Pier Paolo Pozzi – Je volais Je le jure (tribute to Jacques Brel)

Pier Paolo Pozzi - Je volais Je le jure (tribute to Jacques Brel)

Alfa Music – AFMCD146 – 2011




Pier Paolo Pozzi: batteria

Sèbastien Jarrousse: sax soprano, sax tenore

Rèmy Decormelle: pianoforte

Stefano Cantarano: contrabbasso






L’intensità della poetica di Jacques Brel è contenuta in Je volais je le jure, ultima fatica discografica pensata dal batterista e arrangiatore Pier Paolo Pozzi.


Varesino di nascita, romano di formazione e “francese” per maturazione artistica e “adozione”, in Pozzi traspare un modernismo lirico, ricercato, mai banale. In questo Cd l’eclettico batterista (forse colpevolmente ancora non sufficientemente valutato dagli “addetti ai lavori”) esprime appunto una poetica che incrocia i flussi culturali italiani e francesi, ottimamente supportato da un gruppo davvero sinergico, completato da Sebastien Jarrousse al sax (soprano e tenore), Rèmy Decormelle al piano e Stefano Cantarano al basso.


Ad imprimere una melodica liricità sono ovviamente Jarrousse, soprattutto quando soffia nel soprano e Decromelle. Ovvero la “forza transalpina” che rende questo lavoro uno dei più interessanti ed emozionali degli ultimi anni, per ricerca e passionalità. Qualità che si uniscono a un background generale, assolutamente di primissimo ordine.


“Non so se Jacques Brel amasse il Jazz – spiega sulle note di copertina Pier Paolo Pozzi. – Ma certo come un jazzman registrava i suoi dischi sempre in diretta con i suoi musicisti, anche quando, alla fine, debilitato dalla malattia, non poteva permettersi di ripetere una ripresa. E, come Charlie Parker, ogni sua esecuzione era di un’intensità tale da sembrare l’ultima”.


Parole che si riflettono perfettamente nella musica di Je volais je le jure. In ogni nota delle nove tracce presenti.


Peccato che opere simili passino quasi inosservate nel marasma delle pubblicazioni che sommergono un mercato sempre più difficile, sempre votato all’effettismo, alla ricerca effimera del tributo o della composizione velleitaria. Se di “tributo” si vuol parlare, in questo caso non c’è alcun rifermento alla presunzione di reinterpretare opere legate in tutto e per tutto alla mente dei grandi. Pozzi vuole (e ci riesce perfettamente) combinare musica e poesia a livelli mai estremi, ma perfettamente mescolati. Evidente l’attento ascolto alla musica di Brel, nei suoi particolari e nelle pieghe più recondite della ritmica letteraria, tradotta in ritmica jazz. È una “fusion” che vola alto, generata da una parte dall’intensità espressiva di Brel (Vésoul, Voir un ami pleure, Isabelle), dall’altra l’interiorità (sempre poetica) di quattro musicisti che coniugano l’estetica jazzistica più rigorosa ed esaltante.