Tonolo/Somogyi/Rossy/Chambers – Passport

Tonolo/Somogyi/Rossy/Chambers - Passport

Parco della Musica Records – MPR036CD – 2012




Pietro Tonolo: sax tenore, sax soprano

Arnie Somogyi: contrabbasso

Jorge Rossy: pianoforte, batteria

Joe Chambers: vibrafono, batteria





Il nostrano e validissimo Pietro Tonolo ha intrapreso da diversi anni un solido e proficuo sodalizio con il prestigioso batterista e vibrafonista Joe Chambers. I due alternano i componenti delle loro formazioni che a volte hanno la conformazione di quartetti altre di trii. Passport è un quartetto di musicisti che, come recita Chambers nelle note al disco, provengono da altrettanti diversi paesi. Ecco la ragione del nome stesso e delle diverse influenze musicali che i quattro portano con sé.


Gli altri due componenti del combo sono lo spagnolo Jorge Rossy, ex batterista di Brad Mehldau, che qui suona pianoforte e batteria; e l’inglese Arnie Somogyi, anch’esso dotato di un palmares non trascurabile.


Le musiche del disco, dieci tracce, sono nella gran parte firmate da loro singolarmente, tranne il brano d’apertura, Esteem, una magnifica composizione di Steve Lacy, che Tonolo apre con un intenso intro al tenore; Phantom Of The City, un pezzo mainstream di George Cables, che Joe Chambers inaugura con un circospetto suono di batteria, ripreso dalle note enigmatiche di Rossy al pianoforte; poi è la volta di Kurt Weill in This Is New, introdotto con lirismo e profondità dal pianoforte di Rossy a cui si affianca il melodico ed efficace tenore di Tonolo. Rio di Wayne Shorter chiude al suono di un suggestivo vibrafono una colorata bossa nova tenuta in piedi ossessivamente dalla batteria di Rossy.

E questi sono i pezzi “altri”. Quelli dei “nostri” invece, si presentano attraverso l’inquieto e circospetto Puerta, il caraibico Descalabro, la delicata e d’atmosfera Ruth, il boppeggiante Not So Easy, la tonoliana Mimi, tenuta in piedi da intriganti giri di sax soprano e la coltraniana JJ di Somagyi. Passport è un disco completo, suonato da qualificati musicisti che sono riusciti ad amalgamarsi ben bene tirando fuori un jazz imprevedibile, di qualità e non privo di spunti originali dovuti alle loro diversità “etniche”.