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Slideshow. Massimo Nunzi.
Jazz Convention: Così, a bruciapelo puoi parlarci del tuo nuovo progetto discografico?
Massimo Nunzi: Si tratta di un lavoro con L’Orchestra di Piazza Vittorio, il gruppo multietnico fondato da Mario Tronco dieci anni fa. Mi è stato chiesto di portare un progetto interessante per il nuovo anno e ho proposto a Mario Tronco Il Libro della Giungla di Kipling. Sto componendo lo score e il testo è affidato a Yann Apperry, compagno di molte avventure internazionali. Verrà registrato nei prossimi mesi.
JC: Vogliamo anche ricordare, dopo tre anni, la fondamentale esperienza della storia del jazz in DVD?
MN: La serie ha venduto 130.000 copie, un record per Espresso Repubblica. Moltissimi studenti di Conservatorio e musicisti, la utilizzano per imparare rapidamente e con divertimento le basi fondanti del linguaggio. Anche il mio libro edito da Laterza, Jazz Istruzioni per l’uso, è adottato in alcuni Conservatori.
JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?
MN: Mio nonno che suonava il bombardino e io la cornetta… avevo circa sei anni… Otricoli, Umbria.
JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?
MN: L’odio profondo per quei farabutti che insegnavano al conservatorio dove studiavo da piccolo. Il mio “maestro” non ha ‘mai’ suonato la tromba davanti a noi e non mi dava lezioni perché non avevo capito che dovevo portargli vettovaglie varie… come facevano i miei compagni che, venendo dai paesi intorno a Roma, erano forniti di vino e salsiccie…
JC: Quindi un brutto momento…
MN: Un luogo orrendo in quegli anni… Mi beccò quell’imbecille dell’insegnante di tromba con una storia del jazz che mia nonna mi aveva comprato con i Punti Mira Lanza… era di Arrigo Polillo… ma il nome non figurava. Molto ben fatta. Urlando, dopo averla strappata mi disse di non ascoltare quella musica fatta da n… di m…
JC: E le conseguenze?
MN: Allora avevo dieci anni… sono fuggito in lacrime e poi è finita la mia avventura dopo poco. Io amavo la musica più di tutto. Brutta storia. Poi Il Dixieland e la prima Scuola, il Saint Louis, mi aprirono la vita e mi hanno condotto fino a qui.
JC: Ha ancora un significato oggi la parola jazz?
MN: Per me è una parte del suono del Mondo. Per me il jazz è il respiro della mia vita.. è il piatto di un batterista scandinavo sui quarti spezzati e Buhaina che ruggisce come un trattore, è Miles e Johnny Coles, le similitudini, Lester Young e Paul Quinichette, i doppi, le anime perverse e magiche di Mingus e di Duane Tatro… Kenton e Graettinger… Molti mondi che battono il tempo e cantano la melodia e l’armonia in maniere diverse ma, per me, quando buone, sempre esaltanti.
JC: Ma alla fine cos’è per te il jazz?
MN: È il senso dell’organizzazione melodica ed armonica nel tempo e nello spazio che tiene conto delle miriadi di condizioni estetiche, frutto della sensibilità di milioni di persone che hanno vissuto quella musica.. musicisti, scrittori, recensori, fonici, sleeve designer… una somma di infiniti luoghi che riconducono sempre a lui… il Signor Jazz.
JC: Quali sono dunque in sintesi le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?
MN: Intelligenza pronta, apertura a captare il tutto, apprendimento profondo e puro amore, istinto di sopravvivenza.
JC: Come pensi che si potrà evolvere il jazz del presente e il jazz del futuro?
MN: Non credo che si potrà più distinguere.. sarà assimilato e ricostruito in forme nuove… si mischierà, come ha sempre fatto… checché ne dicano gli integralisti.
JC: Tra i molti dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?
MN: Mi piacciono quelli con Luttazzi, Daniele, un genio… sono pazzeschi ma lì, arrangiavo… in generale Casa Moderna. Trombe Rosse ero troppo giovane… ma c’era drive… molte cose che non sono su disco… opere con Orchestra Sinfonica…
JC: E tra i dischi o i brani che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?
MN: Parchman Farm di Mose Allison, l’album di Winton Kelly con Booker Little, la Battle Royal, di Ellington, KoKo di Bird, West End Blues (e qualsiasi cosa) di Louis Armstrong, Les di Eric Dolphy, Dippermouth Blues di King Oliver, un pezzo come Ory’s Creole Trombone, l’LP Mingus Moves, di Brownie qualsiasi cosa, di Gil Evans anche la suoneria del suo orologio elettrico, Monk da solo, Oscar Peterson, Merry Christmas di Bob Dorough con Miles, Bob Crosby, la Casaloma Orchestra, Bix, Liebman con Terumasa Hino e Scofield… aiutoooo…
JC: La canzone che più hai fischiettato, fuori dalla professione?
MN: Mi piace moltissimo I can’t get started come pure Skylark e There’s no you…
JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?
MN: Marvin Stamm, Pete Rugolo, Clare Fischer ed Enrico Intra.
JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?
MN: Un mese fa (agosto 2012) a Radio France quando ho registrato Calvinologie… la mia opera su Calvino con una bellissima orchestra francese… Anche l’esperienza con Dave Liebman o Lester Bowie in Trombe Rosse… una lezione di vita.
JC: Quali sono i musicisti con cui ami di più collaborare?
MN: Non ho preferenze… Liebman su tutti.
JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?
MN: Come dicevo all’inizio c’è il Libro della Giungla e poi un omaggio mio a Lelio Luttazzi per il Piccolo con la Civica di Milano, per il gennaio 2013.