Hôte Marge – Hôte Marge 03 – 2011
Alexandra Grimal: sax tenore, sax soprano
Lee Konitz: sax alto
Gary Peacock: contrabbasso
Paul Motian: batteria
Tentare l’avventura transatlantica ha oggi valenze differenti da quelle dei nostri buoni emigranti dello scorso secolo (quantunque le ragioni alimentari non siano poi passate di moda, anzi) ma certo le ragioni di visibilità e consolidamento prevalgono se il biglietto d’andata vien fatto dall’Europa verso la patria riconosciuta del jazz.
Non è che in questo caso si trattasse di azzardo o vanità: poche mosse, e in una carriera discografica intrapresa in una manciata di anni non solo “chez soi” ma anche lungo quella Scandinavia fucina di innovazioni e sistemi aperti, la giovane Alexandra Grimal si era già imposta come protagonista certa dello strumento d’ottone oltralpe, forte degli assi di genuine curiosità e dinamicità stilistica.
Regolari i transiti nordici, segnati dall’interessante doppia incisione col collettivo danese aperto You had me at Hello (ospiti a sensazione Oliver Lake, Ab Baars e Michael Moore, per un capriccio su otto brani in totale su vinile colorato o download), o quale side-woman per la vocalist Birgitte Lyregaard, ma piuttosto solide e regolari anche le performance giocate in casa col giovanile quartetto di passaporto misto Seminare Vento (posto su solco nell’omonima incisione del 2010).
Credito e sensazione sono state rapidamente guadagnate da questa session “importante” fissata al Systems Two di New York, prodotta dalla stessa Alexandra in omaggio sul campo a tre mostri sacri quali l’appena scomparso Paul Motian (di cui era già nota l’indisponibilità alle trasferte aeree), patriarca del proprio strumento al pari dei ben coinvolti Lee Konitz e Gary Peacock.
La doppia sezione sassofonistica si fonde e intersuona con la macchina ritmico-melodica a plasmare porosità granitiche e tensioni vibranti – tali, messe in opera dalla nervosa sezione a corde e bacchette, plafond di una coppia d’ance che s’annuncia per interrogative inquietudini, sospese nel plumbeo finale della peacockiana Horus. Scultorea plastica del basso, quindi, ad abbracciare le fragili sagome del tenore (Breathing through) e così procedendo per vortici destrutturati (Owls Talk), canovacci flebili (December green wings, Petit matin) intimismo veggente (le due Awake) si disegnano ben quindici lunghezze, spesso piuttosto concise, di cui metà a firma di Grimal, con grosso apporto compositivo di Peacock (che senza far torto ad alcuno, emerge con un “quantum” di distinzione e presenza in più sull’ensemble), scalpellata dai reticoli percussivi di Motian e che trova più punti d’interesse nell’esplorativa trance condivisa dai due sax a differente stagionatura, a confermare senza sorprese il grande agio dei tre immensi veterani, non solo a garanzia del giovane ed operoso talento della ben più verde consorella.
Cosicché, alla vigilia dell’imminente incisione che la vedrà nel nuovo quartetto con Tyshawn Sorey, Thomas Morgan e Todd Neufeld (Andromeda, per Ayler Records), possiamo ritenere all’attenzione questo lavoro, momento interessante e solido che peraltro palesa i due cuori prevalenti di Alexandra, ossia, a parte quello più free e avanguardista, certamente il bebop, ove predominano tinte fioche e private, aprentesi per tensioni istantanee ad una forma bop asciutta, scattante e coagulata (If this than, Blows II, Dance), in un laboratorio attrattivo (e talvolta un po’ distante) di stati sospesi che sembra segnare il valore dell’effimero (ma per una volta in senso positivo) nella creatività.