I miei tu-li-pàn. Misteri e leggende del Trio Lescano

Foto: La copertina del libro










I miei tu-li-pàn.

Misteri e leggende del Trio Lescano.


Un nuovo libro sul Trio Lescano – I miei tu-li-pàn di Alba Beiras – riapre il discorso su alcuni problemi irrisolti che riguardano la storia del maggior gruppo jazz vocale nella storia italiana, benché la formazione originaria comprendesse tre sorelle olandesi Judith (Giuditta), Alexandra (Sandra) e Kathy (Caterinetta) Leschan, poi, sotto il fascismo, italianizzate in Lescano. La vicenda (ufficiale) del Trio è nota a tutti: tre ragazze ottengono uno strepitoso successo dalla seconda metà degli anni Trenta fino all’inasprirsi del conflitto mondiale, cantando i ritmi sincopati, ovvero proponendo una sorta di swing autarchico tricolore grazie a una serie di canzonette ancor oggi notissime da Pippo non lo sa a Maramao, da Tuli-tuli-tuli-pàn a Saint Louis Blues (ovviamente tradotto nella lingua di Dante).


Ma, quasi all’improvviso, dalla caduta del fascismo (25 luglio 1943) in poi, attorno al Trio Lescano s’infittiscono misteri e leggende, che in parte vengono raccontati (gli uni) o spiegate (le altre) in questo recente volume I miei tu-liu-pàn (Armenio Editore) sottotitolo Mamma cantava nel trio Lescano, scritto appunto da Alba Beiras, figlia di Maria Bria, la quale dal 1946 entra a far parte del terzetto sostituendo Kathy fino allo scioglimento del gruppo. Il testo, più che critica o biografia musicale, è quasi un romanzo, un gesto affettuoso che una figlia ormai in età adulta dedica alla madre, oggi ottantacinquenne, narrando una piccola saga familiare e un’epopea sociocivile che inizia con il nonno ebanista e un po’ anarcoide e le sue tre figlie, tra cui appunto Maria, la quale, in tempi non sospetti, appena diciottenne, intraprende una carriera di cantante fuori di casa, addirittura fuori d’Italia, condividendo per otto lunghi anni gli ultimi fasti del Trio Lescano prima di una rottura insanabile.


Maria Bria, al ritorno dal Sud America, tenta la fortuna canora anche nel nostro Paese, ma, nonostante svariati incoraggiamenti, preferisce dedicarsi ai figli e alla famiglia, sino a cadere nell’oblio. È solo nel 1997 che Paolo Limiti la riscopre a Chivasso, la invita in televisione, facendole ricordare la vera storia del Trio Lescano, che però nemmeno lei riesce a completare lasciando insoluti misteri e leggende che ancora aleggiano, forse all’infinito, senza mai trovare risposte. Dunque in base alla testimonianza di Maria Bria, filtrata, con obiettività e sentimento, dalla propria figlia, si vengono a scoprire alcune novità sul periodo meno noto del Trio, quando le Leschan, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, dopo due anni di inattività, decidono di rilanciarsi prima in Italia poi in Sud America. Nasce subito un problema, perché la più giovane delle Leschan, Caterinetta, lascia il Trio per sposarsi; occorre una sostituta e quasi miracolosamente, dopo una sola audizione, viene trovata in Maria Bria che è giovane, intonata, carina, spigliatissima e soprattutto conosce a memoria il repertorio del gruppo.


Il duplice paradosso è che non solo viene subito accettata, ma anche integrata nel gruppo come una delle Lescano: al pubblico e ai media insomma non viene detto nulla e stranamente nessuno se ne accorge. Già quest’ultimo “difetto” potrebbe apparire un mistero; come mai nessuno in Italia e all’estero fa caso alla ragazza sostituita? La risposta fornita dai sopravvissuti (Maria Bria compresa) è che all’epoca l’attenzione mediatica è assai meno invadente rispetto a oggi; può anche essere vero, tuttavia gli anni Quaranta, benché privi di televisione (che, in Italia, per oltre un decennio cessa le sperimentazioni intraprese già nel 1937) già abbondano di fotografie, rotocalchi, giornali illustrati, cine-documentari e il Trio Lescano compare, prima della guerra, addirittura in molti film. Inoltre la somiglianza fra Kathy Leschan e Maria Bria è nulla o quasi. Forse gioca a favore del trio un immaginario rimosso dalla frattura del conflitto, in cui due anni di assenza dalla scene paiono un voto quasi incolmabile.


Ma proprio quel vuoto resta il principale mistero del Trio, anche a causa di molte differenti versioni dei fatti: ci sono alcuni giornalisti che sostengono che nella Genova occupatoadalle SS, nel bel mezzo di un concerto subito interrotto dai nazisti, le tre fossero portare nel carcere di Marassi, con l’accusa di spionaggio e l’aggravante di avere la genitrice ebrea: i tedeschi le interrogano sostenendo che alcuni testi delle canzoni contengano messaggi cifrati per gli inglesi. E per tale ragioni Sandra, Giuditta e Kathy si fanno due anni di prigione. Altri studiosi affermano che in carcere siano rimaste pochi giorni (o poche ore) e siano poi fuggite in Olanda oppure nascoste in una baita in Valle d’Aosta; e in ogni caso il tutto per scappare dalle persecuzioni razziali. Sta di fatto che finita la guerra, il Trio Lescano è senza soldi e le sorelle, abituate a un tenore di vita altissimo, hanno bisogno di recuperare terreno in fretta.


Ed ecco le numerose tournée lungo la Penisola per un anno e poi la vantaggiosa offerta di Radio El Mundo di Buenos Aires, con un soggiorno nell’intero continente sudamericano durato un intero lustro dal 1947 al 1952. Altro mistero? Perché così tanto tempo? Qualcuno mormora che il ritorno in scena in Italia non sia amato dal pubblico che vedrebbe nel Trio Lescano un ricordo del fascismo, anche sul piano musicale. Vero è che all’epoca le mode (anche musicali) si affermano all’estero con anni di ritardo e quindi la presenza delle Leschan in Argentina e paesi limitrofi possa suonare come una ghiotta novità. I ricordi sudamericani di Maria Bria, riportati da Alba Beiras, nel libro sono i più ghiotti proprio in un’ottica artistico-musicale; si scopre che la nuova formazione con Alexandra, Judith e Maria prova tantissimo al mattino o al pomeriggio, che lo stile vocale e l’affiatamento o interplay fra loro cresce di giorno in giorno, risultando persino migliore che ai tempi di Caterinetta.


Ci sono addirittura momenti di improvvisazioni e di puro jazz, con un repertorio sempre più esteso e brani cantati in cinque lingue diverse: ma di tutto questo non resta traccia, né da filmati né su disco. Ancora un mistero? Perché non viene registrato il Trio Lescano? In fondo, grazie al tango, l’industria discografica in Argentina è già molto sviluppata. E infine l’aspetto più sconvolgente e in fondo drammatico dell’intera vicenda del Trio Lescano con Maria Bria; è il mistero più fitto e più grosso, al punto da sembrare leggenda fantastica: fin da subito, alla piemontesina fanno un contratto in cui accetta di esibirsi, solo per vitto, alloggio, spostamenti (viaggi), senza ricevere alcun compenso in denaro.


E il giorno in cui all’ennesimo rimprovero delle due (scontrose, antipatiche, severissime con una collega che spregiativamente definiscono “lavandaia”) Maria Bria chiede la giusta paga, minacciando di andarsene, il gruppo si scioglie immediatamente, senza discutere o ragionare. Perché nessuno torna sui propri passi? Come mai non si tenta di risolvere pacificamente la questione? Alexandra e Giuditta non cercheranno mai una sostituta e per loro sarà una fine ingloriosa e un’esistenza povera e tormentata. Maria Bria invece avrà un grande amore venezuelano, una bella famiglia italiana e una figlia intelligente che con I miei tu-li-pàn offre una commovente pagina di accorato jazz italiano.