Auand Piano Series – AU3003 – 2012
Eugenio Macchia: pianoforte, Fender Rhodes
Dario Di Lecce: contrabbasso
Nicola Angelucci: batteria
In between ci offre il piano trio – e non solo – nella prospettiva di Eugenio Macchia, pianista poco più che trentenne: dieci tracce in cinquantasei minuti, uno spaccato a metà strada tra tradizione e attenzione alle novità, suoni acustici e elettrici – il precedente “non solo” fa riferimento, infatti, all’utilizzo del Fender Rhodes. In between svela fin dal titolo la sua natura di momento di passaggio e di ricerca di possibilità sonore con l’intenzione di mantenere i vari elementi all’interno del lavoro.
Il secondo indizio dell’atteggiamento di Macchia è rivelato dalla scelta dei brani. Sei originali e quattro standard per esprimere il punto di vista sulle diverse possibilità espressive. E se What is this thing called love, In the wee small hours of the morning fanno parte del novero dei brani della grande letteratura del jazz e vengono interpretati nel rispetto dei canoni, All the things you are viene interpretata in maniera libera con il tema a fare capolino tra le pieghe di una gestione ritmica frastagliata. Il quarto brano non originale è The Sorcerer di Herbie Hancock, tratta dall’omonimo album del quintetto o di Miles Davis: se il marchio stilistico di Hancock resta presente negli spigoli e nello sviluppo del brano, la traccia si rivela in realtà un ulteriore ponte tra le diverse istanze che animano il lavoro e finisce per “sciogliersi” nella successiva Sorcery, suonata con il Fender Rhodes e che ne sviluppa in maniera personale i presupposti.
Infatti come The Sorcerer mette in relazione – già nell’originale e poi nella versione di Macchia – il suo carattere doppio, la materia musicale proposta dal pianista offre apertamente il suo sguardo “bifronte”: nel corso del disco si alternano passi in avanti e approdi sicuri sulle tradizioni per dare vita a un percorso stratificato, capace di accogliere e lasciare respirare i vari stimoli. E in questo senso, parole come ricerca e passaggio, ma anche l’accenno all’età o la voglia di trovare soluzioni particolari come quella di All the things you are diventano utili per capire come la cifra stilistica del disco si possa ritrovare nella gestione equilibrata dei vari tasselli, nella voglia di esprimere personalità e idee con tranquillità e senza l’agonismo di dover dimostrare qualcosa e tornando, quando serve, sulla scia della tradizione. Allo stesso modo l’intervento della ritmica formata da Dario Di Lecce e Nicola Angelucci non va a sovraccaricare il discorso e segue con piglio e delicatezza, a seconda dei momenti, le intenzioni del leader.