti tra loro: il senso che traspare sin dal titolo del brano è quello di considerare la musica un mezzo di unione e di comunicazione tra le persone. Garrett dimostra nel concerto quale sia l’obiettivo della sua ricerca musicale e con il bis lascia capire quanto sia altrettanto importante far arrivare grazie alla musica gioia e divertimento.


Al termine del concerto, quando ormai quasi tutti sono andati via, restano degli strumenti sul palco. È il momento della coda: prima in piano solo e poi, riprendendo il sassofono, in duo con il pianoforte. Un set breve, delicato: un acquarello in musica per congedarsi dai pochi, fortunati, presenti al momento.