JazzAscona 2012

Foto: www.fotopedrazzini.ch










JazzAscona 2012.

Ascona, 21.6/1.7.2012.


La tortuosa (ma panoramica) strada che porta dalla riva italiana del Lago Maggiore a Locarno, verso il festival JazzAscona, induce riflessioni filosofiche sullo stato dell’arte di questa nostra musica, ormai centenaria. Il Festival, giunto alla sua ventottesima edizione, propone il recupero della tradizione con un occhio alle sue ripercussioni moderne più danzerecce, come il soul, re il&b e funk, ma tenendo ferma la barra di riferimento in un credo stilistico old New Orleans, presentando un cartellone accessibile al grande pubblico ma nutrito di artisti di dixieland, swing, mainstream, gioia degli appassionati. Prima considerazione. Chissà come si sarà acclimatato il jazz dei primordi inventato dai neri (e altre minoranze razziali) e poi traslato con un colpo di bacchetta spazio temporale in una florida cittadina turistica centro europea? Per intanto l’atmosfera, complice la stagione e il clima, risulta davvero hot: si ascolta musica dappertutto e fino a notte fonda. Sono in strada (e il termine è più che corretto) 40 gruppi per circa 200 concerti che animano le vie di Ascona dal mattino alla notte fonda.


Il Direttore artistico della rassegna è, da ben nove anni, Nicolas Gilliet, uomo competente e intellettualmente onesto che crede in un jazz “che swinga”, con un occhio al presente ma anche a questo forte legame con la storia. Finiscono le curve, si passa la frontiera e rimane la domanda fondamentale: ma ha senso? Intanto siamo arrivati e scendendo le stradine che portano al palco vicino al pittoresco lungolago in prossimità della chiesa di Ascona ascoltiamo la Maryland Jazzband of Cologne. Oh buon vecchio dixie. Certo che ha senso. Intanto la musica ben suonata ha sempre ragion d’essere. Se poi è interpretata da simpatici signori di mezza età che faticano sotto il sole calante, se poi il clarinetto prende assoli di pregevole fattura, con quel suono un po’ creolo…Ma dove e quando in Italia possiamo ascoltare dell’onesto jazz tradizionale per giorni e giorni? Mi si obietterà che è musica da museo e io volentieri concordo. Con un però. Se è da museo a cielo aperto a New Orleans lo può essere di diritto anche nella “vecchia” Europa dove in località turistiche simili ad Ascona i nobili e borghesi di mezzo continente si trovavano per diporto e ascoltavano il buon vecchio jazz. Ce lo hanno raccontato scrittori di fama come l’americano Upton Sinclair che ritraeva i suoi ricchi compatrioti godersi gli ozi della Costa Azzurra, come lo scrissero anche romanzieri modaioli ormai dimenticati come il nostro Lucio D’Ambra.


Nei giorni seguenti avrò modo di riappacificarmi definitivamente con il suono poco frequente dal vivo del clarinetto, nelle mani di numerosi protagonisti e anche, in un fuori programma proposto da uno dei molti locali del centro in cui si suona, del nostro specialista Paolo Tomelleri.


Ascoltare il suono di un organico come la Regeneration of New Orleans Brass Band chiude poi definitivamente la domanda in maniera positiva: quella potenza ritmica, quel dondolare caraibico dei ritmi che ci ricordano dove si trova geograficamente New Orleans, ma anche quel connettere la tradizione con il soul e il funk e la musica nera di oggi. Tutto quanto ci dice come ancora oggi New Orleans non sia solamente una cartolina. E da New Orleans arrivano tanti artisti: tra quelli ascoltati (ma il festival durando dieci giorni ne presentava in cartellone altri notevoli, su tutti la voce di Irma Thomas) sicuramente spicca un’altra cantante:Germaine Bazzle. Dotata di una voce particolare e di una tecnica invidiabile la Bazzle ha preferito rinunciare alla notorietà per l’insegnamento, restando a New Orleans. Ottantenne in forma invidiabile, arriva in Europa accompagnata dal quartetto del contrabbassista suo concittadino Mark Brooks e ricorda immediatamente il canto rilassato di Betty Carter. Tra le altre artiste protagoniste della rassegna che quest’anno portava come titolo Sophisticated Lady, quella che impressionava maggiormente per freschezza nel canto e destrezza al pianoforte proveniva però da New York: Champian Fulton si presentava in trio, barando con la storia: come se chiudendo gli occhi, si entrasse in una macchina del tempo e se ne uscisse con Erroll Garner che accompagna la divina Sarah Vaughan, come poteva accadere negli anni Cinquanta. Poi aprendoli si scopre che è lei, Champian a ordire buona metà dell’inganno: suona in modo sorprendentemente simile a quello di Erroll e canta come Sassy. Il repertorio è in grado di rivisitare con gusto tutta la tradizione della canzone americana e anche storicamente – come si è detto – il connubio funziona. Tra gli assi allo strumento Ascona quest’anno ospita Jon Faddis, Wycliffe Gordon, Herlin Riley e Warren Vaché. Per ragioni di tempo potrò ascoltare solamente quest’ultimo: un trombettista nel cui stile sentiamo tanto Armstrong quanto tracce del dimenticatissimo Ruby Braff. Uomo di big band con trascorsi giovanili nelle compagini di Benny Goodman, Woody Herman e Benny Carter, Vaché sul palco si rivela un virtuoso gentiluomo; non a caso a suo tempo venne scelto per insegnare a Richard Gere i movimenti allo strumento per girare il film Cotton Club. Warren suona in diversi contesti ad Ascona, tra i quali forse il gruppo più colorato è capeggiato dalla contrabbassista (grintosissima) Nicki Parrott con le composizioni, la tromba e il canto di Bria Skonberg: indiscutibilmente bionda, giovane e bella (senza dover fare velinate per mostrare la propria bravura). Swing divertente e qualche gag, complice il violinista australiano George Washingmachine.


Una organizzazione di tipo “svizzero” permette di gestire con precisione una mole enorme di eventi: quindi mentre il jazzofilo incallito può gustarsi i momenti culturali al Collegio Papio con la mostra curata dall’Archivio svizzero del Jazz sul ruolo delle donne nello swing o visitare uno shop dove si trova ogni genere di memorabilia, delinquenziale per le tasche dell’appassionato, il pomeriggio abbiamo la Kids Parade e la sera i ragazzi si divertono con la coetanea Nina Attal, francese tutto pepe blues di soli diciannove anni.


Certo la stampa la presenta come guitar hero e questo non giova. Col suo gruppo propone una versione europea di Jamiroquai e la cosa, vista in tali funkeggianti termini, non dispiace. Nina ha una invidiabile faccia tosta nel tenere il palco e la chitarra!


Durante il Festival viene assegnato lo Swiss Jazz Award. Di nuovo un critico maligno potrebbe obiettare: oh, di nuovo un premio! E di nuovo, io sono d’accordo. Però anche qui si possono aggiungere due cose: la prima è che vota il pubblico, dopo aver potuto ascoltare i gruppi e gli artisti esibirsi più volte durante il festival e in uno scontro diretto finale. La seconda è che si possono fare scoperte interessanti, meno mediate dall’establishment. Come il chitarrista luganese Sandro Schneebeli con il suo Boogaloo Quartet. Questo gruppo – come da nome – si presenta con quella variante dello organ trio arricchita di sassofono che popolò i cataloghi Prestige e Blue Note nei primissimi anni Sessanta. Erano gruppi che proponevano un jazz soul ad alta intensità ritmica. Una musica che prima di chiamarsi funk mischiava soul, jazz, r&b, boogaloo e latin. I nomi nobili (anche per il loro pedigree jazz) erano quelli di Jimmy Smith all’organo o Wes Montgomery e Kenny Burrell alla chitarra. Sandro Schneebeli come solistica non ha paura di misurarsi con i licks chitarristici blues del periodo, con uscite degne di un Grant Green o di misconosciuti eroi del genere come Billy Butler e Melvin Sparks. Il sassofonista del gruppo ha il suono secco di Stanley Turrentine o del dimenticato Houston Person. L’organista – spesso su di giri – ha ascoltato Jack McDuff e Richard “Groove” Holmes. Se la moda acid jazz per i rare grooves di qualche anno fa ha portato a saccheggiare i cataloghi di quel periodo non si può dire che invece vi sia stato un recupero di questa musica sul versante live. L’inglese James Taylor rimane un caso isolato e inoltre il repertorio non è lo stesso.


Con la testa ormai immersa in un mondo di note si prosegue il giro. Ovviamente i concerti di mezzanotte e le jam accontentano i nottambuli, ma per gli assetati perenni di musica il centro storico di Ascona offre anche concerti mattutini e all’ora di pranzo, tra bar e ristoranti accoglienti. Tutto questo dixieland e questo swing giocoso en plain air: impossibile resistere all’impressione di vivere in una pellicola di Woody Allen. Ma se la musica diventa una colonna sonora e una passeggiata un piccolo film, forse allora JazzAscona ha saputo donare qualcosa di magico agli spettatori… e non compreso nel biglietto!